Non poter parlare di ciò che più ci piace, di ciò che ci definisce davvero, non poter essere liberi di farlo o meno, è come trovarsi nel bel mezzo di una folla di completi sconosciuti che badano solo a dove vogliono andare loro e che per arrivarci ti spintonano da una parte all'altra, dove gli sei più comodo.
John si sentiva oppresso dalla folla da tutta la vita. Ogni giorno, quando apriva bocca per dire qualcosa, doveva sempre ponderare attentamente ciò che avrebbe voluto dire. A volte mentiva, molto più di quanto voleva.
-Adoro giocare a calcio.- lo diceva, ma non era vero.
"In realtà sì, sono bravo a calcio, ma mi piace solo guardarlo." non poteva dirlo, per un ragazzo, un maschio della sua età era troppo insolito.
-Vorrei diventare un dottore da grande- diceva anche questo, almeno era vero.
"Ma mi piace anche scrivere." questo rimaneva solo nella sua testa.
-In famiglia è tutto a posto.- bugia.
"Mia sorella ha problemi con l'alchol e ha solo venticinque anni." qualcosa di drasticamente vero ma che doveva essere trattato come inesistente.
-Ho avuto due ragazze.- ottima argomentazione, nonostante non abbiano suscitato il suo interesse nemmeno quando avrebbero dovuto.
Sono gay. Questo non doveva neanche pensarlo.
***
Le persone erano un libro aperto per Sherlock. Anche dando una rapida occhiata dal finestrino dell'auto in movimento, poteva intuire l'età di una persona, la sua professione, se stava andando a casa o da qualche altra parte.
"Donna sui trentotto anni, taglio di capelli irregolare con ancora i segni di una vecchia tinta, abbigliamento casual, vestiti non stirati né lavati, ne ha pochi e li riusa spesso, non fa shopping da tanto, non si prende cura di sé stessa da molto tempo, disoccupata, ha la fede, la mantiene il marito, col quale le cose non vanno bene, infatti sta tornando a casa dopo una camminata fatta nel tentativo di rilassarsi, non si è nemmeno portata una borsa, ma sta mordendo la propria sciarpa e strofinando le cosce con le mani, segno che non è contenta del rientro, sa che il marito è ancora in casa e dovrà affrontarlo." poi la donna scomparve dalla sua vista e con lei le deduzioni.
Dedurre era un'ottima distrazione. Non gli andava di pensare allo psicologo dal quale era appena stato, aveva già eliminato la diagnosi di quell'uomo dalla mente, ma sapeva che i suoi genitori non avevano fatto lo stesso e che ne avrebbero voluto parlare, probabilmente a cena, motivo per cui l'avrebbe saltata, tanto ormai non lo rimproveravano più per questo. Loro erano presenti durante la visita, le loro espressioni poco convinte gli suggerirono che quello psicologo non li aveva soddisfatti, ma erano comunque ancora preoccupati, lo avrebbero portato anche da qualcun altro. Era solo il primo.
Sherlock non avrebbe voluto farle le visite. Lo sapeva già da solo cos'era e sapeva anche che raccontare i fatti propri a uno sconosciuto non lo avrebbe cambiato, ma il problema era proprio questo, lui doveva cambiare. Lui non piaceva a nessuno, doveva essere lui ad adattarsi agli altri, perché non va bene che un ragazzo faccia il saccente, non va bene che un ragazzo trovi vera soddisfazione solo nel risolvere crimini, specie gli omicidi. Quindi meglio tentare una terapia che starsene con le mani in mano.
***
La teneva sempre al buio, la propria camera. Riteneva la luce troppo distraente, anche se non c'erano molte cose che potessero distogliere la sua mente da ciò che faceva o, per lo più, pensava.
E poi odiava quella camera, non l'ha mai ritenuta davvero sua, in effetti non lo era, anche per questo faceva entrare pochissima luce, così l'avrebbe vista il meno possibile, anche se ha ricevuto spesso rimproveri in quanto, secondo i suoi terapeuti, questa scelta "ostacola la terapia".Non c'è da stupirsi che non vedesse l'ora di andarsene da lì.
-Avevi detto che mi avresti fatto uscire. L'hai detto mesi fa.- non voleva avere un tono di voce troppo perentorio, ma stava davvero cominciando a spazientirsi.
-A suo tempo. Ti ho detto che ti farò uscire e lo farò. Ma prima, ho bisogno che mi parli ancora di lui.-
Inizialmente stette semplicemente in silenzio, quasi per protesta, ma sapeva di dover dare tutte le informazioni possibili per ottenere la libertà e, soprattutto, l'affetto del suo interlocutore.
-Cos'altro dovrei dirti? Oltre al suo carattere, non ci sono molti particolari rilevanti.-
-Beh, se intendi che non ha legami con altre persone, mi dici comunque cose importanti. Ormai ne ho delineato un buon profilo caratteriale, so come potrei batterlo, ma ho bisogno della tua conferma.-
Non dovette pensarci molto.
-È più facile di come sembra. Non devi dargli uno schema che possa condurlo a te ma non devi neanche essere troppo istintivo.- il sorrisetto che vide apparire confermò che la pensavano allo stesso modo.
-È così deludentemente prevedibile.- e di nuovo quel sorriso. Molti lo avrebbero trovato inquietante, ma la persona che ci stava parlando no. Questa persona lo trovava, in qualche modo, rassicurante. Si sentiva a casa, molto più che in quella camera, nonostante fossero entrambi la conferma della sua pazzia.
Angolo Autrice:
Salve! Questa è la prima Teenlock che scrivo e penso proprio di essere la prima che si chiede come andrà. Dico da subito che se finirà come penso, ci sarà sicuramente un sequel.
Inoltre vi avverto del fatto che il mio rapporto con le scadenze è al quanto conflittuale, aggiungiamoci pure che con la scuola la cosa si moltiplica e siamo a posto. Spero non mi abbandoniate subito per questo! Anzi, spero di aver incuriosito anche voi con questo prologo.
A presto!
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REMEDY || Johnlock (in pausa)
FanfictionJohn si sentiva oppresso dalla folla da tutta la vita. Ogni giorno, quando apriva bocca per dire qualcosa, doveva sempre ponderare attentamente ciò che avrebbe voluto dire. A volte mentiva, molto più di quanto voleva. "Sono gay". Questo non doveva n...