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"Ciao mamma, come va?"  finalmente riusciamo a parlarci senza che Skype si blocchi.
"Ciao caro, tutto bene a parte tua nonna che sta già iniziando a pensare cosa cucinare la settimana che sarai a casa - dice scoppiando a ridere - tu come stai?"
"Qui va tutto bene anche se vorrei che fosse più caldo." quest'anno marzo è più freddo del precedente e se c'è una cosa che non sono bravo a sopportare sono le basse temperature.
"Sei tu che hai scelto di stare in uno Stato freddo" mi dice con disappunto, per quanto sia orgogliosa che io stia studiando all'estero con una borsa di studio non le piace per niente che sia lontano da casa.
"Mamma, per favore non riparliamone. Papà come sta?" cerco di cambiare discorso.
"Brontola come sempre ma fra poco potrai parlare direttamente con lui."
Continuamo a parlare per un po', finché non arriva anche mio padre.
"Oh guarda, chi non muore si rivede. Come stai Matteo?"
"Ciao papà, bene. La mamma invece mi ha detto che tu continui a brontolare, che cosa ti fa quella donna?" chiedo scherzando facendolo ridere.
"Figlio ingrato - si finge offesa mia madre - bene, vi lascio parlare da soli, io devo andare a fare la spesa. Ciao tesoro." mi saluta mandandomi un bacio.
"Ciao má"
"Allora" inizia mio padre "Che mi dici di te?"
Per un attimo mi passa per la mente di dirgli che esco con un ragazzo ma subito ci ripenso, decido comunque di sondare il terreno. "Niente di che. All'università va tutto alla perfezione, mi sono fatto altri nuovi amici e Alessandro è sempre il solito. Uno dei miei nuovi amici è gay e quando si è dichiarato hai genitori lo hanno sbattuto fuori di casa." spero che la mia balla sia risultata abbastanza convincente.
La faccia di mio padre si fa seria e per un momento mi è sembrato che nei suoi occhi ci fosse della rabbia "Io non li capisco quei genitori, certo dev'essere dura avere un figlio gay ma queste cose di buttarli per strada o picchiarli non li capisco."
"Pe-perché dici che dev'essere dura avere un figlio gay?" chiedo e sento l'incertezza nella mia voce, spero che non la senta anche mio padre.
"Perché quando cresci un figlio speri che faccia carriera e che si costruisca una famiglia sua, che ti dia dei nipotini e che stia sempre bene di salute. Non speri che si vesta come un deficiente o uno spogliarellista sfilando in una para che non serve a niente." il suo tono è serio e dalla sua espressione non riesco a capire se sospetti di me o meno.
"Ma non tutti sfilano ai Pride e non tutti quello che lo fanno si vestono in quel modo." provo a dirgli.
"Molte volte è comunque difficile da accettare, per un genitore, che il figlio o la figlia non siano etero. Se poi i genitori sono molto religiosi lo è ancora di più, sempre che alla fine lo accettino."
"Vuoi dire che se io o Laura fossimo gay tu non lo accetteresti per via della chiesa?" la mia testa dice che dovrei chiudere la bocca, la bocca non l'ascolta e il cuore mi sta per esplodere dall'ansia e dal panico scatenati da questa discussione.
"No, ma non so nemmeno se riuscirei a prenderla bene. Ovviamente non arriverei alle mani o a buttarvi in mezzo a una strada e potreste venire qui ogni volta che volete ma per me sarebbe difficile." la sua espressione è ancora impenetrabile e non mi piace per niente. "Matteo, c'è qualcosa di cui vuoi parlare?" mi domanda poi facendomi andare ancora più nel panico.
"N-no, no. Non c'è niente."
"Sei sicuro?" mi domanda.
"Certo -  provo a sorridere - scusa, ora devo andare o farò tardi. Ciao papà, ci sentiamo più avanti." Aspetto la sua risposta e spengo il computer.

L'importante siamo noi   (III° serie Amarci)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora