Epilogo

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Tae-hyung's point of view


Un anno dopo...


Sentivo tante cose quel giorno.
Partendo dalla tristezza, il lieve torpore causato dal freddo, le guance umide, le mani tremolanti, ed il mio cuore che batteva all'impazzata.
Era passato un anno, avevo finalmente visto il mondo, viaggiato, e realizzato che in tre secoli la popolazione era davvero cambiata. Nessuno mi guardava come un mostro, un pericolo. Venivo accolto con gentilezza, riuscivo a parlare in modo civile con molte persone.
Era quasi strano, sospetto. Temevo che da un momento all'altro mi facessero di nuovo del male, ma non è mai successo.
Certi ricordi però non sono mai cambiati, e non li ho mai dimenticati.
Non ho scordato il dolore che mi veniva inflitto continuamente, senza sosta. La forte sensazione di vuoto e buio totale che ho provato per molto tempo.
Non ho scordato neanche la morte del mio migliore amico, il modo in cui l'ho abbandonato, la consapevolezza che, se fossi rimasto con lui, non avrebbe fatto una fine del genere.
Si tratta di decisioni, azioni, scelte che automaticamente condizionano il tuo destino, e l'unica cosa che puoi fare è accettarlo.
Ho pensato costantemente alle mie azioni, alla mia colpa e il rimorso più grande.
Se precedentemente, nella mia cella, la notte piangevo per la solitudine, per il dolore, in seguito la causa delle mie lacrime era proprio Jimin.
Cercavo di soffocare i miei singhiozzi con il cuscino, per non svegliare Jungkook, ma questo puntualmente era lì per consolarmi. Mi abbracciava senza spiccicare parola, perché sapeva che parlare in momenti come quelli non sarebbe servito a nulla.
Mi capitava spesso anche di fare incubi, di svegliarmi nel buio della stanza ed urlare il suo nome.
Toccava sempre a Jungkook farmi calmare, stringermi affettuosamente, accarezzarmi, e poi cantare la mia canzone preferita per farmi addormentare.
Senza lui, non oso neanche immaginare che fine avrei fatto.

La mia testa in quel momento era china verso il basso. Alcune lacrime inziavano a segnare insistentemente il mio viso, confondendosi poi nella distesa di neve.
I fiocchi di quest'ultima cadevano lentamente dal cielo, incastrandosi con dolcezza tra le ciocche bionde dei miei capelli, posandosi sul mio viso arrossato e sui miei indumenti pesanti.
Tra le mani tenevo un mazzo di rose bianche, incapace di posarle sulla tomba di colui che mi aveva salvato più di una volta.
La sua foto era davvero bella, con i capelli sempre perfettamente pettinati, e la sua divisa che più di una volta avevo bagnato con le mie lacrime. Sorrideva e così facevano anche i suoi occhi, lievemente lucidi.
Mi mancavano le sue prediche, le sue carezze, le frasi di conforto, il cibo preparato da lui. Mi mancava abbracciarlo, sentire la sua voce, le sue battute idiote, farmi inseguire per la cella a causa delle mie provocazioni fuori luogo.
Il problema era che lui non si trovava più al mio fianco, il che mi spezzava il cuore ogni maledetta mattina.

«Mi manchi, faccia di merda» sussurrai, sorridendo amaramente, senza mai distogliere lo sguardo dalle mie scarpe.
Non avevo il coraggio di guardare quella lapide, non volevo credere davvero che lui non ci fosse più.
«Dovevi stare al tuo posto, dovevi continuare la tua vita, farti una famiglia ed essere felice. Tu però sei testardo, e fai sempre di testa tua» riuscii a scorgere una piccola parte della lastra in cemento, sentendo i miei occhi pizzicare in modo insistente.
«Sta nevicando...» mormorai poi, alzando il capo verso il cielo.
Ogni piccolo fiocco che scendeva, mi ricordava lui, ed era quasi insopportabile.
«Chissà se mi vedi da lassù, se mi hai visto piangere, urlare il tuo nome. Sono davvero patetico, vero?» risi e piansi nello stesso momento, immaginando il mio amico prendermi in giro, e darmi un colpetto sulla spalla, come era solito fare.
«Ti ho portato dei fiori... Sai, non sapevo quali fossero i tuoi preferiti, non te l'ho mai chiesto in realtà, così...-» mi bloccai, cercando di calmarmi, di arrestare i continui e rumorosi singhiozzi.
«Spero che ti piacciano, comunque» formulai finalmente una frase in modo pacato, posando le rose sulla lapide, accanto alla sua foto.
Passai più o meno un'ora intera in silenzio, sotto la neve gelida, a fissare il vuoto, a pensare troppo ad ogni minima cosa.
Odiavo quella sensazione di vuoto, era più dolorosa di quella provata nei laboratori.

D'un tratto sentii due braccia cingere i miei fianchi, ed un forte odore di lavanda invase le mie narici.
Sapevo bene chi si trovasse alle mie spalle, perciò non mi mossi, non mi opposi, non dissi nulla.
Mi lasciai solo stringere dalla persona che amavo, abbandonandomi al suo dolce affetto.
«Sapevo di trovarti qui» sussurrò, dandomi un lieve bacio sulla nuca, posando poi il suo mento nell'incavo del mio collo.
«A volte mi manca litigare con lui» aggiunse, facendomi sorridere sinceramente.
«Entriamo dentro, o rischierai di prenderti un accidente» afferrò dolcemente una mia mano, cercando di portarmi insieme a lui, ma io non mi mossi ancora.

«Jungkook» lo chiamai, ancora girato di spalle, stringendo la presa delle nostre mani.

«Tae-hyung?» chiese, leggermente preoccupato.

Allora, mi voltai nella sua direzione.
I suoi capelli erano molto più chiari e ordinati, gli occhi splendenti, le sue guance arrossate per il freddo, mentre le labbra erano lucide e color ciliegia.
Era sempre bellissimo, ed il modo in cui lo guardavo non era mai cambiato.
«Abbracciami» ordinai con voce flebile, distrutto dai sensi di colpa, dalle notti insonni, da tutto.

Jungkook si fiondò sulla mia figura in un attimo, stringendomi calorosamente, e sostituendo le lacrime sulle mie guance con delicati e caldi baci.
Era ciò che più desideravo in quel momento.
«Ti amo, Tae-hyung. Non scordarlo mai» mi confidò all'orecchio, accarezzando i miei capelli e guardandomi intensamente negli occhi.

«Come potrei?» chiesi in modo sarcastico, donandogli un bacio a fior di labbra, gustando il sapore unico di esse dopo non molto tempo.
Adoravo sentirlo così vicino a me, così mio. Lo avrei poi sentito per molto tempo, in eterno, infinite volte.
Il nostro sarebbe stato l'inizio di una fine dolorosa.
Non mi sarei mai stancato di lui, dei suoi baci, della sua voce, del suo profumo.

Non mi ci è voluto molto poi per capire cos'è l'amore, cosa comporta, quali sacrifici bisogna fare.
Non si tratta solo di baciare la persona che si ama, di guardarla in modo diverso dal solito, di condividere un letto. Si tratta anche di scelte, che possono ferire, lacerare a tal punto da sentirsi poi il nulla più totale.
Ho capito che l'amore è un sentimento che sfocia anche nell'amicizia, ma non la caratterizza a pieno. Diciamo che, su una scala da cento gradini, quel forte sentimento ne riesce a salire solo trenta, il resto riguarda altri sentimenti, pur sempre importanti e indispensabili.
Insomma, l'amicizia non può godere dei vantaggi dell'amore, solo in parte.
Forse, è per questo motivo che ho lasciato andare Jimin, che non l'ho fatto scappare con me.
Qualcosa, mi diceva di abbandonarlo, e l'ho fatto. Perciò mi odio.
Perciò non riesco più a darmi pace, perché se solo avessi pensato più a fondo, in maniera più lucida, adesso lui sarebbe con me.
Spero solo che mi veda, da lassù, che sia fiero di me, seppur io sia una completa delusione.
Saprò con certezza che ogni nevicata sarà opera sua, e non aspetterà altro che gli dedichi anche il più piccolo fiocco di neve.
Con il tempo, ricorderò Jimin con un sorriso da ebete stampato sul volto, pensando solo ai più bei momenti passati assieme, alla sua dolce risata.
Con il tempo, imparerò ad accettare la realtà, e a perdonarmi.

FINE

Grazie per aver letto questa storia fino alla fine ♡

Joke Of Nature 悪魔 || VkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora