Dio non poteva essere ovunque, così inventò le mamme.
(Proverbio)
Gisèlle e Jonathan passeggiavano lungo le vie di Parigi. Entrambi, non erano tipi da mano nella mano, ma ad un certo punto il ragazzo le aveva circondato le spalle con un braccio e l'aveva attirata a se. -Honey, ti dispiace se ci fermiamo un secondo? Devo fare una telefonata. Oggi in ufficio non ho proprio avuto tempo.-
Gisèlle annuì. -Certo. Mica devi chiedere il permesso.-
Jonathan la baciò sulla fronte. -Torno subito.- e si allontanò di poco. Gisèlle alzò gli occhi al cielo, osservando il tempo. C'erano brutti nuvoloni in avvicinamento. Jonathan aveva un tono gioioso al telefono, lo sentì iniziare la conversazione con un Happy mother's day! e sentì una piccola fitta in petto. Quel giorno, per lei non ci sarebbe stata nessuna mamma. Vide una panchina poco distante e decise di sedersi. Capiva perché lui si fosse allontanato. Con un sospiro si sedette e buttò indietro il capo.-Mamma! Mamma!- la bambina appena si era svegliata era corsa nella stanza della donna. Gisèlle si era svegliata presto, quella mattina, ed era corsa nel lettone. -Gisèlle.- mugugnò Régine, ancora assonnata. -Cosa c'è?- le domandò. La bambina saltò sul letto, sdraiandosi praticamente sopra di lei. -Oggi è la festa della mamma! Alzati!- disse, gioiosa. Alla donna spuntò un sorriso. -Ma davvero?- scherzò. -Io me ne sono dimenticata.- Gisèlle rise, allegra. -Io però no! Dai, vieni a vedere il mio regalo?- tutti gli anni, la bambina, andava a comprare qualcosa con il signor Agreste e con Adrien. Régine si alzò, ancora stanca dal turno della sera precedente, e andò in cucina. -Tada!- urlò la bambina. Le corse incontro, abbracciandola. -Ti voglio bene tanto così, mamma!- disse, allargando il più possibile le braccia. Régine la prese in braccio. -Anche io te ne voglio, Gisèlle. Non dimenticarlo.- la strinse a se, decisa. -Ed ora, scartiamo il regalo.- mentre la teneva in braccio, scartò il pacchetto. -E tu come facevi a sapere che me ne serviva una?- la donna guardò curiosa la nuova frusta per dolci, pensando a quella tutta storta nel cassetto. -L'altra era brutta, allora ho deciso di comprarne una nuova. Non ti piace?- si preoccupò la bimba, già con le lacrime agli occhi. -Certo che mi piace.- disse, entusiasta. -Sai cosa ti dico? Perché non la proviamo subito?- propose, rendendo immensamente felice la bambina. Mise da parte la stanchezza e preparò gli ingredienti per un ciambellone.
-Honey?- Si era un po' preoccupato quando aveva visto Gisèlle così sulla panchina. La sua preoccupazione aveva superato le stelle quando aveva notato delle silenziose lacrime sul suo viso.
Gisèlle si sentì sfiorare le guance e chiamare. Non si era accorta di aver iniziato a piangere. -Honey, cosa succede? Ti ho turbato per caso?- vedere la preoccupazione negli occhi del ragazzo non fece che aumentare le sue lacrime. Si ritrovò a piangere, come una bambina. Jonathan le si sedette accanto e la strinse tra le sue braccia. -Non la chiamerò più davanti a te, giuro.- le promise. Ma Gisèlle scosse il capo. Fece un gran respiro e provò a calmarsi. -Non voglio che tu ti faccia dei problemi.- rispose. -So cosa significa non avere più la propria madre. Poter ancora chiamarla deve essere una gioia, per te, non un tormento. Non mi permetterei di fare una cosa del genere.-
Jonathan le prese il viso tra le mani. -Qualcuno ti ha mai detto che persona fantastica che sei?- le disse. Gisèlle sorrise. -Ti va di parlarne?- le domandò, gentile.
La ragazza si scostò e si riappoggiò a lui.
-Mi manca così tanto, Jonathan. Darei qualsiasi cosa per parlarle anche solo cinque minuti.- iniziò. -Era una persona meravigliosa, sempre allegra. Lavorava tanto per non farmi mancare mai niente. Dicono tutti che le assomiglio, ma io sono molto peggio di lei. Mi arrabbio facilmente, dico le cose senza pensare alle conseguenze, penso di aver preso solo la passione per la pasticceria da lei.- si fermò un secondo, interrotta da un singhiozzo.
-Sono sicuro che era una persona fantastica.- Jonathan le lasciò un bacio tra i capelli.
-Lo era, Jonathan. La vita è stata un po' crudele con lei, vivi ogni attimo che passi con tua madre, che non puoi mai sapere quando sarà l'ultima volta.- disse, forse in tono un po' macabro.
Il ragazzo aspettò pazientemente che Gisèlle si sentisse meglio per riprendere il loro giretto. Nel frattempo, lui poteva solo tenerla stretta a se.
Spazio autrice.
Salve gente! Questo è un breve speciale, scritto in occasione della festa della mamma. Volevo in qualche modo esprimere la gratitudine e l'affetto che provo verso la mia, di mamma, ma solitamente non sono brava a esternare i miei sentimenti, così l'ho fatto a modo mio, anche se probabilmente lei non lo saprà mai.
In particolare, in questo speciale c'è uno scorso della vita delle due donne di diversi anni prima. Ci tengo a precisare che il pezzo non segue il filo temporale del resto della fan fiction.Se aspettate la canzone, vi dico che per questo particolare pezzo è One, degli U2. Ci sono varie interpretazioni per questa canzone, ma ce n'è una universale: parla di amore, che può essere inteso in tutte le sue forme. Ascoltatela, leggete il testo e fatemi sapere la vostra interpretazione. A prescindere dal testo a cui l'ho legata, è veramente una canzone eccezionale.
Ebbene, non mi resta che salutarvi. I miei calorosi auguri se siete mamme e alle vostre mamme (se non lo siete).
Vorrei salutarvi con due citazioni, che mi hanno colpito in particolar modo:
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.
(Pier Paolo Pasolini,"Supplica a Mia Madre")Il bambino chiama la mamma e domanda: "Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?". La mamma ascolta, piange e sorride mentre stringe al petto il suo bambino: "Eri un desiderio dentro al cuore.
(Rabindranath Tagore)Per oggi è tutto! A giovedì prossimo.
Restate connesi,
Petal Yewfrost.
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Fino alla fine | Miraculous, le storie di Ladybug e Chat Noir.
FanficLa vita di Gisèlle era piuttosto tranquilla, studiava, aveva delle amiche e il sabato sera usciva. Non avrebbe mai pensato di dover aggiungere "eroe" nella lista dei suoi compiti. Eppure toccava a lei. Quel compito le era stato assegnato forse dal d...