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Rimangono solamente due mesi alla laurea.
La macchia sul braccio di Aragona si è bloccata a pochi centimetri dal cuore e lui stesso non sa spiegarsi come possa accadere una cosa del genere.
“Provo un enorme affetto nei tuoi confronti. Sei davvero premurosa, ti sei presa cura di me sin dal primo momento con dolcezza e amore. So che prima o poi sarebbe successa una cosa del genere ma so anche che tutto quello che hai scritto sul foglio è la stessa cosa che provo per te ma non posso far nascere una storia, non in queste condizioni, non fin quando sarò tuo insegnante, posso contare sull’amore che mi dai e questo mi basta e avanza per distrarmi.” Mi disse un giorno dopo aver letto la poesia che gli lasciai sul comodino.
Sto male, ho poco appetito e ogni settimana sono sempre più magra.
Intanto i mesi passano e lui non fa miglioramenti né tantomeno peggioramenti, perlomeno è stabile. Adesso inizia a camminare ma solamente con il mio sostegno e della lettera che gli lasciai sul comodino non abbiamo più proferito parola a riguardo, d’altronde preferisco così, mi risparmio un altro momento di totale imbarazzo mentre sto da sola insieme a lui.
Quasi ogni pomeriggio vado nel suo appartamento per approfondire le mie ricerche e studi per la tesi e oggi sento che sarà un giorno diverso rispetto agli altri.
<<Ma sta camminando da solo.>> Esclamo allibita quando lo vedo aprire la porta.
È abbastanza colorito in volto, finalmente sta migliorando. Indossa un paio di jeans grigio chiaro e una maglia a mezze maniche blu.
<<Si, visto?>> Apre le braccia per accogliermi e la prima cosa che faccio è corrergli incontro ed è come se avessi colpito un muro, credo che abbia l’addome duro come la pietra. Lo abbraccio a lungo.
<<Sono davvero felice che stia guarendo.>> Sussurro non appena mi stacco da lui.
<<Non so come sia successo ma la macchia pian piano sta scomparendo.>> Mi fa guardare il braccio.
<<Perché è così…?>> Domando curiosa indicando con il dito l’addome.
<<Ecco! Questa è un’altra cosa che non so spiegarmi.>> Alza la maglia, non posso fare altro che deglutire e sgranare gli occhi: ha un fisico perfetto e ben modellato tanto da farmi imbambolare fin quando non decide di coprirsi di nuovo.
<<Ma…ma, questo non è tanto normale, cioè…com’è possibile?>> Balbetto e rimango sconvolta, in modo positivo ovviamente, dal delizioso spettacolo che gli occhi mi hanno regalato.
<<Non ho una risposta plausibile, non ancora almeno. Ho parlato con mia nonna e mi ha detto che a mio nonno non è mai accaduta una cosa del genere.>>
<<Bene, guardi il lato positivo.>> Gli rivolgo un sorriso. <<Sta guarendo.>> Esclamo con espressione felice. <<E il colore degli occhi è ritornato quello di un tempo.>> Con l’indice indico le sue iridi. <<Finalmente potrà ritornare a fare lezione.>>
<<Già.>> Risponde con tono freddo, come se quello che ho appena detto gli avesse fatto ricordare che lui è un mio insegnante e ovviamente deve mantenere le distanze. Come biasimarlo. <<Senti, ho una cosa urgente da fare.>> Si dirige verso la porta d’ingresso e la apre. <<Quindi se non ti dispiace…>> Mi fa cenno con la mano di andare via.
<<Ma…abbiamo tanto lavoro da fare sulla tesi.>> Lo guardo confusa.
<<Oggi non posso.>> Risponde con espressione mortificata.
<<Va bene.>> Esco dall’appartamento ma prima di scendere le scale mi giro e lo vedo poggiato con la mano destra sulla cornice laterale della porta, il peso del corpo spostato sulla gamba destra incrociata con la sinistra e la posizione fa si che gli si scopra un pezzetto laterale del fisico ormai perfetto, deglutisco e faccio un sospiro. <<Ci si vede in accademia allora.>> Esclamo.
<<Si, passa una buona serata.>> Mi saluta con un gesto della mano.
<<Anche lei, arrivederci.>> Dopodiché inizio a scendere le scale.
