Capitolo 7

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«Ti ho detto che è così Lyla! Smettila di essere così assillante!»
«E io ti ripeto che è impossibile! In tutto questo tempo non ho mai visto Ryan con una moto, devi aver avuto le allucinazioni!» alzo gli occhi al cielo sorreggendo il telefono tra la spalla e l'orecchio in modo da tenerlo in equilibrio mentre sistemo dei fogli nella borsa.

È da più di dieci minuti che discutiamo sulla faccenda eppure sono sicura di non aver avuto allucinazioni quando sono salita sulla sua moto e la persona che la guidava era Ryan in carne ed ossa, un po' diverso dall'ultima volta che l'ho visto, ma pur sempre lui.

«Senti Lyla io devo andare, vedrai con i tuoi occhi che sto dicendo la verità» ma dove diavolo è finito il compito di storia?! Questa borsa sembra quella di Mary Poppins, c'è sempre di tutto tranne quello che serve! Ci metti dentro una mano e diventa il buco nero più assoluto e non riesco proprio a spiegarmi come sia possibile, tra poco sbucherà fuori anche un appendiabiti!

«Va bene, ci vediamo dopo.» la saluto di fretta e riattacco mettendo il telefono nella tasca della felpa che indosso oggi e che mi fa sembrare a dir poco una barbona.

Non ci posso fare nulla però, è troppo comodo andare a lezione vestita con un paio di semplici jeans e una felpa.
«Eccolo, finalmente!» do voce ai miei pensieri soddisfatta mentre controllo che il compito sia tutto corretto prima di consegnarlo al professore.

Arrivo davanti all'aula che cercavo e sbircio dentro per vedere se l'insegnante è solo o sta facendo lezione, ma trovo il via libera ed entro dopo aver bussato.

Consegno tutto quello che ho fatto e torno fuori contenta che anche questa giornata sia finita, ma la felicità dura poco perché una fitta alla testa mi fa vedere tutto nero per qualche secondo e per fortuna riesco ad appoggiarmi alla parete senza cadere a terra come un sacco di patate.

Il nero poi si trasforma in colori diversi che compongono una scena davanti ai miei occhi, sono ad una festa insieme a Daisy e ci abbracciamo ballando, il ricordo dura però poco e la vista si offusca ancora.

«Isabelle!» mi sento prendere fortemente per i fianchi e un odore familiare invade il mio spazio, lo conosco fin troppo bene questo profumo, è quello di una persona con cui ho condiviso anni, ed anni della mia vita.

«Sto bene» mormoro, ma la sua presa non si allenta neanche un secondo mentre mi aiuta a camminare fino ad una panchina li vicino. Mi fa sedere e finalmente mi molla, lasciandomi respirare l'aria fresca a pieni polmoni.

«Va meglio?» domanda spostandomi una ciocca di capelli dal viso e mettendola dietro l'orecchio sorridendo. Faccio cenno di si mentre appoggio una mano sul petto e il battito cardiaco sembra stabilizzarsi.

«Da dopo l'incidente mi capita spesso, i dottori dicono sia un effetto del trauma cranico e che col tempo dovrebbe diventare meno frequente» ometto la parte del ricordo e trovo il coraggio di guardarlo negli occhi, un nocciola caldo con striature dorate, una volta lo identificavo come casa e anche ora una parte di me lo fa, mentre l'altra mi suggerisce di rimanere in allerta per captare ogni suo minimo passo falso.

«Sei sicura di non voler andare in ospedale?» mi domanda passandosi una mano tra i capelli biondi ormai troppo lunghi e sorrido ripensando a quando da bambini una volta io abbia provato a tagliarglieli provocando il finimondo, ovvero un taglio strano e una mamma alquanto arrabbiata.

«Dovresti tagliarli» dico toccando appena una ciocca e lo vedo socchiudere gli occhi quando gli sfioro la pelle della fronte.
«Si, sto meglio ora. Grazie» riprendo la domanda di prima e le sue mani sono ancora poggiate sulle mie ginocchia.

I nostri volti sono troppo vicini, mi allontano poco a poco e il suo sguardo si rabbuia. Si alza di scatto e la mia mano rimane per aria.

«Ryan...» tento di dire, ma mi interrompe.
«E' meglio che ti porti a casa io»
«Ma la mia macchina...» mi alzo anch'io e un capogiro mi fa quasi vedere doppio, ma fingo di stare bene.

THE LIGHT (sequel di The Darkness)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora