XXXII

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«Un breve sonno e ci destiamo eterni. Non vi sarà più morte. E tu morte, morrai»




"Esistono diversi tipi di punti di riferimento. Ci sono luoghi, locali, strutture a cui ti affidi per ritrovare la strada di casa. Poi ci sono le persone, di cui ti fidi ciecamente, consapevole del fatto che solo loro potranno essere in grado di non farti perdere, di condurti sempre sulla via giusta.
I problemi più gravi si presentano quando passi ogni giorno della tua esistenza con la convinzione che ci sarà sempre quel qualcuno su cui contare, e diventa tutto terribilmente più complicato nonappena ci si rende conto dell'esatto opposto.

Quel giovane in tre secoli aveva perso molte persone importanti, le poche di cui si fidava realmente.
Era proprio per quel motivo che, incrociando lo sguardo di Jimin, immediatamente lo assaliva un'angosciante paura di non poterlo mai più rivedere..."

-VIII


Tae-hyung iniziò a correre nel modo più veloce possibile, nella direzione opposta. La sua mente era completamente offuscata da pensieri negativi, e preoccupazioni di ogni tipo.

Era anche inciampato. Per la troppa fretta aveva distrattamente incrociato i suoi piedi scalzi, perdendo poi l'equilibrio.
Non sentiva più nulla. Nessun tipo di rumore, e nessun altro sparo.
Solo il silenzio era lì per fargli compagnia, per aumentare di gran lunga le sue infinite paure.
A metà strada iniziò ad udire lievi gemiti di dolore, perciò il suo cuore iniziò a battere all'impazzata.

Giunto a destinazione, un senso di nausea lo pervase interamente.
Iniziò a tremare, e subito le lacrime fecero capolino sulle sue guance.
Sembrava un incubo, di quelli surreali, di quelli che faceva spesso.
Steso sul pavimento, giaceva il corpo di Jimin. Dal suo petto ferito colava una gran quantità di sangue, i suoi occhi erano serrati, il suo viso era pallido, le sue labbra schiuse e in cerca d'aria. Mentre le sue mani premevano sulla pelle lesionata, come per bloccarne l'emorragia.
Era ancora vivo, respirava lentamente e a fatica, ma non aveva ancora esalato l'ultimo respiro.

«J-Jimin» balbettò Tae-hyung, sentendo ogni suo muscolo cedere.
Si inginocchiò sul pavimento, inclinando il capo verso il basso.
«Jimin!» urlò, iniziando a singhiozzare in modo sempre più rumoroso, accarezzando la chioma grigia del suo amico.
«Non puoi... Non puoi morire» mormorò, stringendo il suo corpo in un forte abbraccio, ricco d'amore e dolore al contempo.
Sentiva il ritmo debole del suo battito cardiaco, che a momenti si sarebbe fermato del tutto.
Non poteva essere tutto reale.
«Guardami, non devi lasciarmi!» esclamò, provando a bloccare il flusso di sangue, ma era praticamente impossibile.
Nessuno lo avrebbe soccorso, nessuno sarebbe riuscito a salvarlo.

«H-Hyung...» sussurrò il più piccolo, aprendo di poco gli occhi scuri.
Un sorriso debole si fece spazio sul suo viso, mentre una sua mano tremolante strinse quella di Tae-hyung. Era felice di aver rivisto il suo migliore amico, per l'ultima volta.
«D-Devi scappare...» parlò ancora, nonostante gli risultasse davvero difficile.

«No, non voglio lasciarti qui!» urlò nuovamente, sentendo in lui una marea di emozioni contrastanti.
Provava una sensazione strana, e la sua schiena iniziava a far male.
«Andremo via insieme, e tu starai be...-»

«Vai via, ti prego» lo interruppe Jimin, soffrendo a causa del troppo sforzo impiegato per parlare.
«D-Devi finalmente vivere, essere libero, vedere... quelle maledette nuvole di cui mi hai continuamente parlato» il ragazzo sorrise amaramente, mentre una lacrima fuggì via dal suo occhio.
«Puoi... Puoi dedicarmi ogni fiocco di neve che cadrà, sai... quanto la amo» mormorò infine il ragazzo, e cedette.
Lentamente, lasciò andare la mano del giovane, il suo meraviglioso sorriso tornò ad essere solo un paio di labbra screpolate, le sopracciglia corrugate si rilassarono, ed i suoi occhi si chiusero del tutto.
Non era così che doveva andare a finire. Non doveva essere quello il destino di Jimin.

«No, no, no!» Tae-hyung iniziò a farsi prendere dal panico, strattonando il corpo senza vita del suo amico.
«Apri gli occhi, non puoi lasciarmi così!» gridò disperato, cercando invano di svegliarlo, di ripotarlo da lui. Era tutto completamente inutile.
«Jimin...» senza forze, si mantenne con le mani poggiate contro il pavimento, mentre sentiva l'aria mancargli sempre di più.

«Tae-hyung!» si udì la voce di Jungkook in lontananza, che correva nel modo più veloce possibile.
«Stanno arrivando le guardie!» aggiunse in seguito, avvicinandosi a lui.
Quando, però, il moro prestò più attenzione a ciò che stava succedendo, fece qualche passo indietro incredulo.
«Non ci credo...» mormorò, immobile, completamente scioccato.
Nonostante il forte odore di sangue, che avrebbe potuto influire sul suo autocontrollo, Jungkook non provò altro che stupore.
«Non è possibile» aggiunse ancora senza più un filo di voce, sentendo le sue forze svanire pian piano.
Il vampiro si abbassò lentamente all'altezza del suo amato, circondandolo poi in un abbraccio colmo di conforto.
Le parole, in circostanze come quelle, non sarebbero servite a nulla, se non a peggiorare la situazione.
Lo strinse e, in un attimo, pianse anche lui senza neanche rendersene conto.
Passati alcun minuti però, Jungkook si allontanò di scatto da Tae-hyung, assumendo un'espressione particolarmente stranita.
Infatti, sentì delle lievi sporgenze sulla sua schiena, coperta dalla vestaglia.
Senza spiegare nulla, o dire anche una sola parola, il moro si affrettò a sciogliere il laccio del suo indumento, abbassandolo fino alla sua vita stretta.
«La tua schiena...» lasciò la frase in sospeso, non riuscendo minimamente a completarla, perché l'ibrido scoppiò. Dentro di sé provava talmente tante emoziomi forti, incontenibili, che non riuscì più a trattenersi.
Urlò, e assieme alle sue urla, si liberarono anche due grandi ali, dai colori opposti, come i racconti spesso narravano.
Non era mai successa una cosa del genere. Il dolore, quella volta era talmente insopportabile da aver liberato persino il suo Stigma.
Jungkook spalancò gli occhi, rimanendo fermo a fissare quel ragazzo. Non aveva mai visto le sue ali, e si era persino dimenticato che le possedesse.

«Prendi Jimin» ordinò Tae-hyung al moro, spiegando meglio le sue grandi ali, e alzandosi finalmente in piedi.
Da quel momento, il suo unico obiettivo era fuggire sul serio, senza più complicazioni.
Jungkook obbedì subito, e con poche difficoltà riuscì a sollevare quel piccolo ragazzo.
Nel momento esatto in cui l'ibrido si levò dal pavimento, per la prima volta dopo tre secoli, le guardie arrivarono puntando le armi contro loro due.
Quella volta, però, nessuno avrebbe potuto fermarli.
Sarebbero finalmente scappati.

Joke Of Nature 悪魔 || VkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora