Chapter 21: Hemmings who?

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Luke

«Sto per vomitare.»
È con queste parole che Michael esce di fretta dalla piccola sala teatro, congedando la Professoressa Cooper con un'occhiata di scuse. Io rimango impietrito, fermo su due piedi, con lo sguardo confuso dei presenti puntato addosso. Specialmente quello di Aurora, che sembra bucarmi le ossa e intrecciarmi l'intestino.
Quando torno cosciente e sbatto gli occhi un paio di volte, sono fermo davanti al bagno dei maschi combattuto all'idea di parlare con Michael o sfruttare l'occasione per allontanarmi dalle grinfie della Cooper e togliermi queste calze in lana troppo piccole in proporzione alla lunghezza delle mie gambe.

Tuttavia spingo la porta e mi ritrovo davanti alle quattro cabine, tutte incredibilmente silenziose. Sull'ultima, nello spazio tra la porta e il pavimento, intravedo gli anfibi di Michael, con le cinghie tintinnanti e la pelle nera rovinata.
Per un istante mi passa in testa il pensiero di andarmene, lasciarlo qui e ignorare il fatto che stia male a causa mia, e devo farmi forza per non iniziare a prendermi a schiaffi all'istante.

Busso due volte sulla superficie della porta rovinata da scritte e varie incisioni fatte da studenti che, a modo loro, volevano lasciare il segno, mentre mi concentro su ció che c'è da dire.
«Hemmings, vattene o ti prendo a pugni. Giuro che lo faccio.»

Perfetto. Il primo tentativo, anche se non pianificato prima, è risultato vano. La voce di Michael si incrina nel pronunciare le ultime parole, ma continua a mantenere un tono prepotente. Neanche voglio immaginarmi ció che potrebbe succedere se solo aprissi quella porta.

«Hemmings? Chi è Hemmings?» entro nella cabina accanto, chiudo il water con un sorrisetto in volto e mi ci siedo sopra.
«Stai parlando di quel pallone gonfiato del quarto anno, quello che va in giro con la giacca della squadra di basket solo per mostrare al mondo quanto è stupido? Il ragazzino egocentrico che cammina per i corridoi e non presta attenzione a nulla, troppo concentrato su se stesso per poter dedicare attenzioni a dei comuni esseri mortali?»
Ridacchio. Mi sento incredibilmente infantile e stupido. Ma quando percepisco una piccola risata soffocata da parte di Michael, mi convinco di star andando bene.

«Sì, quell'Hemmings.» Michael sbuffa, falsamente scocciato. So che lo fa per farmi desistere.

«Per dire, perchè esistono tantissimi altri Hemmings. Solo in questa città ce ne sono circa duemila, potremmo star pensando a due Hemmings diversi.»

«Quell'Hemmings ha delle gambe spropositatamente lunghe, tanto che ricordano quelle di una giraffa. Ha una gran faccia da cazzo, un naso da folletto scozzese, ed è incredibilmente stupido. Oh, e ha anche il cazzo piccolo.»

«Sí, allora stiamo parlando dello stesso Hemmings. Peró ne conosco un altro, sai? Dice che ha fatto una gran cazzata. Dice che è confuso. E forse spaventato. Adesso, in questo momento, mi sta dicendo che vorrebbe tanto poter aprire quella porta senza ricorrere a una mutilazione facciale. E dice che gli dispiace per la faccenda del bacio, ma è solo un coglione che si è cacciato in un disastro. Ed è disposto a spiegare tutto se solo potesse vedere il volto di Michael Clifford. Perchè a lui piace Michael.»

«Ottima improvvisazione, Luke.
Illuminami, dirai le stesse cose pure ad Aurora quando capirà che la stai illudendo?»

Silenzio. Qualcuno entra nel bagno, si chiude nella cabina accanto alla mia e inizia a svuotare la vescica.

«Hai sentito di quel finocchio di Clifford? Dallas ha detto che se n'è andato dal corso della Cooper, e che Hemmings gli è andato dietro

«Adesso gli starà facendo un pompino negli spogliatoi, quel frocio

Sono due persone, non riconosco le loro voci, credo di non averle mai sentite prima. Io e Michael rimaniamo in silenzio.
Un paio di minuti dopo i tizi se ne sono andati, ma noi non accenniamo a voler proferire parola.
Il lavandino comincia a perdere goccioline d'acqua che, scontrandosi con la ceramica, producono un rumore fastidioso. Mi sento quasi... in colpa. È una sensazione strana. Nel sentire il discorso di quei due idioti ho percepito un fastidio che non avevo mai provato prima. Come la voglia di buttare giù una porta a suon di cazzotti, spaccare la faccia ad entrambi o mettermi a urlare.
Adrenalina. E rabbia. E tristezza.