<<Ah, Serena?>>
Mi fermo di scatto e mi volto a guardarlo. <<Si?>>
<<Tu non disturbi mai.>> Piega le labbra in un sorriso poi ritorno a scendere gli scalini.
“Ma cosa avrà mai di così importante da fare alle dieci di sera?”
Mi fermo dietro un muretto per vedere se esce per davvero, ho tutto il tempo di questo mondo a quest’ora della sera, ho detto ai miei che sarei uscita con Cherol e probabilmente avrei fatto tardi.
Le ore passano e di lui nessuna traccia, vedo solamente dei ragazzi e dei vecchietti entrare e uscire dall’edificio, quindi decido di fare ritorno a casa vista la tarda ora.
***
Come è solita fare, l’accademia organizza un ballo di fine studi per tutti i laureandi e finalmente tale giorno è arrivato in fretta, il tema è “BALLO REALE”, tutti fanno a gara e litigano tra di loro per trovare il loro accompagnatore, io ho deciso di andare da sola.
Scelgo un vestito lungo fino ai piedi, pieno di brillantini color ghiaccio, i capelli li raccolgo in uno chignon alto lasciando solamente due ciocche a boccoli che mi cadono sul viso e le scarpe con tacco dodici dello stesso colore del vestito.
<<Tesoro, sei bellissima.>> Esclama mia madre con le lacrime agli occhi non appena scendo le scale che dalla mia stanza portano all’ingresso.
<<Grazie mamma.>> Piego le labbra in un sorriso.
<<Serena sta attenta.>> Aggiunge mio padre.
<<Tranquillo papà.>> Abbraccio entrambi. <<A domani, non aspettatemi alzati, probabilmente farò tardi.>> Li saluto e vado via.
Arrivo con passo deciso alla palestra dell’accademia che per l’occasione è decorata con nastri blu e bianchi cadenti dal tetto e per terra dei palloncini dello stesso colore dei nastri, negli angoli vi sono dei tavoli con aperitivi e stuzzichini, in una posizione sopraelevata vi è un piccolo palco con un dj, difronte, un altro palco con la giuria che è composta anche da Aragona, ritornato da una settimana e che non vedo da allora. Chi vince come reginetta ha l’onore di ballare con l’insegnante di Arte ed il re con la Johnson.
Dopo vari balli da discoteca finalmente arriva un lento, sono stremata, dunque mi vado a sedere in un angolo della palestra mentre le note di JP Cooper in Perfect Strangers riempiono la sala.
<<Permetti?>> Edwige, un ragazzo che ha frequentato il mio stesso corso mi porge la mano invitandomi a ballare. L’attesa per la premiazione mi sta divorando. Chi ballerà con lui? Chi sarà la fortunata?
<<Certo.>> Piego le labbra in un sorriso
<<Cosa c’è che non va? Sei triste.>> Chiede preoccupato.
<<Oggi non voglio pensare a niente, voglio solo divertirmi.>>
Edwige non proferisce parola ma si limita a sorridere
continuando a ballare.
Durante il lento guardo spesso sul palco dov’è seduto Enea e con meraviglia noto che anche lui mi lancia diverse occhiate da quando è iniziato il lento, ha il viso teso, come se in questo momento provasse gelosia.
D’un tratto sento il volume della musica diminuire.
<<Finalmente ci sarà l’elezione.>> Afferma Edwige impaziente come me ma per motivi totalmente diversi. Sento l’ansia impadronirsi del mio corpo e della mente. Sono agitata e nervosa più del solito perché a breve la ragazza che sarà eletta reginetta dovrà ballare con Enea.
<<Dunque ragazzi, sono felice di far parte di questa meravigliosa giuria, come saprete, è molto difficile fare una scelta perché siete tutti bellissimi.>> Il rettore viene interrotta da applausi e fischi di gradimento e vedo tutta la giuria ridere.
Continuo a guardare imperterrita Aragona sorridere e delle fossette gli compaiono sulle guance mentre una vena gli emerge longitudinalmente sulla fronte.
Sono sempre più nervosa e lo vedo notare il mio stato.
<<Stai tranquilla, non preoccuparti.>> Mi sussurra con il labiale.
“Cosa intente dire?” Perché non devo preoccuparmi? A breve una ragazza ballerà tra le sue braccia e io non so se sarò in grado di guardarli.
Il rettore coglie l’attimo di apparente silenzio e riprende a parlare.
<<Allora ragazzi, finalmente è arrivata l’ora di
eleggere la reginetta e il re del ballo.>> La Johnson le porge la busta con i nomi dei vincitori, indossa un tailleur interamente blu e un paio di scarpe nere con tacchetto, è davvero elegante. Con nonchalance apre la busta che mi porterà ad uscire dalla palestra, sicura che non sarò io ad essere eletta.
<<I vincitori sono…>> Prende una lunga pausa mentre ci guarda uno per uno. Il silenzio non fa altro che aumentare l’ansia, mi guardo intorno e vedo le ragazze sistemarsi i capelli e i vestiti che ricadono alla perfezione nei loro corpi snelli, non aspettano altro che ballare con lui e io, d’altro canto, come loro non desidero altro. I secondi passano e la donna sul palco non accenna a parlare ma solo a sorridere dentro il suo abito color avorio in raso lungo fino ai piedi, i capelli sciolti, i quali ricadono morbidi lungo le spalle esili dalla pelle chiara, devo dire che sta davvero d’incanto.
<<Serena e Edwige!>> Annuncia all’improvviso.
D’un tratto veniamo illuminati da una luce bianca abbastanza forte a tal punto da costringermi a socchiudere gli occhi.
<<Ragazzi salite sul palco.>> Il rettore ci fa cenno con la mano di salire per la premiazione.
Non riesco a credere alle mie orecchie: sono stata eletta reginetta del ballo e per mia fortuna sarò io a ballare con lui. Solo adesso posso tirare un sospiro di sollievo.
<<Complimenti ragazzi.>> Esclama Aragona. <<Siete bellissimi.>> Si avvicina con passo lento senza staccare lo sguardo dal mio, con un diadema tra le mani. Indossa uno smoking nero, una camicia blu notte con i primi tre bottoni aperti, scarpe nere e la mano destra in tasca. È semplicemente bellissimo.
<<Complimenti reginetta.>> Sussurra al mio orecchio dopo averlo adagiato sopra la mia testa con dolcezza. <<Grazie.>> Gli rivolgo un sorriso timido mentre vedo Edwige andare incontro l’insegnante di scienza tessile per invitarla a ballare. Io rimango immobile sul palco, devo ancora capire se quello che è appena successo sia realtà o sogno ma i miei pensieri vengono interrotti dalla sua voce alle mie spalle. <<Vuole concedermi questo ballo?>>
Mi volto a guardarlo, mi prende per mano e mi porta sulla pista da ballo dove il dj invita gli altri a ballare insieme a noi. <<Forza ragazzi, che ne dite di unirvi alle danze insieme ai vostri colleghi con i rispettivi insegnanti?>> Esclama.
Ci muoviamo a destra e a sinistra, i nostri corpi sono perfettamente uniti come se fossero fatti l’uno per l’altra, le guance mi divampano e il cuore inizia a galoppare mentre mi stringe di più a sé.
Sento i suoi occhi sul mio volto e so che ha notato come mi sento in questo momento, lo vedo sorridere e porta lo sguardo in alto, guardo la sua mandibola ben scolpita e il suo collo che m’implora di baciarlo insieme al profumo che manda in estasi la mia ragione.
<<Quando finisce il ballo vado nello spogliatoio maschile, tu dopo due minuti se puoi raggiungimi, sarò lì ad aspettarti, ti devo parlare.>> Sussurra al mio orecchio.
Annuisco con un cenno della testa.
Il ballo sfortunatamente è terminato dunque come stabilito, Enea con le mani in tasca e passo elegante si dirige verso lo spogliatoio.
<<Serena.>> Esclama Cherol. <<Com’è ballare insieme a quel Dio greco?>> Tira un sospiro. <<Come ha fatto a trasformare il suo fisico in questo modo e in così poco tempo?>>
<<Palestra e dieta ferrea?>> Faccio spallucce, non posso certo dirle la verità.
<<Sarà.>> Alza un sopracciglio.
Veniamo raggiunte da altre ragazze le quali mi fanno la stessa domanda: com’è ballare con lui? Cos’hai provato a ballare con lui? Cosa ti ha detto mentre ballavate?
<<Devo andare in bagno.>> Dico saltellando sul posto per fingere che mi scappi la pipì.
Arrivata nel corridoio afferro il vestito con le mani per agevolarmi nella corsa e andare da lui il più in fretta possibile.
