Capitolo 15 - sole dopo la tempesta

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Luke's pov

"Oh Signore, Luke!"
Mi svegliai e vidi il volto di mia madre davanti a me. I suoi capelli biondi mi solleticavano il viso da quanto era vicina. "Stai bene?"
Sbattei le palpebre più volte, la luce mi bruciava gli occhi. Mia madre mi accarezzò il viso, mi guardò un po'. Scrutò ogni parte del mio corpo per vedere se fossi ancora tutto intero, mi alzò le braccia, mi guardò le mani e poi puntò un paio di lividi.
"Io sto bene" sussurrai voltando la testa verso Madison che dormiva ancora. Mia madre guardò la ragazza sdraiata sul letto di fianco al mio con un ago nel braccio non ingessato. Il volto angelico era pallido.
"Come hai fatto a sapere che ero qui?"
Sentii il peso di mia madre appoggiarsi ai piedi del letto, facendo abbassare leggermente il materasso. Il suo sguardo si strinse su di me.
"Mi ha chiamato la polizia. Ha detto che avevo la macchina distrutta" disse appoggiando una mano sulla mia gamba. Sentii la sua presa stringersi attorno alla stoffa nera dei miei jeans. "Hanno avvisato anche i genitori della tua amica."
Annui frettolosamente prima di scendere dal letto per sfuggire dal tocco di mia madre. Sapevo che stava pensando alla mia ex fidanzata, a quello che successe un po' di tempo fa. Pensava all'incidente, al guidatore della macchina responsabile della morte di una ragazza e probabilmente credeva che adesso fosse toccato il mio turno. Mi avvicinai alla finestra guardando fuori.
"Grazie a Dio non s'è fatta niente."
Incrociai le braccia sopra la stoffa sintetica della maglietta che indossavo. Non mossi lo sguardo dal cielo che ormai era diventato scuro, cupo.
"Era una così bella giornata stamattina."
Sentii la presenza di qualcuno entrare nella stanza, mi voltai: una donna dai capelli color rame rimase ferma sullo stipite della porta. Si portò una mano alla bocca e scoppiò a piangere. Singhiozzava mentre si avvicinava al corpo addormentato della figlia. Si inginocchiò sul pavimento ghiacciato, di fianco al letto di Madison e le posò una mano sulla fronte, mentre l'altra la teneva ancora incollata alla bocca. Le lacrime le scendevano cristalline sulle guance. Mi lanciò un'occhiata veloce.
"Mi dispiace" mormorai.
Non volevo piangere, non un'altra volta, ma un nodo mi stringeva la gola. Sentivo che sarei stato pronto a scoppiare in un grande pianto, invece mi scese solo una lacrima. La madre di Madison si alzò in piedi mentre si asciugava le lacrime con una mano, mi guardò e si avvicinò a me, abbracciandomi. Non disse una parola. Sapeva che non ero stato io, sapeva che non avrei mai permesso che succedesse una cosa del genere se solo avessi potuto. Mi lasciai stringere dalle sue braccia sottili sotto lo sguardo di mia madre. Ci staccammo e lei si avvicinò alla donna che mi aveva cresciuto.
"Sono la madre di Madison" disse afferrandole la mano. "Gemma."
Gli occhi di mia madre erano pietrificati sulla donna di fronte a lei, che nonostante tutte accennò un sorriso. Mi chiesi come facesse a sorridere in un momento del genere, a quanta forza potesse avere racchiusa in quel corpo apparentemente così fragile. Sapevo che Madison ora stava bene, ma vederla in quello stato non era sicuramente un piacere.
"Io sono Elisabeth, la mamma di Luke."
Gemma si passò di nuovo il palmo della mano sulle guance e si sedette sulle lenzuola stropicciate, dove avevo dormito per un'oretta. Mia madre la imitò e si mise accanto a lei.
"Mio marito e mio figlio Jason sono andati a trovare mia suocera, ad un paio d'ore da qui. Sono appena partiti da lì, spero tornino presto."
L'infermiera di prima entrò nella stanza con una cartellina in mano, ci salutò sorridendo e si avvicinò al letto di Madison. La guardai controllare la flebo ed appuntare qualcosa sul foglio pieno di scritte indecifrabili.
"Come sta?" Chiesi. "Perché non si è ancora svegliata?"
La donna posò i suoi occhi a mandorla su di me, chiuse la penna con un tappo blu e la lasciò cadere sapendo che era legata con un filo alla cartella che stringeva salda tra le mani.
"Ha avuto una commozione celebrare, ma come ho detto prima, ora sta bene. Sta solo dormendo" disse allontanandosi. "Dovete darle il suo tempo per risvegliarsi."
Uscì dalla stanza lasciandoci in balia della paura che Madison non si potesse svegliare. Pensai al momento in cui vidi il corpo senza della mia ex fidanzata, stesa su un letto. Sembrava dormisse. Scossi la testa, Gemma e mia madre erano in piedi di fronte a me, mi stavano dicendo qualcosa.
"Eh?" Scossi di nuovo la testa cercando di metabolizzare le parole che mi dissero, ma niente.
"Luke, tutto bene?"
Mi sedetti sulla sedia di plastica messa di fianco al letto di Madison e guardai le due donne in piedi di fronte a me.
"Si, scusate, non stavo ascoltando."
Mia madre si passò una mano tra i capelli biondi, la frangetta le andava continuamente davanti agli occhi, dandole fastidio.
"Io e Gemma andiamo a prenderci un caffè, vuoi qualcosa?"
Chiusi gli occhi, volevo solo restare un po' solo con Madison. Fece di no col capo ed uscirono dalla stanza. Mi guardai le mani, ad un certo punto mi ricordai di avere ancora il telefono in tasca; l'avevo spento prima di partire. Lo tirai fuori e lo accesi. Sullo comparirono venti notifiche: due di mia madre, quattro di Ashton, dieci di Michael e altre quattro di Calum.
Fissai il display a lungo, erano le dieci e mezza di sera. I miei amici si chiedevano dove fossi, forse erano preoccupati. Feci scorrere il dito sul touch screen fino ad arrivare al nome di Michael. Aveva il diritto di sapere che una dei suoi più cari amici era in ospedale. Squillava.
"Brutto cazzone dov'eri finito?"
Fece un respiro e mi torturai le dita mettendomele tra i denti. Non risposi. "Luke cosa succede?"
Sapeva che c'era qualcosa che non andava, aveva capito. La sua voce era diventata seria tutto d'un tratto. Lo sentii sedersi, come se si stesse preparando a ricevere un colpo.
"Abbiamo fatto un incidente."
Boom, ecco la prima coltellata nella schiena.
"Un incidente?" Pensò un attimo alla frase che avevo detto prima. "Abbiamo?"
Appoggiai il gomito sul ginocchio e mi misi una mano sul viso, coprendomi gli occhi.
"Io e Madison."
Ed ecco il secondo colpo, dritto nel petto. Non rispose più per due minuti, sentivo solo il suo respiro attraverso i microfoni del telefono.
"Dove siete?"
Non mi chiese nemmeno come stava Madison, forse sapeva già che era quella messa peggio dei due. "Siete in ospedale?"
Non ci pensò due volte, so che voleva venire a vedere come stava la sua migliore amica, ma anche se fosse venuto non l'avrebbero fatto entrare. Cercai di spiegarglielo, ma non ci fu verso di fargli cambiare idea. Sempre il solito testardo.
"Sto arrivando."
Mi chiuse il telefono in faccia prima che cercassi di dire qualcosa. Guardai di nuovo il display del mio iPhone spegnersi: era finita la batteria. Gettai il cellulare sul letto vuoto e piansi. Piansi da solo, senza vergogna, perché quando si è da soli si ha più coraggio di fare le cose. Racchiusi il viso tra le mie mani. Buio.
"Luke?"
Una voce debole chiamava il mio nome. Alzai la testa. Vidi Madison aprire gli occhi e guardarmi stordita. Finalmente la luce.

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Hi everyone, eccomi qui con il quindicesimo capitolo. Spero vi piaccia, mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate in qualche commento. Mi fa piacere! Finisco col ringraziare tutti coloro che hanno votato e commentato i capitolo precedenti. A presto.

Ps: se avete voglia potete passare sul mio profilo e troverete una os su Calum che ho appena scritto.

Tremare, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora