VI

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«Credo che quella voce lo prendesse maggiormente per il suo calore fluttuante, febbrile poiché era oltre ogni sogno: quella voce era un canto immortale»


«Non osare toccarmi con quelle tue luride mani!» esclamò la voce di Tae-hyung, dal tono piuttosto arrabbiato e lievemente preoccupato per la sua incolumità.
Correva velocemente per la sua cella, cercando di fuggire dalle grinfie di Seok-Jin, che doveva visitarlo obbligatoriamente.

«Devi fare queste sceneggiate ogni volta?» gli chiese il medico, esasperato e spazientito, con il respiro affannato, dovuto all'infinita corsa che aveva fatto per prendere il suo paziente.

«Porca puttana!» esclamò il giovane, cadendo di faccia sul pavimento.
Era inciampato per colpa dei mille vestiti sparsi per la stanza.
Si poteva definire un ragazzo molto ordinato, dopotutto.

L'uomo lo prese dalle spalle nude, dato che non indossava nessun tipo di indumento apparte i jeans, e lo costrinse a sedersi sul letto.
«Sta' fermo» gli ordinò, mentre iniziava a tirare fuori dalla sua valigetta gli strumenti adatti per la visita medica.
Il diretto interessato sbuffò rumorosamente, come facevano i bambini di cinque anni, ma dopotutto era consapevole del fatto che lui fosse estremamente infantile a volte.

«Muoviti» disse il biondino, mentre per via del nervosismo iniziò a mangiare le unghie delle sue povere dita.
Attendeva con ansia di poter raggiungere quella bellissima stanza, dove aveva incontrato il suo psicologo, per poter ammirare ancora una volta tutta la meravigliosa arte che vi risedeva.

«Modera il linguaggio» lo riproverò il moro, fulminandolo con lo sguardo, come succedeva sempre.

L'ibrido, attraverso quelle parole, percepì un senso di sfida.
Tutti all'interno di quella struttura sapevano bene quanto a lui piacesse pronunciare parole sgradevoli, perciò sorrise subito in modo più tosto inquietante.
«Cazzo Jin, vuoi muovere quel tuo fottuto culo e levarti dai coglioni?» chiese, accentuando il tono di voce nel momento in cui avrebbe dovuto pronunciare le tanto amate parolacce.

«Vorrei poterti prendere a ceffoni» espresse apertamente il suo parere l'altro, fissandolo con disprezzo e un pizzico non indifferente di rabbia.

«Già, anch'io» lo rimbeccò Tae-hyung, scrollando le spalle in segno di noncuranza, mentre il suo sguardo si era concentrato solo ed unicamente sulle lancette dell'orologio, il quale si trovava su un comodino in metallo.
I minuti sembravano non passare mai, pareva che il tempo avesse deciso di rallentare appositamente per lui.

«Abbiammo finito» esordì la voce del medico, dopo un quarto d'ora abbondante, iniziando lentamente a mettere in ordine le sue cose.

«Finalmente!» gridò il giovane, indossando in fretta e furia la sua camicia nera e la sua giacca, la cui fantasia si sarebbe potuta definire in mille modi, fuorché sobria.
A grandi falcate, sotto la supervisione delle guardie, uscì da quella cella dopo Seok-Jin, correndo velocemente verso la tanto agoniata stanza.

In due minuti scarsi, si ritrovò dinnanzi la porta in legno, che ormai conosceva a memoria.
Calmandosi, posò in seguito le sue dita sulla maniglia, facendo pressione verso il basso in modo da entrare.
I suoi passi erano leggeri, inaudibili, sembrava quasi che un paio di piume si posassero sul pavimento. Questo accadeva proprio perché i rumori gli recavano molto fastidio, eccetto quelli provocati da lui.

Appena oltrepassò la soglia dell'entrata, si bloccò sul posto, senza muoversi di una virgola, completamente immobilizzato.
Di spalle, seduto sulla stessa altalena di qualche giorno prima, c'era proprio Jungkook.
Sarebbe sembrata una scena normale, ma ciò che fece rimanere di stucco il giovane, fu proprio il fatto che lo sentì cantare. Una voce davvero dolce, leggermente acuta, molto rilassante e addirittura angelica, per i gusti dell'ibrido.
Quest'ultimo, si delizió di quel momento ascoltando attentamente ogni singola parola intonata da quel ragazzo. In confronto alle sue doti canore, Tae-hyung non avrebbe potuto mai competere.


«No limit in the sky
That I won’t fly for ya
No amount of tears in my eyes
That I won’t cry for ya, oh no
With every breath, that I take
I want you to share that air with me
There’s no promise that I won’t keep
I’ll climb a mountain, there’s none too steep»


Non aveva mai ascoltato parole così delicate, melodiose e strane allo stesso tempo. Ciò che il giovane non riusciva a capire, infatti, era proprio il significato di esse.
I

nsomma, per lui solo uno stupido avrebbe potuto fare cose simili per qualcuno, desiderare così tanto di avere una persona al proprio fianco.

Che senso avrebbe avuto sacrificarsi in tal modo? Piangere per qualcuno?
Davvero non capiva che, ciò che stava ascoltando, erano le più sincere e armoniose parole d'amore.
Dopotutto, lui non sapeva neanche cosa fosse quel sentimento, cosa si provasse in tali circostanze.


«When it comes to you
There’s no crime
Let’s take both of our souls
And intertwine
When it comes to you
Don’t be blind
Watch me speak from my heart
When it comes to you, comes to you»


Stava iniziando a provare del leggero fastidio. Era davvero straziante non riuscire a capire cosa volessero dire quelle strane espressioni.
Due anime sarebbero mai state davvero in grado di unirsi? Per quale fine, poi?
Come si poteva parlare attraverso un cuore? Un organo che aveva l'unica funzione di battere, di mantenere in vita una persona?

«Che canzone di merda» commentò a voce alta il giovane, interrompendo così Jungkook.
Le gote di quest'ultimo si colorarono si un rosso molto acceso, accorgendosi solo in quel momento di aver cantato inconsapevolmente davanti a lui. Fortunatamente, si trovava di spalle, perciò il più grande non avrebbe mai potuto vedere la sua stupida reazione.
«E sei stonato peggio di un uccello in calore» aggiunse, giusto per rendere la situazione più imbarazzante.
Nonostante tutto però, il castano sorrise segretemante, consapevole che quell'ibrido avrebbe voluto intendere totalmente il contrario.

Joke Of Nature 悪魔 || VkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora