Capitolo 5

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Seduta in seconda fila ad ascoltare il prete che da l’estrema unzione alla mia migliore amica mi trattengo dal piangere, stringo la mano in gran segreto ad Enea alla mia sinistra, a destra, seduta, c’è mia madre, a seguire mio padre ed altri genitori di ragazzi che hanno frequentato l’accademia insieme a me, davanti, i familiari di Cherol i quali si confortano a vicenda, provo un dolore immenso a vederli soffrire in questo modo, perdere una figlia così giovane è uno strazio, perdere una figlia in generale è un dolore che un genitore porterà nel proprio cuore per tutta la vita.
Il prete gira attorno la bara bianca ricoperta di Lilium, rose bianche e Gerbere, nella sua tunica viola con dietro due chierichetti intenti a cospargere la zona di incenso.
Al momento della consegna dell’ostia si crea una lunga fila lungo la navata centrale per prenderla. La chiesa è colma di persone, era una ragazza amata da tutti e la sua morte ha lasciato tutti sconvolti, la madre sbraita, il marito l’abbraccia e il fratello viene consolato dalla sua ragazza mentre Cherol esce dalla chiesa portata sulle spalle dai ragazzi dell’Accademia, hanno voluto a tutti i costi portarla loro, Andrew e Mark i primi con le lacrime agli occhi, a seguire Michael e Grayson, a sinistra Robert e Mattew,
l’accompagnano fin davanti la macchina poi la consegnano nelle mani degli addetti dell’agenzia funebre, la madre si fionda sulla bara bianca per dare un ultimo abbraccio alla figlia, il padre si limita a mandargli un bacio con la mano poggiandola contro il legno poi allontana lentamente la moglie dalla figlia e abbraccia anche il figlio, tutti noi rimaniamo insieme ad accomunarci il dolore e l’angoscia che esprimiamo con le lacrime. Il carro funebre inizia a camminare ma io non sono in grado di continuare, le mando un bacio e mi sento di dirle solamente una cosa: “vai mia dolce amica, vai e si felice insieme agli angeli”, con lo sguardo cerco Enea che trovo insieme ai suoi ormai ex colleghi a parlare tra di loro ma la sua attenzione è solo su di me, mi avvicino a loro dopo che tutti iniziano a seguire i cari di Cherol. 
<<Professore Aragona, posso parlarle un attimo?>> Chiedo seria in volto.
<<Certo.>> Ci allontaniamo da tutti.
<<Non me la sento di continuare. Andiamo a casa.>>
<<Serena, stamattina ho chiesto una settimana di permesso da lavoro per cercare Adelaide, non puoi più venire nel mio appartamento, hai trovato un’amica dove andare?>>
<<Si.>> Rispondo seria in volto, non mi aspettavo che arrivasse presto questo momento, volevo passare ancora un po’ di tempo insieme a lui prima che partisse alla ricerca della psicopatica.
<<Dovresti prendere anche tu un permesso da lavoro.>>
<<Perché?>>
<<Non saresti al sicuro se uscissi ogni giorno.>>
<<Ok, accompagnami in sartoria allora.>>
<<Salve professore Aragona.>> Ci interrompe mia madre.
<<Buonasera signori Smith.>> Enea li saluta con fare gentile. <<Con permesso io andrei.>>
<<Arrivederci.>> Rispondono all’unisono i miei.
<<Tesoro, non vieni con noi?>> Chiede mia madre.
<<No, non sono in grado di proseguire, andate voi.>> Rispondo, stavolta con sincerità.
<<Va bene, stasera ritorni?>> Interviene mio padre.
<<No, ve l’ho detto, vado da Nicole per un po’.>>
<<Torna presto tesoro.>> Mia madre mi abbraccia forte come se fosse l’ultima volta che mi vedesse.
<<A presto mamma e papà.>> Gli do un bacio sulla guancia. <<Adesso devo andare.>> Scompaio dietro la chiesa dove trovo Enea poggiato alla sua auto.
<<Andiamo?>> Gli sfioro la mano e salgo in auto.
<<Si.>> Fa il giro del veicolo e mi raggiunge, lo guardo, ha i lineamenti del voto tesi e non proferisce parola.
<<Ho temuto che i tuoi ci scoprissero.>> Sussurra d’un tratto.
<<Anche io ma prima o poi se ne faranno una ragione, spero che quando lo verranno a sapere non ne faranno una questione.>> Tiro un sospiro pieno di speranza.
<<Anche io ma non li biasimo.>> Mi guarda con occhi dolci. <<Come stai?>>
<<Ho passato momenti migliori.>> Mi fiondo su di lui stringendolo in un abbraccio. <<Non puoi rimandare di una settimana la ricerca?>>
<<No, questa è una situazione che devo risolvere subito.>>
<<Ti prego, in questo momento voglio stare solamente insieme a te.>> Lo supplico.
<<Mi dispiace.>> Mi stringe di più a sé, poi andiamo verso la sartoria.

                                ***

I miei superiori sono stati abbastanza comprensivi, mi sento in colpa, come se mi stessi approfittando della loro bontà ma non posso dire loro la verità, cioè che una ragazza con lo stesso DNA del mio fidanzato, o quasi, mi darà la caccia se non porrò fine alla nostra storia. Ho detto loro che ho bisogno di una settimana di pausa per riprendermi dalla morte della mia migliore amica.
Una volta uscita da lavoro mi dirigo verso la Mercedes di Enea parcheggiata due auto avanti la mia ma lui non è dentro, all’improvviso qualcuno mi afferra da dietro, mi stringe le braccia ai fianchi e quando sto per gridare mi tappa la bocca con la mano destra, comincio a temere il peggio: e se fosse qualche maniaco oppure un uomo mandato da Adelaide? Solo quando mi fa voltare posso tirare un sospiro di sollievo: è lui, il mio grande amore, sorridente e con le fossette sulle guance, mi dà un bacio sulla fronte ed io gli rivolgo un sorriso.
<<Che fai? Guarda che Matías conosce mio padre e può dirglielo.>> Lo ammonisco cercando di allontanarmi da lui, Enea mi carezza una guancia con i polpastrelli e con l’altra mano scende lungo la mia colonna vertebrale fino al fondo schiena avvicinandomi a sé.
<<Sai? Mentre ti aspettavo ho capito una cosa.>> Sussurra contro le mie labbra.
<<Cosa?>> Chiedo con voce tremante.
<<Che non temo di mostrare l’amore che provo per te al mondo e lotterò per rimanere a qualunque costo insieme a te.>> Dice d’un fiato.
Rimango a bocca aperta, amo più della mia vita quest’uomo e adesso che partirà non so se sarò in grado di affrontare tutto da sola.
Mi rivolge un sorriso. <<Allora bella signorina dove abita Nicole? Dimmi e ti seguirò.>>
<<A dieci minuti da qui, le ho telefonato ieri pomeriggio e le ho detto se le andava bene che dormissi una settimana da lei per stare un po’ insieme, è molto felice di rivedermi, seguimi, ti faccio strada.>> Salgo sulla mia auto e inizio a fare strada mentre Enea mi segue lungo tutto il tragitto.
Arrivati a destinazione, parcheggio sotto l’appartamento di Nicole e lui si costeggia con la macchina accanto la mia.
<<Amore.>> Mi sussurra alle spalle.
Mi volto a guardarlo, non mi piacciono i saluti.
<<Buona settimana allora.>> Piega le labbra in un sorriso.
<<E tu cerca di tornare prima di una settimana.>> Corro verso la sua auto ed entro con la testa dentro il finestrino, quando lo bacio ho la strana sensazione che questo non è affatto un bacio di arrivederci ma un bacio di addio.

                             ***

Sono passati tre giorni da quando Enea è andato via e ci sentiamo una volta al giorno, ha cercato Adelaide per tre giorni consecutivi senza fermarsi, ovunque, persino a casa, dove è andata ad abitare con il marito ma niente, non ci sono tracce, niente di niente, non c’è una pista concreta, è stata molto furba a cancellare le proprie tracce.
Mentre scendo le scale dell’edificio dove si trova l’appartamento di Nicole vedo una persona vestita di blu scuro, scarpe nere e con un passamontagna anch’esso nero, si intravedono a malapena gli occhi ma non posso identificarne il colore, tiene i pugni stretti e tremanti. Non so se gridare e chiedere aiuto oppure stare ferma e aspettare che faccia il primo passo. Devo scappare? E se ha una pistola?
<<Questa è l’ultima volta che ti avviso, dimenticalo, altrimenti farai una brutta fine.>> Dice con voce rauca mentre corre verso di me e mi afferra dalle spalle.  Non appena finisce di parlare sento una lama e un bruciore immediato perforarmi il fianco, poi Adelaide scappa, sento all’istante un senso di debolezza su tutto il corpo, le gambe cedono e cado per terra, mi sento svenire e un dolore atroce si dirama dal fianco verso tutti gli arti, devo rimanere sveglia.
“Serena devi resistere, resisti, resisti…” mi ripeto in mente mentre con la mano cerco di tamponare la ferita, inizio a tossire e a sputare sangue, ho tanta paura, non avrei mai pensato di morire così…giovane, con tutta la vita d’avanti, da sola, in una scalinata dove raramente passa qualcuno a quest’ora del giorno. I minuti passano velocemente e le possibilità di morire aumentano sempre di più. C’è un silenzio assordante, atroce, da far paura ma riesco a sentire dei passi avvicinarsi verso di me, nonostante l’udito ridotto e la vista annebbiata, temo che Adelaide ritorni per darmi il colpo finale.
<<Serena.>> Grida Nicole. <<Ma chi è stato a farti questo? Serena, Serena…>> Continua a gridare.
Pian piano la voce della mia amica diventa sempre più flebile. <<Serena, stai sveglia, non ti addormentare.>> Mi dà dei piccoli schiaffetti sulla guancia per tenermi sveglia, dopodiché la sento chiamare i soccorsi e dare i suoi connotati.
Passano dieci minuti prima dell’arrivo dell’ambulanza ma io non riesco più a tenermi sveglia e cado nell’abisso più profondo.
Quando riapro gli occhi vedo i miei genitori poi mi guardo intorno: un bip assordante, pareti bianche…capisco di essere in una stanza d’ospedale. Sento un po’ di dolore al fianco che pian piano si estende dal bacino fino all’ombelico.
<<Enea…Adelaide…>> Sussurro con voce rauca.
Sento mio padre chiamare il dottore con tono di voce alto.
<<Che succede qua?>> Dice il medico non appena entra nella stanza.
<<Mia figlia si contorce dal dolore da cinque minuti e da quando si è svegliata non smette di pronunciare i nomi di Adelaide ed Enea.>> Dice con tono preoccupato mio padre.
<<Il dolore che prova è normale, sta per finire l’effetto dell’anestesia, ha il ferro un po’ basso e anche la pressione, i valori si sistemeranno con il tempo, non vi preoccupate. Per i nomi che pronuncia non so dirvi, quando è pienamente cosciente le domanderete il motivo ma mi raccomando, fatela riposare, ne ha bisogno.>> Li rassicura mentre controlla se il resto dei miei valori sono nella norma.
Continuo a pronunciare imperterrita quei due nomi, mi sento triste e mi manca dannatamente Enea, chissà cosa starà facendo in questo momento, avrà trovato Adelaide? Ha saputo che mi ha aggredita? E se gli facesse del male? La mia vita non ha più senso senza di lui, senza le sue carezze, le sue labbra e i suoi abbracci.
<<Ehi!>> Si avvicina con espressione dolce Nicole. <<Come ti senti?>> Si siete sul letto al mio fianco.
<<Sono stata meglio.>> Piego le labbra in un sorriso.
Lei ricambia e mi stringe la mano mentre tira un sospiro di sollievo. <<Ho avuto tanta paura, Serena.>>
<<Anche io.>> Guardo fuori la porta e vedo mio padre parlare con il dottor Costner, guardo mia madre parlare al telefono poi sposto lo sguardo sull’orologio appeso nella parete interamente bianca della mia stanza, sono le dieci e trenta di sera, “con chi sta parlando a quest’ora della sera?” cerco di guardare meglio e noto che sta usando il mio cellulare, perché ha il mio cellulare? 
<<Con chi sta parlando mia madre?>> Chiedo perplessa a Nicole.
<<Non so, se vuoi posso origliare.>> Dice con espressione malefica.
