Capitolo 21

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                             Enea


Come dare torto al padre di Serena, sono stato la causa della sofferenza di sua figlia, sono stato un mostro ma nonostante tutto il dolore che le ho inflitto e lo schifo che ho combinato mi ha perdonato accettando la mia malattia rischiando di essere aggredita da un momento all’altro, è una ragazza testarda e coraggiosa ed è per questo che la amo, la amo tanto e non posso più farne a meno.
Varco la soglia del mio appartamento e distesa sul divano vedo Adelaide nei suoi jeans strappati dalle ginocchia ed una camicia bianca, l’ultima donna che vorrei vedere in vita mia.
<<Ciao, come stai? È passato del tempo dall’ultima volta che ci siamo visti, abbastanza direi, dove sei stato?>> Mi domanda con sarcasmo alzandosi in piedi.
<<Non sono affari tuoi.>> Getto le chiavi sul tavolo. <<Dobbiamo parlare.>> La informo irritato mentre tolgo la giacca.
<<E di cosa dovremmo parlare?>> Chiede con espressione sorpresa.
<<So tutto di te, di quanto hai fatto soffrire Serena e me, di quando l’hai minacciata, so pure che per causa tua e per la tua gelosia mi hai costretto ad allontanarmi dalla persona più importante della mia vita.>> D’un tratto, non so come, vado a sbattere contro il tavolo della sala da pranzo, rompendolo. <<Ma che diamine…>> Mi alzo in piedi con evidente sconcerto.
<<Sorpreso, vero? In questi giorni grazie a Tom mi sono allenata, ho scoperto di poter sfoderare la mia forza ogni volta che voglio, ho imparato a controllarmi ogni qualvolta che mi innervosisco, la vita ci riserva tante sorprese, vero tesoro?>>
Si avvicina a me piegando le labbra in un sorriso.
<<Non usare questo vezzeggiativo con me, sei una donna spregevole e priva di buonsenso.>> Sposto i pezzi di tavolo lesi dirigendomi verso di lei, l’afferro per il colletto della camicia e la sporgo dalla finestra, mi posiziono tra le sue gambe chinandomi per sfiorare il suo collo con la bocca. <<Ti comunico che da oggi sarò il tuo peggior incubo quindi ti consiglio di lasciare in pace me, Serena e tutte le persone a cui tengo, se non lo farai ti butterò giù, penso che quando atterrerai sarai ridotta un po’ male, quindi che hai deciso?>> Sussurro al suo orecchio.
<<Va a qual paese.>> Risponde sicura di sé.
<<Sai? Sono forte quanto te senza allenamento, povera illusa, che farai?>> Afferro la sua camicia e mi allontano di qualche centimetro da lei.
<<Non ho nulla da perdere, lasciami andare, se non lo farai continuerò a dare la caccia a Serena, quindi ora la faccio a te la domanda, che hai deciso? Mi lascerai andare o no?>> Mi provoca con tono divertito.
Mi sporgo per guardare oltre la finestra e assicurarmi che sotto non ci sia nessuno ma noto un gruppo di persone che mi supplicano di non lasciarla andare poi guardo un’ultima volta Adelaide e la butto fuori dalla finestra.
Atterra sul tetto di un camion, sorrido nel vedere le persone urlare e correre da Adelaide in suo aiuto.
Dopo qualche istante si alza in piedi, si liscia la camicia e alza la testa per guardarmi, poggio il gomito sul bordo della finestra e il mento sul palmo della mano mentre mi godo l’evidente irritazione di Adelaide. <<Ti avevo avvisata.>> Le sussurro, mi volta le spalle e scende dal mezzo mentre tutti la guardano sconvolti e increduli, non si rendono conto di come sia ancora viva dopo un volo del genere.
<<Beh…che c’è da guardare? Non è successo niente, andate,
forza! Che aspettate?>> Domanda alla folla con arroganza.
Di certo una persona normale non se la sarebbe cavata con niente una volta caduta dal quinto piano. Qualche minuto dopo tutti vanno via, a meno dell’autista. <<Mi hai distrutto il tetto del camion, come fai ad essere ancora viva?>> Alza le braccia per aria incredulo.
<<Ho avuto fortuna.>> Risponde sarcastica e, con disinvoltura, va via, mentre continuo a guardarla compiaciuto per l’imbarazzo che le ho creato.

                              ***

Lunedì mattina arriva in fretta e una volta fermato davanti il portone d’ingresso della villa dei genitori di Serena busso al campanello, ad accogliermi la ragazza che ha rubato il mio cuore. <<Buon giorno piccola.>> Vorrei tanto darle un bacio ma la presenza di suo padre alle sue spalle e i suoi occhi puntati contro i miei mi fanno abbandonare all’istante l’idea. <<Buon giorno signor Smith.>> Gli porgo la mano e, dopo un lungo sguardo, ricambia il saluto in silenzio, dopodiché aiuto Serena a mettere i bagagli in auto.
<<Non si preoccupi, la proteggerò e me ne prenderò cura.>> Sussurro all’uomo di casa, rassegnato dal fatto che non si fiderà mai più di me, come biasimarlo…
<<Sai la fine che faresti altrimenti.>> Poche parole ma decise.
<<Posso immaginarlo.>> Sussurro.
Arrivato il momento dei saluti la madre di Serena inizia a piangere, abbraccia a lungo la figlia come se non dovesse più vederla.
<<Potrete venire a trovarmi tutte le volte e per tutto il tempo che vorrete.>> Mormora poi va dal padre e abbraccia anche lui. <<Se ti farà soffrire dimmelo, ci penserò io a sistemare la faccenda, va bene?>> Le sussurra all’orecchio.
<<Tranquillo papà, righerà dritto.>> Sorride dinanzi alla serietà del padre poi mi raggiunge in auto.
<<Pronta?>> Le chiedo poggiando una mano contro il suo ginocchio nudo.
<<Si.>> Risponde mentre guarda imperterrita i suoi genitori. Ingrano la prima e partiamo.

                                 ***

Arrivati in aeroporto consegniamo i bagagli e facciamo la fila per entrare in aereo.
Mezz’ora dopo siamo seduti sui sedili della fila di mezzo.
<<Cosa hai fatto dopo che sei andato via da casa mia l’altro giorno?>> Afferra la mia mano, la sua pelle è calda e morbida.
<<Sono andato nel mio appartamento e ho trovato Adelaide ad aspettarmi.>> La informo in tutta sincerità.
<<Cosa?>> Alza le spalle dal sedile, sconvolta. <<E perché hai aspettato tutto questo tempo per dirmelo?>> Sgrana gli occhi.
<<Semplicemente perché non era una cosa urgente, abbiamo parlato, le ho detto di lasciarci in pace per l’ennesima volta.>> Rispondo tranquillo.
<<E lei come l’ha presa?>>
<<Direi che, dopo un volo dal quinto piano, l’ha presa piuttosto bene.>>
<<Scusa? Vorresti dire che è caduta dalla finestra del tuo appartamento?>> Alza un sopracciglio perplessa.
<<In realtà…>> Mi gratto il mento con disinvoltura. <<L’ho fatta cadere io.>> Confesso divertito.
<<E perché?>>
<Perché avevo piacere di farlo dopo che mi ha scaraventato sul tavolo rompendolo, era il mio preferito.>> Esclamo dispiaciuto.
<<Preferito?>>
<<Si. Non so perché… ma lo è.>>
<<Se è quello che penso io, ti do ragione.>>
<<Cosa intendi dire?>> Chiedo confuso e maledico il momento che persi la memoria.
<<Dopo la mia laurea, mi hai offerto una cena per festeggiare, finalmente potevamo stare insieme, eravamo sul divano ma tu avevi deciso di andare al dunque su quel tavolo ma io ti fermai.>> La vedo diventare rossa in volto.
<<E io cosa ho fatto?>> Sgrano gli occhi.
<<Hai rispettato la mia decisione.>> Piega le labbra in un sorriso, rimango esterrefatto per aver tenuto un comportamento del genere in precedenza, ero davvero un galantuomo.
<<Be, adesso non so se sarei in grado di fermarmi.>> Le sussurro all’orecchio.
<<Non…non lo so neanche io.>> Borbotta.
<<Mmmm…>> Le mordicchio il lobo e la sento trasalire. <<Sono impaziente di arrivare in hotel.>>
<<Credo anche io.>> Sussurra stringendo la presa sul mio braccio.
<<Non hai idea di quello che vorrei farti.>> Strofino la barba di qualche giorno contro il suo collo.
<<C…cosa?>> La sento deglutire.
<<Ti spoglierei lentamente, poi ti butterei sul letto e ti cospargerei di panna montata deliziandomi del tuo corpo.>> Le mordicchio la spalla scoperta e la sento rabbrividire.
<<E poi?>>
Chiudo gli occhi e tiro un respiro profondo. <<Dovrò solo essere paziente.>> Poggio la schiena al sedile e afferro la sua mano rimanendo così per tutta la durata del viaggio.

                               ***
Dopo aver preso i nostri bagagli usciamo dall’aeroporto e saliamo sul taxi in direzione del bar dove la raggiunsi per la prima volta a Parigi per fare colazione.
Alle nove in punto del mattino varchiamo la soglia dell’hotel, lo stesso di qualche giorno fa.
<<Bonjour, je m’appelle Enea Aragona, elle est Serena Smith.>> Dico alla receptionist.
<<Oui.>> Sorride gentilmente. <<Les clés del vos chambres.>>
<<Merci.>> Risponde Serena.
<<Bon séjour.>> Dice con tono gentile la ragazza mentre afferriamo le chiavi delle stanze.
Entriamo in ascensore e quando le porte si chiudono tutto accade in fretta, l’afferro avido per i fianchi e la poggio contro una parete, la bacio con desiderio e mi chiedo come ho fatto ad aspettare tutto questo tempo senza toccarla.
<<Enea.>> Sussurra contro le mie labbra.
<<La mia stanza o la tua?>> Le bacio il collo, il mento, le labbra...vorrei baciare ogni centimetro della sua pelle.
<<Enea, io non ho mai…non ho…>> Mi guarda rossa in volto. <<Io sono…>>
Afferro il suo viso angelico tra le mani. <<Lo so.>> La bacio con dolcezza affondando le dita tra i suoi capelli poi le porte si aprono e usciamo.
Con mani impazienti apro la porta della mia camera, cedo il passo a Serena, entriamo in totale silenzio, eccitati con i respiri corti, afferro i suoi fianchi fasciati da una gonna nera guidandola verso la scrivania in mogano. <<Hai paura?>> Poggio la fronte contro la sua.
<<Un po’.>> Le sue mani tremanti avvolgono delicate il mio collo.
<<Non devi.>> La bacio, con amore, con dolcezza. <<Mi prenderò cura di te.>>
<<Va bene.>> Abbassa il volto ed inizia a sbottonarmi la camicia.
<<No.>> Le afferro il polso, non può guardare lo stato della mia malattia, non può capire che mi resta poco da vivere, da qualche giorno la macchia si è avvicinata al cuore e questo presto cesserà di battere.
“Stupido egoista che non sei altro.”
<<Non posso.>> Scuoto la testa sconcertato, stavo per prendermi il dono più grande che questa donna potesse darmi, ignara del fatto che sto per morire. <<Scusa.>> Mi allontano lentamente da lei, indietreggio fino a sbattere contro il letto e cadervi sopra.
<<Perché? Cosa ti turba?>> Si avvicina a me. <<Sono io il problema? È perché sono vergine?>>
Avvolgo la sua vita e poggio la guancia contro il suo ventre. <<Tu sei perfetta, troppo affinché possa privarti di un dono così importante.>> La stringo a me più che posso.
<<Non capisco.>> Sussurra confusa, come biasimarla.
<<Forse è meglio così, voglio che resti la dolce e pura Serena. Voglio che tu sia felice, per sempre.>>
S’inginocchia davanti a me, continuando a sbottonarmi la camicia. <<Io sono già felice, ho tutto quello che desidero, un lavoro che ho sempre sognato e un uomo speciale al mio fianco.>> Apre il terzo bottone ma non posso permetterle di guardare oltre.
<<No, Serena.>> La fermo per l’ennesima volta.
<<Perché non vuoi che continui?>> Mi guarda dritta negli occhi, uno sguardo pieno di angoscia, uno sguardo che non vorrei mai vederle in volto. <<Cosa non vuoi che io veda?>>
Scuoto la testa non in grado di dirle la verità, non adesso che si trova nel pieno della sua felicità.
<<Enea, ti prego.>> M’implora, poggia la fronte contro il mio petto e mi pento di essere stato così egoista in queste ultime ore, l’eccitazione e la voglia matta che ho di lei mi hanno offuscato la ragione, adesso, nonostante la desideri ancora non sono in grado di continuare.
Afferro tra le mani il suo viso dolce e bellissimo, la guardo negli occhi, adesso pieni di lacrime e sussurro le uniche parole dettate dal cuore: <<Ti amo Serena e lo farò per il resto dei miei giorni.>> Poggio le mie labbra contro le sue in un bacio, un bacio pieno di desiderio e dolore al contempo, lentamente, senza staccarsi da me, si mette a cavalcioni sulle mie ginocchia ponendo fine alla distanza che ci separa.
<<Ti voglio professore.>> Afferra i miei capelli in un pugno. <<Ti desidero e adesso che possiamo, non mi fermerò di certo.>> Mi bacia il collo, mi mordicchia il lobo dell’orecchio e sento l’eccitazione prendere, per l’ennesima volta, il possesso di me. <<Non mi fermerò davanti a niente, voglio che sia tu il primo e l’ultimo.>> Mi guarda con fare serio negli occhi.
<<Anche davanti a questo?>> Sbottono la camicia del tutto, mostrandole la verità, il motivo del mio comportamento, del mio dolore…
<<Da quando?>> Sbatte più volte le palpebre, incredula, avvolta dal dolore.
<<Da qualche giorno.>> Non riesco a smettere di guardare il suo volto, voglio memorizzare ogni minimo dettaglio del suo viso dolce e angelico. Percorro i lineamenti con le dita, gli occhi, gli zigomi, il naso, la mandibola ed infine le labbra…quelle labbra che tanto amo e di cui non posso fare a meno.
<<Che farai adesso?>> Si asciuga una lacrima con il torso della mano.
<<Aspetterò.>> Le bacio la mano, il polso ed il braccio in tutta la sua lunghezza.
<<Aspetterai cosa?>>
Poggio la fronte contro il suo petto. <<La fine.>> Sussurro fievole.
<<Voglio che continuiamo, voglio che sia tu a farlo, voglio tutto di te.>> Mi stringe forte a sé con il viso pieno di lacrime, sento il suo cuore battere all’impazzata, come se stesse facendo una maratona.
<<Sei sicura?>> Alzo leggermente la testa per incontrare il suo sguardo.
<<Si.>> Piega le labbra in un sorriso leggero, un sorriso che vela tutto il dolore provato in questo momento.
Lentamente le sfilo la maglia buttandola per terra, le bacio ogni centimetro della pelle nuda mentre apro i gancetti del reggiseno facendolo cadere sulla maglia, afferro un seno in tondo, lo massaggio mentre bacio l’altro. I suoi gemiti mi fanno impazzire e perdere il controllo ma voglio che la sua prima volta sia speciale e dolce.





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