Perchè Michael rimane in silenzio; pare abituato a questo genere di commenti nei suoi confronti.

«Diamine» borbotto, ingoiando il groppo in gola. Sento Michael farneticare con la serratura della porta e balzo in piedi. «Quel rincoglionito aveva un serbatoio al posto della vescica.»

Ed ecco la risata di Michael, i suoi anfibi con le cinghie tintinnanti che camminano fino al lavandino e le mani che vanno a lavare il volto, forse con troppa prepotenza.
Io lo osservo, ora appoggiato con la spalla al muro affianco e le braccia incrociate.

«Non so se tirarti un gancio destro o baciarti. Dico sul serio, sono mortalmente combattuto tra queste due possibili scelte. Oppure potrei pestarti fino a farti perdere i sensi e poi limonarti come si deve.»
Strappa due pezzi di carta dal dispencer e ci si asciuga le mani, gettandoli poi nel cestino traboccante di fazzoletti usati.

Mi lancia un'occhiata. Non so come gestire la situazione.
«Quelle calze ti stanno d'incanto, fai i miei complimenti alla tua stilista.»
Ridacchia, incrociando le braccia al petto. Rimaniamo a guardarci negli occhi per alcuni secondi, quanto basta per intraprendere una vera e propria guerra. Nessuno accenna a voler abbassare lo sguardo.

Neanche quando ci troviamo mortalmente vicini. I nostri respiri che si scontrano, le sue braccia che cadono inermi lungo i fianchi e i nostri nasi che si toccano.
«La Cooper si starà chiedendo che fine abbiamo fatto.» Michael è il primo a distogliere lo sguardo. Lo sposta sulle mie labbra.
Sorrido. «Stai tentando di evitare un contatto fisico con me, Clifford?»

Mi avvicino ancora di più. Ora le nostre labbra si sfiorano.
D'un tratto Michael mi afferra per il colletto della toga e spinge con prepotenza le mie labbra sulle sue, cogliendomi alla sprovvista. Faccio per poggiare le mani sul suo volto ma con uno schiocco le nostre labbra si dividono, ancor prima di elaborare ció che sta accadendo.

«Ti ascolto» asserisce poi, passandosi una mano tra i capelli diventati azzurri.
Mi schiarisco la voce.

«Zayn Malik ci ha beccati insieme nello sgabuzzino della scuola, alcuni giorni fa. Ha promesso di non dire nulla solo se gli avessi ceduto la maglia di capitano della squadra di basket. Ho accettato. Ma me ne sono pentito qualche minuto dopo. Quindi ho pensato che se solo rendessi pubblica una relazione con una ragazza Zayn si ricrederebbe e, anche se solo spargesse la voce, nessuno gli darebbe retta.» Faccio una pausa. Mi sento stupido, i miei ragionamenti sono stupidi.
«E... Così tutti avrebbero lasciato in pace entrambi.»

«Non dire di averlo fatto per il bene di entrambi, Luke. Sai benissimo che la gente mi prende per il culo anche adesso. Ció che è accaduto prima ne è la conferma.»

«Ma pensavo che la situazione sarebbe peggiorata e–» Michael mi ferma dopo aver alzato gli occhi al cielo.
«Lo hai fatto pensando solo a te stesso. Non inventare cazzate, lo sai bene che stai facendo questo per mantenere la tua di reputazione.»

Rimango in silenzio. Farnetico con le dita delle mani per scaricare la tensione, in qualche modo. So che ha ragione. Lo so per certo.
Michael fa per andarsene, ma lo afferro per la manica del maglione prima che esca dalla porta.

«Mi dispiace.»

Lui, per tutta risposta, fa unire le nostre labbra in un bacio a stampo.

«La reputazione prima di tutto.»

Poi mi rivolge un sorriso tirato prima di chinare il capo e lasciarmi solo.














Un po' di muke moments fanno sempre bene di questi tempi.

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