<<Non si ascoltano le conversazioni degli altri.>> Le do una dolce pacca sul braccio. <<Piuttosto…>> La guardo in viso, sembra tranquilla rispetto all’ultima volta che l’ho vista. <<…Cosa è successo dopo che ho perso i sensi?>>
<<Il tuo cuore ha smesso di battere.>> Sussurra con espressione piena di terrore. <<Sono stata insieme a te per tutto il tempo, sono salita in ambulanza e i paramedici hanno fatto tutto il possibile per rianimarti e, dopo il terzo tentativo con il defibrillatore, il cuore, pian piano, ha ricominciato a battere.>> Tira un sospiro di sollievo. <<Giunti in ospedale, ti hanno portato subito in sala operatoria, l’operazione è durata per ben quattro ore, una volta uscito, il chirurgo ci ha informato dell’esito dell’intervento...>>
<<Voi chi?>> Aggrotto la fronte.
<<Io e i tuoi genitori.>>
<<Li hai chiamati tu?>> Alzo un sopracciglio, saranno morti di paura, non è bello sentirsi chiamare e scoprire che tua figlia è sotto i ferri in sala operatoria poco dopo aver assistito al funerale di una sua coetanea, non voglio immaginare cosa hanno provato ma riesco a pensare come si sono sentiti, sono la loro unica figlia e sono la loro vita.
<<Si, ho preso il tuo cellulare, l’ho trovato qualche scalino sotto di te.>> M’informa.
<<E poi?>>
<<I tuoi genitori quando sono arrivati erano in preda al panico, come me, il dottore ha detto che l’intervento è andato bene, sei stata colpita da una coltellata che fortunatamente non ha danneggiato seriamente nessun organo.>>
Come dimenticare quel coltello! E come dimenticare la voce piena di odio di Adelaide, come fa a sapere che Enea è alla sua ricerca?
<<E poi? Cosa vi ha detto?>>
<<Che potevamo vederti a breve e ci ha dato il consenso a stare insieme a te fin quando non ti saresti svegliata del tutto.>>
Annuisco.
<<Senti dolore? Il dottore ci ha detto che ne avresti sentito un po’ dopo la fine dell’antidolorifico.>> Mi carezza i capelli. <<Ha detto anche che hai perso tanto sangue e dovresti riposare.>> Piega le labbra in un sorriso. <<Sai? Il dottore è un bel tipo.>>
<<Nicole!>> L’ammonisco.
<<È un bel moro, con occhi verdi, barbetta di qualche giorno, capelli mossi e un fisico da urlo.>> Nicole tira un sospiro tipico di chi sogna ad occhi aperti.
<<Mh.>> Alzo un sopracciglio. <<Interessante.>> Lo guardo mentre parla ancora con mio padre e in effetti non ha tutti i torti ma poi penso ad Enea e nessuno è più bello di lui, non lo cambierei con nessuno, tiro un sospiro, mi manca tanto e in questo momento vorrei averlo accanto. 
<<Serena…>> Esclama ad alta voce mentre entra proprio lui nella stanza. Oh la sua voce, mi giro di scatto e lo vedo, indossa un paio di jeans e maglia a mezze maniche grigia, ha il fiatone ed è bellissimo.
<<Professore Aragona?>> Nicole guarda confusa prima lui e poi me. <<Cosa ci fa qui lui?>>
Enea si porta al mio fianco e poggia la mano sinistra conto la mia fronte, mi afferra la mano, sedendosi al mio fianco. <<Come stai?>>
Entrambi ignoriamo la domanda di Nicole, ho occhi ed orecchie solo per lui, non riesco ancora a credere che si trova qui accanto a me, gli tocco il braccio, strofino i polpastrelli contro la sua barba incolta e sento gli occhi pizzicarmi.
<<Adesso che ci sei tu va meglio.>> Piego le labbra in un sorriso e ignoro il dolore che mi perfora il fianco, poi guardo alle sue spalle e vedo mio padre fermo sulla soglia della porta, poi guardo Enea e lo incito a girarsi.
<<Salve, sua moglie mi ha chiamato per chiedermi di recarmi qui.>> Lo informa.
<<Perché ha chiamato proprio lei?>> Aggrotta la fronte mentre tiene le braccia conserte con espressione seria.
Stringo leggermente la mano di Enea facendolo girare per guardarmi. <<Non ti preoccupare, rispondi.>> Sussurro e lo vedo voltarsi a guardare mio padre. 

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