Capitolo 3

169 16 10
                                    

La mensa della scuola era forse l'unico posto in cui i professori potevano solo arrendersi alle chiacchiere degli studenti, tanto un minimo di brusio restava sempre. Era anche il posto in cui la scala sociale degli alunni era più evidente: il tavolo più grande e al centro della sala era per gli sportivi, o per le loro ragazze o i loro amici, se venivano ritenuti "all'altezza" dall'intero gruppo, per il resto i tavoli attorno sembravano i pianeti che ruotano attorno al sole e poco importava se una persona non si sedeva sempre nello stesso posto, la cosa importante era non intaccare l'equilibrio degli sportivi, dei "popolari". C'erano i tavoli dei nerd, degli artisti, dei letterati, degli scientifici, dei punk, di qualsiasi cosa che possa essere indicata come "categoria di persone". C'era anche chi non sentiva di appartenere a nessuno di quei gruppi e voleva semplicemente mangiare insieme ai suoi amici, caso assurdamente più raro.

John si sedeva al tavolo centrale, era praticamente un obbligo per il capitano della squadra di calcio. Greg non giocava, ma era suo amico ed era stato autorizzato a stare con loro e per John era davvero una fortuna, altrimenti era probabile che sarebbe stato sempre in silenzio, a far finta di essere interessato alle conversazioni superficiali dei suoi compagni, atteggiamento assolutamente inaccettabile da parte del capitano, colui che sarebbe dovuto essere la colonna portante della tavolata.

Ma quel giorno neanche Greg era in grado di fargli dire una frase che contenesse almeno più di due parole. Non riusciva a fare altro che pensare al giorno precedente, all'opportunità (o allo svantaggio, dipende a chi si chiede) che aveva mancato.

Avrebbe potuto condividere la camera con Sherlock, che lo incuriosiva ogni giorno di più, nonostante l'atteggiamento gelido che aveva avuto con lui. Anzi, forse era anche quello a renderlo curioso.

Lo cercava sempre con lo sguardo, quando erano a mensa, ma non lo trovava mai, neanche a mangiare da solo, dove, doveva ammetterlo, pensava fosse logico trovarlo. Ma lui non c'era mai.

Non era a fare la fila per il cibo, non era a nessun tavolo, non era a girare per i corridoi nel momento in cui si scendeva al piano terra per entrare a mensa.

In effetti, doveva esserci un motivo per la sua magrezza, che probabilmente un nutrizionista avrebbe indicato come allarmante. John non aveva neanche visto del cibo nel suo minifrigo e si augurava che non arrivasse a mangiarsi le budella di chissà chi.

La mensa aveva un solo lato con delle finestre, ma ne era completamente composto e da lì si poteva vedere il giardino interno della scuola, attorno cui c'erano alcuni corridoi che portavano ad alcune aule e laboratori. E fu lì, davanti alla porta del laboratorio di scienze, che John vide finalmente Sherlock. Stava entrando nella stanza portandosi con se un sacchetto trasparente e anche se era lontano da John, quest'ultimo era decisamente sicuro che fosse il sacchetto di dita che aveva visto nel suo minifrigo.

Finì di mangiare più velocemente possibile, tanto che si dovette preparare mentalmente a una probabile indigestione, salutò velocemente i suoi compagni e corse verso l'uscita della mensa.

A passo svelto, il giusto per sbrigarsi ma non avere il fiatone, non ci teneva a sembrare un ossessionato, attraversò il corridoio che portava al laboratorio, puntò deciso verso la porta, afferrò la maniglia e...

E si fermò.

Ma che mi è preso?

John scosse la testa, sospirò e cercò di trovare un valido motivo, oltre a Sherlock (motivo che comunque non era del tutto chiaro neanche a lui), per giustificare la sua presenza lì.

Decise di dirgli che aveva perso l'astuccio e voleva controllare se fosse nel laboratorio.

Prese un ultimo grande respiro e finalmente aprì la porta ed entrò.

REMEDY || Johnlock (in pausa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora