Calum
Tracanno un altro sorso di birra e butto il contenunto rimanente sul mucchietto di fogli che ho radunato nella mia camera. Pensieri, racconti davvero poco entusiasmanti, ritornelli di canzoni, disegni, scarabocchi, vecchi scontrini e un fascicolo che contiene tutte le informazioni inerenti alla Prosopagnosia.
Osservo tutto alla perfezione, studio il minimo dettaglio come un pittore con il suo quadro. Li prendo, li accartoccio, li calpesto, li strappo, mi ci asciugo le lacrime e li ributto nella mischia.
Finchè li sento pregare pietà, che anche loro si sono stancati di quest'Inferno, di accontentare un avido bastardo come me.Tiro fuori l'accendino dalla tasca del giacchetto in pelle, osservo la fiamma per alcuni secondi. È così vivida, così viva che quasi la vedo danzare nei miei occhi, sensualmente protendere verso di me, mi chiede la mano e io la accontento, silenzioso seguace di questo malsano tormento.
Mi ripeto che non sto sentendo dolore, che non brucia il palmo della mia mano a contatto con la piccola fiamma dell'accendino. Mi ripeto che va bene. Che non fa male. Che sono io ad immaginarmi dolore, a procurarmi dolore.Ma quando sposto la mano dall'accendino, cazzo se fa male. Il palmo è totalmente affumicato e balzo in piedi, correndo subito in bagno. Giro la manopola dell'acqua fredda con la mano destra e ci butto sotto quella sinistra, che forse a contatto con il fresco dell'acqua fa ancora più male.
Ma è appagante. È straordinariamente appagante. Ho il controllo di me stesso. Posso farmi male come, dove e quando voglio.«Sei un deficiente, Calum. Un cazzo di rincoglionito.»
Mi guardo allo specchio e trovo un'estraneo a guardarmi.
Occhi a mandorla, un ciuffo di capelli più chiaro degli altri, un naso che ha visto giorni migliori e dei lividi quasi scomparsi sugli zigomi. Devo essere io.Quando ho finito di bendarmi la mano sono le sette di sera e mi ricordo che oggi pomeriggio sarei dovuto andare allo studio di Harry per la solita chiacchierata pomeridiana.
Digito in fretta il suo numero sullo schermo del telefono e dopo tre squilli il mio analista della mente e risolutore di domande risponde.«Sono pronto.» Sparo.
«Ti aspetto».
È questione di pochi minuti affinchè afferri le chiavi della moto, saluti quelli che sembrano Mali e mio padre (per la fretta potrebbero anche essere due ladri, ma non mi importerebbe) e sfrecci per la strada sorpassando alcune automobili e beccandomi degli insulti dal conducente di un autobus.E in meno di dieci minuti sono seduto sulla solita poltrona nello studio del mio psicologo, che mi osserva con attenzione prima di poggiare la caviglia destra sul ginocchio sinistro, congiungere i polpastrelli di entrambe le mani e assumere quella sua solita posizione di chi sa a che gioco stai giocando ma aspetta che sia tu a fare la prima mossa.
«Cosa devo fare?»
«Calmarti, innanzitutto. Stai tremando. Cos'hai fatto alla mano?»
«Incidenti di percorso. Ho scoperto che non so cucinare.»
Dire che mi sono ustionato volutamente mi procurerebbe un biglietto di sola andata per il centro psichiatrico più vicino.
Attualmente decide di lasciar perdere, ma sappiamo entrambi che tornerà sull'argomento più tardi.«Bene. Da dove cominciamo?» Mi lancia la solita pallina anti-stress rossa, la faccio rimbalzare due volte sul pavimento e poi gliela rilancio indietro. «Sei tu quello laureato, dovresti saperlo.»
«Okay. Allora, ti spiegherò brevemente quello che andremo a fare.»
«Rischio di morire?»
«No, certo che no.»
Mi stringo nelle spalle. «Peccato», asserisco, lasciandomi scivolare sulla poltroncina.
Harry pare non aver sentito, o forse mi ignora.«Vedi Cal, ognuno di noi proietta vibrazioni, o meglio energia, nel proprio "tunnel della realtà". Tutti hanno un proprio tunnel, singolare ed unico dagli altri. Lo alimentiamo con i nostri pensieri, consci e inconsci. Creiamo le nostre realtà in base a convenzioni sociali, culturali, credenze; ovvero in base a qualcosa che non ci appartiene, che è stato masticato e sputato miliardi di volte.»
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𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍
Fanfic«Davvero un'idea originale quella di suicidarci nella notte più famosa dell'anno buttandoci dal palazzo più alto di Sydney. Quando saremo morti, dovrebbero assegnarci delle medaglie.» È la notte del 31 dicembre quando Aurora Smiths decide di salire...