Entro nello spogliatoio e vedo Enea andarmi incontro, mi avvolge il viso tra le mani, sono calde e morbide. <<Tu sei il mio inizio, il mio sostegno soprattutto per superare e tener testa all’orrenda malattia che ho, sei il mio risveglio da un incubo che non augurerei a nessuno, quando sto male e stai con me, quei momenti di dolore li trasformi in preziosi minuti perché sai farmi distrarre dal dolore con la tua bellezza. I tuoi atteggiamenti non fanno altro che rallegrarmi la vita. Sei tutto per me ma mi rincuora e allo stesso tempo fa star male quello che sto per dirti.>>
Una lacrima si fa strada lungo la guancia e sento il cuore battere più forte del dovuto.
Mi fa sedere accanto a lui sulla panca in legno massiccio.
<<Nonostante i sentimenti che provi per me sono ricambiati da parte mia, il sogno non si può avverare almeno finché sarò tuo insegnante come ti ho detto in precedenza e, se scoprissero qualcosa, sai perfettamente i problemi che dovrei passare. Ti mancano pochissimi giorni alla laurea, bisogna solo resistere e non far capire niente a nessuno.>> Sussurra tenendo le mie mani tra le sue.
Si alza fermandosi difronte a me, mi porge una mano per farmi alzare e mi stringe in un abbraccio come se non ci fosse un domani ma ad interrompere il momento il suo crollo per terra. Si contorce dal dolore! E adesso!? La paura m’impedisce di parlare, pietrificata dinanzi al suo dolore.
<<Vai nel mio studio e nel primo cassetto c’è una bottiglietta contenente un liquido blu, prendila e portamela il più velocemente possibile.>> Mi ordina cercando di resistere al dolore.
Faccio per andare via ma la sua voce mi blocca.
<<Serena… la chiave, tieni.>> Allunga il braccio mentre cerca di sedersi.
<<Si… giusto, la chiave.>> Dico in preda al panico.
Mi abbasso per aiutarlo.
<<Serena, per favore.>> M’implora indicando la porta.
Corro nello studio, prendo la bottiglietta, poi mi chiudo la porta alle spalle e mi accerto che nessuno mi veda, poi ritorno da lui.
La beve d’un sorso, non ho mai visto una persona bere così velocemente. Mi siedo per terra e gli faccio poggiare la testa sulle mie gambe in attesa che il liquido faccia effetto, lo carezzo dolcemente pregando che non stia più così male ma questa è la sua natura e io non posso farci niente.
Un’ora dopo, finalmente, è ritornato in forze e siamo nella sua auto diretti verso il suo appartamento. <<Come sta adesso?>> Chiedo preoccupata.
<<Decisamente meglio ma che ne dici se cominci a darmi del tu? Solamente in privato ovviamente, in pubblico dovremmo comportarci in modo professionale, dovresti continuare a darmi del lei.>>
<<Va bene…Enea.>> Mi suona davvero strano chiamarlo per nome ad alta voce e in sua presenza ma tutto questo mi piace e mi fa sentire più vicina a lui.
<<Posso accompagnarti a casa?>> Mi chiede per l’ennesima volta.
<<No.>>
<<Perché?>>
<<Non voglio rischiare di perderti per strada. E se ti sentissi di nuovo male?>> Dico seria.
<<Impossibile.>> Piega le labbra in un sorriso.
<<E come fai a saperlo?>>
<<Lo so e basta.>> Taglia corto con tono scherzoso.
<<Ora però fila dritto a casa, si è fatto tardi.>>
Senza essermene accorta siamo sotto il mio appartamento, come fa a sapere dove abito? Credevo stessimo andando nel suo.
<<Ma…>> Borbotto.
<<Serena.>> Socchiude gli occhi.
<<Agli ordini professore.>> Porto una mano sulla fronte a mo’ di saluto militare.
<<Ah, sei bellissima stasera.>> Sussurra dandomi una carezza con le nocche sulla guancia ed io divento immediatamente rossa in volto.
Prima di scendere dall’auto afferra il mio viso tra le mani e mi dà un dolce bacio sulla fronte. È la prima volta che tocca il mio viso con le labbra e sento una piacevole scossa percorrermi lungo la colonna vertebrale. Come vorrei rivivere quel sogno…il bacio…le sue labbra contro le mie…chiudo gli occhi e tiro un sospiro, gli do un bacio sulla guancia e scendo dall’auto.
<<Ah.>> Poggio una mano sul portello dell’auto e mi abbasso leggermente. <<Come fai a sapere dove abito?>>
Piega le labbra in un sorriso. <<Buona notte Serena.>> Allunga il braccio per chiudere il portello che tengo ancora aperto.
Rimango in silenzio, accanto la sua auto poi mi volto di spalle e non appena sono al sicuro lo vedo andare via e già mi manca.
Questa è stata la sera più bella della mia vita in
assoluto: il ballo, la seconda confessione dei suoi sentimenti…probabilmente mi ama anche lui, chissà, ma devo armarmi di tanta pazienza e aspettare il giorno “X”.
***
Finalmente, due settimane volano via ed io ho portato a temine la stesura della tesi dopo miriadi correzioni da parte di Enea, non dava per buono neanche un capitolo, neanche uno! Aveva ragione a puntualizzare sul fatto che avrei dovuto aspettare la fine per ringraziarlo, è dannatamente puntiglioso e perfetto nelle cose.
Il cortile è pieno di alunni seduti nelle prime sedie, insegnanti, genitori, amici, parenti, tutte persone che i corsisti hanno voluto con loro in questo grande traguardo. Lascio i miei genitori alle mie spalle mentre si accomodano nei loro posti e io vado nel mio accanto Cherol. Indosso un lungo vestito di seta nero, scollato fin sopra il fondo schiena e delle decolleté dello stesso colore. Sul palco solamente il rettore la quale ci invita a sederci. <<Diamo il benvenuto agli insegnanti che hanno accompagnato passo passo i loro alunni fino ad oggi.>> Da dietro l’immenso tendone rosso iniziano a salire sul palco nei loro abiti eleganti tutti i nostri insegnanti. Enea sarà, ovviamente, tra loro e non appena entra il cuore salta un battito. Un insieme di applausi e fischi di gradimento lo porta a sorridere e scuotere la testa, bellissimo nel suo abito elegante blu notte, camicia bianca con i primi tre bottoni aperti come al solito e i capelli scompigliati gli danno un’aria ribelle ma allo stesso tempo sexy. Una volta aperto il bottone della giacca si accomoda nella sedia in pelle rossa tra due colleghe. Con lo sguardo cerca tra la folla fin quando non mi trova e piega le labbra in un sorriso, divento all’istante rossa in volto e abbozzo anch’io un sorriso. Altri insegnanti ricambiano i saluti di alunni o altre persone, altri invece parlano tra di loro. Imperterrita continuo a guardarlo, è come se lui fosse il fuoco e io una falena.
<<Serena, smettila di guardare Aragona.>> Esclama Cherol con tono malizioso.
<<Non stavo guardando lui.>>
<<E chi allora?>>
<<Il professor Conte, oggi sembra più brillo del solito.>> Ha il vizio di bere un po’ troppo, di prima mattina puzza già di Bourbon o Rum.
<<Non credo proprio tu stia guardando lui.>> Mormora. <<Ti sei infatuata di Aragona.>> Continua.
<<Ma smettila.>> Dico prontamente.
“Si vede così tanto?” Dovrò aspettare solamente poche ore e poi sarà tutto mio.
Il rettore da un colpo di tosse al microfono dinanzi al leggio in pino di Svezia e il ronzio di voci esaltate di alunni e genitori insieme a parenti e amici si arresta immediatamente. <<Buonasera a tutti, per chi non lo sapesse io sono il rettore.>> Fa un leggero sorriso <<Ho visto diventare adulti i vostri meravigliosi figli, nipoti, amici…>> Ci guarda attraverso occhi materni. <<E loro…>> Indica i suoi colleghi. <<…Si sono presi cura dei loro alunni come fossero figli loro. Alcuni hanno lavorato più del dovuto pur di aiutarli.>>
Ascoltando questa frase non posso fare altro che ritornare a guardare Enea, serio in volto, lo vedo chiudere gli occhi per un attimo e quando li riapre li punta dritti sui miei con tutta la serietà che possa esserci: perché mi guarda in questo modo? Forse ha capito che tra noi non potrà funzionare. Mi sento come una scolaretta che si è presa una cotta per il suo insegnate. Imbarazzo e vergona stanno prendendo il sopravvento e tutto questo mi porta ad abbassare lo sguardo e rimanere così fin quando il mio nome non uscirà dalla sua bocca per la consegna della pergamena.
Il rettore completa il suo discorso mandando due baci attraverso le mani a noi alunni, poi accompagnata da un lungo applauso va a sedersi in tutta eleganza sovrapponendo una gamba sopra un’altra. Adesso ad alzarsi è Enea che con fare professionale si dirige verso il leggio e da dietro il palco emerge una ragazza del primo anno con una cesta tra le mani contenente le nostre pergamene.
Mi sento nervosa, tra poco chiamerà il mio nome e dovrò salire sul palco e ritirare il diploma.
<<Prima di iniziare a consegnare le pergamene vorrei spendere qualche parola per i miei alunni.>> Scruta la folla difronte a lui con estrema calma. <<Alcuni di voi mi conoscono solamente per nome, altri invece mi conoscono perché sono, mi correggo, sono stato loro insegnante. Non posso dire di averli accompagnati assiduamente durante gli anni per problemi personali e ringrazio la mia collega che mi ha gentilmente sostituito.>> Le rivolge un sorriso, seduta in prima fila. Non posso che pensare a quel periodo, a tutta la sofferenza che il DNA ereditato gli ha portato, alla solitudine e al dolore, posso solo essere felice di essergli stata di aiuto ed è grazie alla mia testardaggine se adesso siamo giunti a questo punto, tra le altre cose.
<<Ringrazio i miei colleghi per avermi dato l’onore, questa sera, di consegnare le pergamene a questi meravigliosi ragazzi, perché la mia carriera come insegnante termina qui.>> D’un tratto il suo sguardo intercetta il mio, i suoi occhi emanano felicità e serenità, questo vuol dire che ha preso questa decisione per me, per noi: una lacrima si fa strada lungo la guancia. Un coro triste che pronuncia un “NO” rompe il silenzio, mi guardo intorno e vedo solamente ragazze che piangono e ragazzi dispiaciuti consolarsi tra di loro.
<<Grazie di vero cuore a tutti voi.>> Tira un sospiro come se si fosse tolto un gran peso dal cuore. <<E adesso procediamo con la cerimonia.>>
Ansia, ansia e ancora ansia. Non riesco a smettere di tremare.
<<Clare Wilson.>> Enea si volta verso la ragazza del primo anno e prende la pergamena avvolta in un nastro rosso con il nome dell’alunna scritto sopra.
Clare con fare civettuolo sale sul palco e con un sorriso smagliante raggiunge Enea e gli sussurra qualcosa, lui aggrotta la fronte poi la saluta con una stretta di mano, poi si voltano nella direzione del fotografo che scatta una foto ricordo. Le mani della ragazza salgono lungo la schiena del mio uomo fino alla spalla. Un senso di gelosia si fa strada lungo le vene facendo scorrere il sangue sotto forma di adrenalina carica di rabbia.
<<Andrew Jones.>> Chiama, dopo essersi liberato dalla stretta di Clare, poi fa la medesima cosa fino al mio turno.
<<Serena Smith.>> Mi guarda da sotto le ciglia con fare dolce poi prende la mia laurea e attende che io lo raggiunga.
“Non fare gaffe Serena!”
Con le gambe tremanti mi alzo nella speranza di non cadere per le scale. Il cuore batte all’impazzata, tiro un sospiro e finalmente posso respirare il suo incantevole profumo.
<<Quanto avevi intenzione di dirmelo?>> Sussurro.
<<Volevo farti una sorpresa.>> Mi porge la pergamena afferrando le mie mani tra le sue.
<<Beh, ci sei riuscito.>> Piego le labbra in un sorriso mentre il fotografo ci scatta una foto.
<<Ne riparleremo più tardi.>> Lascia la presa facendomi scendere dal palco.
Lungo il tragitto verso la mia sedia guardo i miei genitori alzando in alto la pergamena in segno di vittoria, vedo mia madre piangere e mio padre consolarla stringendola in un abbraccio.
Mi siedo e attendo con ansia che la cerimonia volga al termine.
***
Seduti sul divano del suo appartamento, lui poggiato nel bracciolo con la mano sullo schienale, io, invece, seduta di fronte a lui mi delizio della sua presenza che nessun’altra ragazza/alunna potrà mai avere.
Finalmente possiamo abbandonare l'anonimato che abbiamo mantenuto per ben quindici, lunghi e interminabili giorni.
<<Spero ti stia divertendo con me stasera.>> Sussurra interrompendo il silenzio.
<<Certo che mi sto divertendo, con te sto molto bene, in qualsiasi situazione.>> Affermo con espressione felice.
<<In qualsiasi situazione? E se partissi e non tornassi più?>>
<<Smettila, tu non parti. >> Rispondo con un filo di preoccupazione. Cerco di dargli uno schiaffo sul braccio ma Enea mi blocca afferrando il mio polso con presa ferrea e mi tira verso di lui, mi guarda dritta negli occhi a pochi centimetri dal suo viso: sento il cuore battere all’impazzata, muoio dalla voglia di baciarlo ma non sarò io a fare il primo passo, aspetterò trepidante che lo faccia lui.
<<A tal proposito, dovremmo parlare della tua decisione.>> Mi faccio seria in volto.
<<Si.>>
<<Quando l’hai presa?>>
<<Qualche giorno fa.>> Risponde sincero.
<<E perché hai voluto dirmelo in quel modo?>>
<<Perché il rettore mi ha dato la lettera con la sua firma alla mia rinuncia solamente prima di salire sul palco.>> Allunga un braccio per darmi una carezza. <<Volevo solamente che la cosa fosse ufficiale, odio le false speranze.>> Aggrotta la fronte.
<<Cosa ti turba?>> Chiedo preoccupata.
<<Devo dirti un’altra cosa.>> Mi guarda intensamente negli occhi, non accenna un sorriso, i lineamenti del suo viso sono tesi. <<Devo stare via un paio di settimane.>> Sussurra serio.
<<Cosa?>> Sgrano gli occhi. <<E quando?>>
<<Domani.>>
<<Per fare cosa? Dove andrai?>> Deglutisco e mi sento come se avessi ricevuto una coltellata al fianco. <<Devo ritornare dalla mia famiglia. Non so quanto possa durare.>>
<<E dove si troverebbe?>>
<<Roma.>>
<<Roma?>> Sgrano nuovamente gli occhi e per poco rischio di farli uscire dalle orbite. <<Non mi hai mai parlato della tua famiglia.>>
<<Non sai molte cose di me, Serena.>> Mi trascina più vicino a lui.
<<Non ci provare nemmeno Mr. Aragona, tu non mi scappi. Ho aspettato tanto questo momento.>>
<<Quale momento?>>
Sa perfettamente cosa voglio, mi sfiora le labbra con le sue più volte facendomi ardere dalla voglia di baciarlo, poi afferra i miei fianchi e mi fa sedere in grembo di fronte a lui, poggia la mano sulla nuca per poi scendere delicatamente lungo tutta la schiena nuda: emetto un gemito portando la testa indietro.
<<Questo.>> Rispondo quasi priva di sensi.
<<Questo cosa?>> Porta le sue dita sulle cosce e inizia ad
alzare il vestito che indosso mentre mi carezza la coscia coprendo la mia pelle di brividi di piacere. Mi guarda imperterrito mentre gli cingo il collo con le braccia e tiro la testa di nuovo indietro. Enea mi bacia il collo lasciando una scia di baci sempre più in basso.
<<Momento…questo…tutto questo.>> Balbetto sull’orlo di perdere la ragione.
<<Non so di cosa tu stia parlando.>> Afferra il mio viso tra le mani e mi bacia sulla guancia e poi nella fronte fermandosi con le labbra a pochi millimetri dalle mie. <<Sei bellissima.>> Mette le mani sulle mie cosce facendo percorrere i polpastrelli sotto il vestito fino al fondoschiena e con una spinta mi avvicina a lui per porre fine alla distanza che ci divide.
<<Enea.>> Sussurro con un filo di voce, avvinghiata a lui. <<Si?>>
<<Ti prego, baciami.>> Lo supplico.
Affonda una mano tra i capelli, l’altra continua a tenerla sulla mia coscia e finalmente mi bacia: il cuore manca un battito e il respiro si fa affannoso.
Fa scorrere le mani fino a sotto le ginocchia e si alza con me in grembo senza staccarsi dalle mie labbra, mi poggia sul tavolo e affonda i pollici dentro l’elastico dei miei slip in pizzo blu elettrico.
<<No…>> Lo fermo afferrando i suoi polsi. <<…per quanto lo desideri tanto, vorrei andarci piano.>> Sussurro mentre riprendo fiato ma soprattutto conoscenza.
<<Come desidera signorina.>> Mi da una carezza sul viso e mi fa scendere dal tavolo del mancato peccato.
Afferra la mia mano accompagnandomi al banco della sua cucina, riempie un bicchiere di acqua fredda che bevo tutta d’un sorso seduta di fronte a lui.
<<Per quanto riguarda la storia della partenza…>> Fa una pausa e inchioda il suo sguardo al mio. <<Non ho intenzione di andare a Roma, né da nessun’altra parte.>>
Deglutisco a vuoto cercando di contenere la mia felicità. <<Dobbiamo recuperare un sacco di tempo insieme.>> Mi guarda con occhi pieni di malizia. <<Molto.>> Piega le labbra in un sorriso malefico. <<Hai un qualcosa che ti rende diversa da tutte le altre donne che ho conosciuto.>> Sussurra, seduto sullo sgabello di fronte a me, il gomito poggiato sul marmo e il bicchiere in mano.
<<Quindi non partirai?>> Chiedo allibita.
<<No ma ho davvero i miei cari a Roma.>>
<<Non sai quanto io sia contenta che tu non parta.>> Dico ma poi penso alla frase che Enea mi ha detto pochi istanti fa. <<Cosa ho di diverso rispetto alle altre ragazze?>> Chiedo colpita.
<<Nonostante tu sia cosciente del rischio che corri standomi vicina, lo fai lo stesso, non hai paura di me e questo lo apprezzo molto, sei davvero coraggiosa.>> Piega le labbra in un sorriso.
<<Mi fido di te e so che non mi faresti mai del male, anche se diventassi aggressivo.>> Sento gli occhi pizzicarmi.
<<Serena, non prendere troppo alla leggera la mia situazione, non so come potrei reagire perché non sono in me in quel momento, da alcuni giorni qualcosa è cambiato.>> Fa una pausa. <<Quando sento il dolore per la mancanza del liquido, il colore dei miei occhi ritorna blu, abbassando il mio grado visivo, quindi sta sempre attenta, se mai dovesse capitare in tua presenza, ti prego, scappa e vai via lontana da me.>> Sussurra serio in volto.
<<Ma non dovrebbero diventare blu solamente se avessi la macchia?>> Chiedo perplessa.
<<Queste sono le sorprese che ti riserva questo insopportabile DNA associato alla sindrome di Minamata.>> Beve un sorso di liquido. <<Cambiamenti continui.>>
Afferro la sua mano poggiata sul banco e tiro un sospiro.
<<Mi fido di te, in quel momento non provo paura ma vorrei solamente aiutarti, sto molto male quando ti vedo in quello stato, come pochi mesi fa, ricordi? Mi hai fatto spaventare a morte, credevo di averti perso.>> Esclamo terrorizzata pensando a quell’episodio.
<<Tu non mi perderai, non ti abbandonerò mai.>>
<<Purtroppo adesso è meglio che vada.>> Dico con espressione triste, vorrei passare più tempo insieme a lui ma so perfettamente che non posso, ho una casa in cui, a un certo punto della serata, dovrei fare ritorno e dei genitori che mi aspettano.
<<Devi proprio?>> Chiede cercando di corrompermi, si porta alle mie spalle e mi mordicchia il lobo dell’orecchio.
<<Vorrei ma non posso.>> Chiudo gli occhi combattendo l’uragano di sensazioni che mi stanno colpendo, scuoto la testa e mi alzo dallo sgabello.
<<Desidero conoscere tutto di te.>> Sussurro, voltandomi di fronte a lui.
<<Un giorno.>> Mi dà una carezza sul viso. <<Avrai modo di conoscermi.>>
<<Buona notte Enea.>> M’incammino verso la porta.
<<Buona notte, piccola.>> Prima di uscire dall’appartamento mi attira a sé e poggia le sue labbra contro le mie in un bacio, il più dolce che ci sia, vorrei che questo momento non finisse mai, non vorrei più staccarmi da lui ma porto i piedi per terra e a malincuore, vado via.
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Il mistero dei tuoi occhi.
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