Chapter 2: Jet Black Heart

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«Tutto questo è surreale,» borbotto, addentando una fetta di pizza. Calum Hood inarca un sopracciglio e «Sarà la decima volta che lo ripeti. Cosa ci trovi di tanto strano?» chiede.

Ingoio il boccone e prendo un sorso dalla bottiglietta d'acqua. «Punto uno: fino a pochi minuti fa eravamo tutti nello stesso luogo per lo stesso scopo. Luke Hemmings, il ragazzo più popolare della scuola, Calum Hood il festaiolo, Michael Clifford il pazzo, Ashton Irwin l'asociale ed io, la troia della scuola che tutti si divertono a beffeggiare. È strano e, punto due: ora siamo in un pub aperto anche la notte di Capodanno, a mangiare una pizza come fossimo amici di vecchia data mentre mancano solo dieci minuti alla mezzanotte. Non puó essere reale.»

Michael mi guarda e ghigna. «E cosa definisce la realtà? Ció che hai davanti agli occhi o ció che ci vorresti avere? E se la realtà fosse solo qualcosa di superficiale?»

Il cibo mi va di traverso e inizio a tossire convulsamente. «Cosa?! Io neanche vi conosco, ho sentito i vostri nomi per caso dalle solite voci di corridoio e— Ti ricordo che prima di venire qui volevi buttarti dal palazzo più alto della città, merda.»

«E non ero l'unico, a quanto pare.»
«Io credo che sia fico,» si intromette Hood, allontanando le labbra dalla bottiglia di birra. «Insomma, credo nel Destino. Se ci trovavamo tutti lassù, c'è un motivo. Ci deve essere per forza.»

«Tappati quella bocca e piantala con le strane teorie del Confucianesimo, Hood.» Ashton si lascia andare in uno sbuffo e lancia un'occhiata al suo orologio da polso. «Mancano cinque minuti.»

Il pub è completamente vuoto, eccezione fatta per il proprietario che si è addormentato sulla cassa. Mi guardo intorno senza interesse, mentre le macchine continuano a sfrecciare per le strade nonostante sia la notte di Capodanno.
Mi alzo in piedi, prendo cinque lattine di Coca-Cola, lascio cinque dollari sul bancone e torno al tavolo.
Hood arriccia il naso mentre apre una delle lattine. «Meglio di niente».

Aspettiamo in silenzio.

Quando sentiamo l'inizio del countdown da un gruppo di persone che si affollano sul marciapiede, ci fissiamo tra noi e sorrido, perchè questo è il capodanno più strano della mia vita.
«Tre,»
«Due»
«Uno»
«Vi auguro una morte meno dolorosa possibile!»
Alziamo in alto le lattine e brindiamo, nella totale solitudine mentre i fuochi d'artificio esplodono e urla festanti si riversano per le strade di Sydney.

Mi sento come se fossi appena scampata... be', alla morte.

«Quando le vacanze natalizie saranno finite... nessuno di noi si ricorderà più nulla di questa notte, giusto?» Luke Hemmings, che fino ad ora se n'è stato in totale silenzio, butta fuori la domanda che mi assillava da quando ci siamo trovati tutti e cinque sul tetto dell'edificio. Michael assottiglia gli occhi e ghigna di nuovo. «Cos'è, Hemmings, hai paura che la tua popolarità venga messa a rischio se venisse detto in giro che volevi lanciarti dal palazzo più alto della città?»

«Io me ne sono già dimenticato» asserisce Calum, alzando le mani in alto. Luke abbassa lo sguardo e Michael sbuffa una risata, poi prende un altro trancio di pizza e se lo porta alla bocca.

«Avete intenzione di rifarlo? Intendo, se la prima volta non è quella buona, magari la seconda sì. Per quale motivo volevate buttarvi da lassù?»

«Smiths, non parlare come se tu non ci fossi stata.» Hood incrocia le braccia al petto e mi guarda con sfida. Mi stringo nelle spalle. «Allora ti diró il motivo per cui volevo farlo. E credo che tu abbia capito fin dall'inizio che sei tra una delle ragioni.»
Calum non proferisce parola, si limita ad alzare gli occhi al cielo e prendere un altro sorso di birra.

«La mia è stata più una sensazione», si affretta a dire Luke, per evitare un eventuale litigio tra me e il moro. Tutti spostiamo lo sguardo su di lui. «È arrivata all'improvviso. Sono arrivato in un momento della mia vita in cui ho sentito... non so, qualcosa che mi spingeva a salire fin lassù. Come una voce.»

«Credimi, amico» Michael ingoia il sorso di Coca-Cola e «Convivo con le voci da anni, ormai. Avresti dovuto farla finita prima che fosse già troppo tardi», dice.

«Ora è troppo tardi?»

«Non è mai troppo tardi. Solo che noi umani tendiamo a dare al tempo una durata, perchè vogliamo sentirci sempre più potenti di ogni cosa e – ti sembrerà cinico — ma questa notte avete superato una tappa della vostra vita e ne state iniziando un'altra. Di gran lunga peggiore.»
Un ampio sorriso accompagna le sue parole e spalanca le braccia, come ad invitarci in un abbraccio. «Benvenuti all'inferno, bastardi.»

Poi si alza, prende un trancio di pizza dal cartone ed esce dalla porta del pub, scomparendo tra la folla di gente che pullula strade e marciapiedi.

Calum schiocca la lingua sul palato e ridacchia.
«Quel Clifford è più matto di me.»






Guardo fuori dal finestrino e sospiro.
«Ha qualcosa che non va,» asserisco, sovrappensiero.
Calum, seduto nei sedili posteriori affianco a Luke, mi guarda come se avessi detto la cosa più ovvia di tutte.
«Ci hai messo un po' per arrivarci. Io me ne sono accorto quando correva come un matto verso il cornicione del palazzo.»

«Avevamo le sue stesse intenzioni».
«Non ho mai detto che noi non siamo matti come lui. Ho solo confermato la tua affermazione.»

Luke alza il volto dallo schermo del display. «Ashton, puoi andare un po' più veloce?»
«Hai il coprifuoco?» lo beffeggia Calum, mentre il riccio alla guida preme il piede sull'acceleratore, costringendomi a mettere la cintura. Era l'unico ad avere la macchina, una vecchia automobile di terza –se non quarta— mano, perció si è offerto di darci un passaggio. Probabilmente voleva accertarsi che non avessimo avuto manie suicide durante il viaggio di ritorno verso casa.

Luke sbuffa e indica ad Ashton la via da prendere. Quando arriviamo davanti a una schiera di villette, Calum spalanca la bocca.
«Seriamente, Luke? Volevi buttarti giù da un palazzo mentre a casa tua era in corso una festa da sballo?»
Esce subito dall'abitacolo, sbattendo lo sportello e richiamando così le imprecazioni di Ashton.
«Grazie per il passaggio,» dice Luke. Si passa una mano tra il ciuffo di capelli biondi e accenna un sorriso che è più finto delle ciglia di Abigail Monk.
Ashton fa un cenno con il capo, poi Hood e Hemmings si dirigono lungo il vialetto di ciottoli che conduce all'entrata dell'abitazione.
Ci sono decine e decine di persone che festeggiano, bevono o si divertono in piscina e io rimango semplicemente ad osservarle.
Mi sento come se questa notte avessi perso ogni possibilità di essere felice di nuovo, e quelli che lo sono al posto mio non posso fare a meno di criticarli.

Perchè divertirsi quando il mondo è un'enorme schifezza e troppe persone soffrono a causa sua?

«Va bene,» Ashton mi guarda. «Dove mabiti?»
Mette in moto, riscuotendosi dai suoi pensieri. Probabilmente eravamo afflitti dalla stessa piaga.
«Newtown Street, Pritchard Road. Continua dritto fino all'incrocio.»

𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora