Capitolo 20

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Ci sono due cose che un uomo non può nascondere: quando è ubriaco e quando è innamorato.
(Antifonte)


La ragazza era basita. Non poteva crederci. Quasi le veniva da piangere. Prima Adrien che era Chat Noir, poi Marinette che era Ladybug e ora persino Jonathan, il ragazzo che le piaceva, era Bluebird. E tutti rischiavano la loro vita. Ci mancava solo che anche suo padre fosse un eroe ed avrebbero fatto una perfetta combo.

Non riusciva a capirne il motivo, ma si sentì pizzicare gli occhi. In qualche modo, lei si era comportata allo stesso modo, no? Gli aveva tenuto nascosta la sua identità, ma non le bastava come spiegazione.

Jonathan invece era confuso. Gisèlle, quella dolce ragazza, era Singe? E lui che la chiamava honey. Trovava quasi divertente quell'ironia.

La vide con gli occhi lucidi, immobile con il suo Kwami che le svolazzava intorno.

-Gisèlle?- la chiamò avvicinandosi.

Ma lei si ritrasse.

-Gisèlle?- riprovò, porgendo una mano in avanti, come si fa per attirare un animale spaventato.

Ma lei si allontanò ancora. Jonathan ebbe come la sensazione che che qualcuno gli avesse appena conficcato un coltello nel cuore ed ora lo stesse rigirando. Gli si mozzò il respiro, non sapeva cosa dire. Avrebbe dovuto raccontarle tutto, prima?

-Forse le devi lasciare un po' di tempo e spazio.- gli suggerì il Kwami blu, un po' dispiaciuto per il suo portatore.

-Gisèlle? Va tutto bene?- anche Adrien si era precipitato affianco della ragazza, consapevole che la vista di Jonathan l'aveva scossa. La ragazza era pallida come un cencio, con gli occhi sgranati e lucidi.

Ma Gisèlle scosse il capo, agitando le mani davanti a se, come a creare una barriera. In quel momento voleva soltanto correre lontano, voleva essere ovunque tranne che lì.

-Lasciatemi stare.- disse prima di correre verso l'ascensore.

Jonathan intuì la sua mossa e la seguì. La seguì per qualche secondo, giusto il tempo di allontanarsi dal resto del gruppo. Quando la distanza fu sufficiente, Jonathan le afferrò un braccio, con fermezza e delicatezza.

-Lasciami!- gli ordinò lei, con voce decisa.

-Solo dopo che mi avrai spiegato cosa ti prende.- chiarì lui. -Sei anche tu un'eroina, dovresti sapere perchè non te l'ho detto.-

Gisèlle sapeva che aveva ragione. La parte più razionale di se sapeva che non aveva motivo di arrabbiarsi. Lei era una portatrice e mica glie lo aveva detto? E allora che senso aveva quella scena? Ma, infondo, non siamo solo esseri convinti di essere razionali anche se siamo governati dalle emozioni? -Lo so, ma non è più semplice. Prima Adrien, poi Marinette, ora tu. Di chi mi potrò fidare? Chiunque conoscerò avrò la sensazione che nasconde una doppia identità!- gli disse.Una lacrima amara scivolò sulla sua guancia, lasciando una scia bagnata sul viso.

Jonathan l'attirò a se, stringendo le braccia attorno al suo corpo. -Non intendevo ferirti.-

Gisèlle fece una risata appena isterica, liberandosi. -Lo so. Ma questo non cambia le cose.- mollò il braccio del ragazzo, voltandosi per chiamare l'ascensore.

Jonathan tentò il tutto e per tutto per fermarla. Non gli andava di perdere qualcosa che non sapeva stesse cercando prima di conoscerla.

-Senti, per qualche motivo che ignoro tu mi piaci moltissimo. Molto, niente di irragionevole, direi quel poco che basta a far si che di notte, non riuscendo a riaddormentarmi, inizi a sognarti. E non mi è mai successo, con nessuna. Mi sono sempre state tutte indifferenti, ma tu hai qualcosa, qualcosa di diverso, di speciale.*-

Fino alla fine | Miraculous, le storie di Ladybug e Chat Noir.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora