Reckless

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Erano passate già due ore dalla scomparsa di Hazel, ed io già mi sentivo annegare. Non sapevo come avrei affrontato le prossime ore.

Ero a casa ed indossai abiti più comodi, saremmo dovuti andare alla base per parlare con mia madre del danno che avevo fatto. Già non vedevo l'ora di sentire la sua ramanzina.

Sciacquai velocemente il viso, lo asciugai con una tovaglia e poi corsi al piano di sotto. Justin stava parlando al telefono, forse stava avvertendo mia madre, o forse qualche suo collega.
In ogni caso, aspettai che finisse ferma sulla porta del salone. Mi guardai attorno e niente cambiò dall'ultima volta che venni qui, a Natale. Forse l'unica cosa che mancava era l'albero, quello che Justin ed Hazel avevano decorato insieme e il primo in cui la bimba mise la stella sulla punta.

«hey, andiamo?» sussurrò Justin a qualche centimetro da me, risvegliandomi dai miei pensieri. Io annuii e abbassai lo sguardo, afferrai la mia borsa poggiata a terra e poi lo seguii fuori casa.

Salimmo in auto e qualche secondo dopo partì, mentre io mi misi comoda sul sedile.
Poggiai il capo sul finestrino e guardai fuori, chiedendomi come io abbia fatto ad essere così imprudente.

Sentii qualcosa di caldo appoggiarsi sul mio ginocchio e capii subito fosse la mano di Justin, così senza neanche pensarci la strinsi nella mia. Lui ricambiò la stressa e con il pollice accarezzo il mio palmo, poi scosse leggermente la mia mano, incitandomi a guardarlo.

Quando frenò ad un semaforo rosso, voltai lo sguardo verso di lui, che mi stava già guardando.

«come fai a stare così calmo?» quasi sussurrai, spostando lo sguardo da lui alla strada di fronte a noi.

«anni ed anni di esperienza» mormorò, quasi volendo sdrammatizzare. «sono preoccupato quanto te, ma lo sai che dobbiamo mantenere i nervi saldi» riprese poco dopo.

Io mi limitai ad annuire ma proprio non volevo tenere quella domanda per me. «perché non mi hai ancora urlato contro? Hazel è la tua vita, ed io sono stata un irresponsabile» dissi, poggiando il braccio sullo sportello dell'auto e il capo sulla mano.

«non avrebbe senso» rispose e ripartì quando scattò il verde. «rimproverarti è inutile, non ci aiuterà a ritrovarla»

«si, ma neanche un "è tutta colpa tua, dove avevi gli occhi?"?» chiesi quasi imitando una voce maschile simile a quella di Justin.

«prima di tutto, io non parlo in quel modo» sbottò puntandomi un dito contro. «secondo, lo sai bene che ci penserà tua madre a dirti queste cose» precisò.

Mi limitai ad annuire. Mia madre mi avrebbe urlato contro dalla testa ai piedi, mi avrebbe fatto una ramanzina da lì fino alla fine dei miei giorni. Sapevo di meritarmela, solo avrei preferito Justin al suo posto.

Qualche minuto dopo arrivammo alla base, Justin posteggiò l'auto e insieme scendemmo. I nostri passi erano svelti, come se volessimo arrivare lì il prima possibile, nonostante fosse poco più di cinque metri la distanza che ci separava dall'auto all'ingresso.

All'interno niente era diverso, era sempre un via vai di gente con fogli in mano che svolazzavano ovunque, altra gente che invece batteva freneticamente le dita sulle tastiere dei computer.. Nonostante tutto regnava sempre il silenzio.

Continuammo a camminare dritto, fino a quando non entrammo nell'ufficio di mia madre senza neanche bussare.

Lei alzò il viso dal suo computer e mi rivolse un sorriso smagliante quando mi vide.

«tesoro!» quasi urlò.

Guardai Justin per un attimo, intento a mordersi il labbro mentre chiudeva la porta dietro di noi. La donna su avvicinò a me e quasi si buttò addosso abbracciandomi.

𝘾𝙄𝘼 - 𝘾𝙚𝙣𝙩𝙧𝙖𝙡 𝙄𝙣𝙩𝙚𝙡𝙡𝙞𝙜𝙚𝙣𝙘𝙚 𝘼𝙜𝙚𝙣𝙘𝙮 𝟮 ➳ 𝙟𝙗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora