Sherlock e lo psicologo avevano passato una decina di minuti in silenzio. L'uomo l'aveva salutato, ma il ragazzo, dopo essersi sbattuto la porta dietro, si era limitato più a cadere che a sedersi sulla poltroncina, senza mai guardare l'altro.
-Non hai nulla da raccontarmi, Sherlock?- il ragazzo alzò gli occhi, ma continuò a non dire niente -Proprio nulla?- silenzio assoluto.
Lo psicologo si segnó un appunto su un quadernino. Non era il loro primo incontro, ma anche le altre volte Sherlock non sì era degnato di dire una parola e così il dottore si era ritrovato con neanche mezza pagina scritta su quel ragazzo.
-Sherlock, perché vieni qui?- l'istinto di rinfacciare domande che hanno risposte palesi prevalse sul mutismo di Sherlock.
-È ovvio. Lei non può dire ai miei genitori in cosa consistono queste sedute, ma può dire loro se mi presento o meno.- l'uomo annuì leggermente con un accenno di sorriso.
-Finalmente sento la tua voce.-
-L'aveva già sentita. Alla prima visita, quando ci presentammo.- replicò Sherlock sbuffando.
-Certo, hai ragione.-
-Lo so.- lo psicologo si trattenne dallo sbuffare. Era uno psicologo scolastico, quindi era abituato a tutte le bizzarrie adolescienziali, ma Sherlock era tutto meno che un adolescente. Sherlock era mentalmente definibile o come un bambino o come un adulto, non aveva una via di mezzo.
-Come ti è andata oggi la giornata?- le sedute non potevano proprio più andare avanti in quel modo.
-Senta, se vuole che io risponda alle sue domande, ne faccia di più intelligenti. Lo sa come mi è andata la giornata, o per lo meno può tirare a indovinare.- finalmente sul quadernino venne scritta una frase diversa.
Determinato ma alla lunga non regge la noia.
-Perché dici così?- Sherlock ripensò all'incontro con gli amici di Ian, al fatto che non era la prima volta che gli capitava una cosa del genere. Inevitabilmente, ripensò a quel che gli aveva detto John quella mattina.
Non ci tengo particolarmente a farmi mandare a fanculo.
In fondo sapeva cosa intendesse in realtà John, ma questo non lo aiutava, gli creava solo confusione, non capendo perché se la stesse prendendo tanto.
-Dico così perché lei non mi sopporta, così come chiunque in questa scuola. Anche se non fosse sicuro, di certo avrà ipotizzato almeno una volta che qui tutti cercano di farmi avere un'esperienza scolastica infernale.- lo psicologo restò senza parole per qualche secondo. Quel ragazzo sarebbe potuto essere il primo a farsi un'autoanalisi corretta, cosa che gli fece venire in mente un paio di domande.
-Cosa ti fa pensare che io non ti sopporti?-
-Sono il classico studente intelligente che non si applica. Con me probabilmente ha una frustrazione ancora più alta contando quanto io sia oggettivamente più intelligente di tutti.-
Alta autostima e consapevolezza.
-Se per te questa scuola è un inferno, perché non cerchi di cambiare le cose?- Sherlock fece un sorriso sarcastico.
-Ho detto che tutti cercano di farmela vivere come un inferno. Non ho mai detto che ci riescono.- il dottore scosse leggermente la testa, guardò l'orologio e abbandonò la penna sul tavolo, ma non prima di scriverci un'ultima frase.
Sa mentire bene.
-Puoi andare, la seduta è finita.-
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REMEDY || Johnlock (in pausa)
FanfictionJohn si sentiva oppresso dalla folla da tutta la vita. Ogni giorno, quando apriva bocca per dire qualcosa, doveva sempre ponderare attentamente ciò che avrebbe voluto dire. A volte mentiva, molto più di quanto voleva. "Sono gay". Questo non doveva n...