Michael
Sono le sette quando esco dalla doccia. Luke dovrebbe essere fuori dalla mia finestra tra circa trenta minuti. Mi vesto, infilo nelle tasche qualche banconota racimolata dal fondo del comodino e mi siedo sul materasso. Guardo fuori dalla finestra.
Sette e un quarto.Aspetto ancora. Mi alzo dal materasso e studio la parete frontale al letto. Le lettere sono ancora lì, lasciate in bella vista dalla notte del 31 dicembre. Quella per mia madre e quella per me stesso.
Mi avvicino in fretta e le stacco dalla parete, facendole a pezzi. Con forza, quanto più in fretta possibile, le straccio e poi ficco tutti i pezzetti nel cestino.
Poi tiro fuori la busta della spazzatura che li continene, la chiudo con un nodo e faccio per portarla fuori quando il telefono squilla, segno che è appena arrivato un messaggio. È di Luke.
Sorrido e sblocco il display, aprendo la sua chat.Scusami, non posso venire. I miei mi hanno vietato di uscire per quello che è successo con Malik in palestra. Mi dispiace. Ti amo.
Il sorriso scompare in un attimo. Lo schermo è fermo nella chat di Luke, aperta a mostrare il messaggio.
Mi siedo di nuovo sul letto.
Va bene. È okay. D'altronde non è colpa sua. In realtà sì, ma se solo fosse stato per lui, sarebbe venuto.
Allora mi lascio cadere tra le coperte e osservo il soffitto. Bianco bianco bianco.
Mi ricorda tremendamente quello dell'ospedale nel quale mi avevano portato dopo il secondo tentativo. Merda, perchè non ci sono riuscito quando potevo.Allora accendo quel catorcio di telefono che ho rimediato nel cassetto delle cianfrusaglie di Walter e cancello il messaggio di Luke, andando poi su Facebook per ingannare il tempo. È da mesi che non lo riapro, un'orda di notifiche compaiono appena entro nella home.
Scorro tra i messaggi, le foto di gente che neanche conosco, cazzeggio un po' come fanno tutti quelli della mia età. Osservano le vite altrui mentre metto la mia in stand-by. Io ci provo, ma poi vedo un video appena caricato da Calum.
Ci sono lui e Ashton mentre brindano, poi l'inquadratura cade su Miley Cyrus e, alle sue spalle, riesco a intravedere il ciuffo biondo e la camicia a quadri di Luke.
Sento un soffio al cuore, poi chiudo e riapro le palpebre. È sempre lì; girato di spalle, si muove a tempo di musica e si volta per compiere una giravolta. Il suo sorriso lo riconoscerei a metri di distanza.Scatto in piedi. Infilo il telefono nella tasca senza neanche perdere tempo per spegnerlo e infilo alla svelta la giacca.
«Io esco» dico, raggiungendo a grandi falcate la cucina. Walter, seduto sul divano con una birra alla mano e il televisore che proietta una partita di football, blocca la bottiglia a metà strada fra le labbra e il bracciolo del divano.
«No, tu rimani qui.»
Mi volto. Incrocio il suo sguardo.
«Devi studiare.»
Tutto d'un tratto gli viene voglia di fare il patrigno rompicolli.
«Ho studiato. Ora esco.» Serro la mascella. La presa sulla bottiglia di birra aumenta precipitosamente, tanto che ho paura possa rompersi e mi allontano dalla sua portata.«Ho detto,» riprende lui «Che tu non uscirai. Aiuta tua madre a pulire, fa' qualcosa di utile per una volta.»
«Perchè tu lo fai qualcosa di utile, non è così? Il lavandino perde da mesi. La porta del bagno sta per staccarsi dai cardini e il forno non va neanche più. Eppure ti vedo sempre ubriaco fradicio, o non ti vedo affatto. E, ora che ci penso, è meglio quando non ti vedo affatto.»
I suoi occhi verdi si assottigliano fino a formare due fessure. Si alza, cerca di mantenere l'equilibrio nel modo più virile possibile.«Tu parli così in casa mia?»
Mi punta il dito, lo preme sul mio petto. Puzza tremendamente di alcol e sudore.
Non abbasso lo sguardo, continuo a mantenere il contatto visivo.
«A quanto pare.»
In una frazione di secondo la sua mano si scontra sul mio volto. Non me ne stupisco più di tanto; oserei dire che, dopo un po', si impara a farci l'abitudine e prevedere le sue mosse.
Solo che sta volta è diverso.
Che sia per la rabbia, la frustrazione che mi circola in corpo o per il semplice gusto di provare a finire in coma o peggio una volta per tutte, mi fiondo su di lui e lo spingo facilmente contro il muro.
Sbatte la testa, barcolla un po' ma poi digrigna i denti e mi sferra un pugno in grado di farmi arretrare quanto basta per farmi cadere a terra. Si butta su di me, ma riesco a scansarmi e finirgli sopra.
Uno, due, tre pugni. Neanche sento più le nocche delle mani, non sento più la faccia o il resto del corpo. Persino la voce di mia madre sembra provenire da lontano.
Provo a capire ció che dice quando stringo le mani attorno al collo di Walter. Le sue vanno ad afferrare i miei polsi e le unghie affondano sulla mia pelle, ma non sento nulla.

STAI LEGGENDO
𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍
Fiksi Penggemar«Davvero un'idea originale quella di suicidarci nella notte più famosa dell'anno buttandoci dal palazzo più alto di Sydney. Quando saremo morti, dovrebbero assegnarci delle medaglie.» È la notte del 31 dicembre quando Aurora Smiths decide di salire...