Capitolo 24 - l'inizio

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Madison's pov

Sentii la campanella suonare mentre varcavo la soglia d'entrata di scuola. Doveva essere la seconda dato che i corridoi erano vuoti, a parte quel paio di ribelli che aspettavano fino all'ultimo secondo per entrare in classe. Stavano lì, davanti alle porte delle loro aule finché non suonava la seconda campana. Volevano godersi gli ultimi cinque minuti di libertà prima della pausa pranzo.
Entrai nella mia classe d'inglese, passai due ore a fissare il foglio bianco davanti a me. Luke. Luke era l'unico mio pensiero nelle ultime 48 ore. Non facevo che ripensare alla scenata che gli feci il giorno prima. Stupida.
Anche la terza campanella suonò, non pensavo che il tempo fosse passato così in fretta. Era già l'ora di pranzo. Aprii la porta della mensa con una mano mentre con l'altra tenevo stretta il manico della mia borsa a tracolla. Diedi un veloce sguardo a quello che servivano: una poltiglia marrone, pasta al sugo e panini. In quel momento ringraziai Dio per avere inventato i panini.
"Un panino per favore."
La signora della mensa era grassa. Aveva indosso una retina bianca per non far finire i capelli nel cibo. Mi guardò. Sembrava una di quelle vecchiette malate che ogni tre per due finiscono in ospedale per qualche malanno. Non disse una parola, tossì un paio di volte. Afferrò un panino a caso e me lo schiaffò nel piatto.
"Il prossimo."
Mi allontanai dalla fila e mi misi a camminare lentamente intenta a cercare Luke. Passai in rassegna tutti i tavoli, non c'era. Non era venuto a scuola? Il senso di colpa mi stava uccidendo. Ora capivo cosa provavano tutte quelle ragazze che dopo aver mangiato quintali di Nutella si sentivano in colpa.
"Piccola Maddy."
Michael. Mi voltai e lo vidi seduto insieme ad un suo amico. Sorrisi e posai il vassoio prima di abbracciarlo. Mi sedetti di fianco a lui. Di fronte a noi c'era un ragazzo con la pelle ambrata, non l'avevo mai visto prima.
"Madison questo è Calum, Calum questa è Madison."
Gli sorrisi e lui fece lo stesso. Aveva un bellissimo sorriso e dei denti drittissimi. Portava una camicia a quadri azzurrina e dei jeans neri. Dai tratti di Calum si capiva che non era australiano, morivo dalla voglia di sapere da dove venisse, così mi tolsi lo sfizio.
"Non sei australiano, vero? Sei asiato?"
L'espressione irritata del ragazzo la diceva lunga, forse non era asiatico. Io tesi i muscoli della faccia, che figura di merda. Michael scoppiò a ridere come un bambino.
"Non sono asiatico."
Michael non smetteva di ridere, continuò così per ben cinque minuti. Avrei voluto ucciderlo, lanciargli qualcosa addosso per farlo smettere, ma per fortuna ci pensò già Calum, che gli tirò un pezzo di pizza che aveva nel piatto. Mi scusai con Calum due volte, tanto per esser sicura che avesse capito che mi dispiaceva.
"E Luke?" Chiese Michael cambiando discorso. "Luke dov'è?"
Mi fermai per un attimo. Se Michael non sapeva dove fosse, allora non era venuto a scuola né aveva avvisato nessuno. Guardai il panino che avevo abbandonato nel vassoio dopo avergli dato un paio di morsi. Poi il mio sguardo passò a Michael.
"Pensavo fosse con voi."
Calum mi guardò preoccupato. Io spinsi il vassoio il più lontano possibile da me, mi veniva da vomitare. Dov'era Luke? E se gli fosse successo qualcosa? Era tutta colpa mia. Sentivo gli sguardi dei ragazzi addosso, le mani mi tremavano più del solito.
"Cos'hai Madison?"
Frugai nella borsa in cerca del mio dannatissimo cellulare che, come al solito, non riuscivo a trovare. Lo trovai infilato in un pacchetto di fazzoletti. Composi il numero di Luke. Mi portai l'iPhone all'orecchio, squillava. Continuò a squillare a vuoto per un minuto e poi si attaccò la segreteria.
"Non risponde, Dio."
Panico, ero letteralmente presa dal panico. Mille pensieri mi passarono per la testa, pensai si fosse suicidato a causa mia, che fosse scappato via senza dire nulla o che avesse pagato qualcuno per farsi uccidere. Non sapevo a cosa pensare, la testa pesava come un macigno sulle mie spalle. Avevo lo stomaco sotto sopra, dovevo andare a controllare.
"Madison calmati."
Michael mi posò un bacio sulla fronte e mi strinse a sé. Lo cacciai via subito dopo. Dovevo andare a casa di Luke. Mi alzai e presi la borsa.
"Devo andare da Luke."
Michael si alzò insieme a me, sotto lo sguardo di Calum che rimase fermo dov'era. Ci guardava imbambolato sembrava non capire cosa stesse succedendo.
"Ti accompagno in macchina."
Feci cenno di si. Poi guardai Calum, Michael gli diede un buffetto sulle guance piene e gli diede un bacio sulla fronte.
"Ma c'è lezione. Mike sai che la signora Mellark ti ucciderà, vero? Ne sei consapevole?"
Michael non fece una piega, mi prese per mano e mi trascinò per mezza scuola, finché non uscimmo nel parcheggio. Tirò fuori dalla tasca una chiave blu, sembrava vecchia e sicuramente la macchina non sarebbe stato un gioiellino nuovo di pacca.
"Devo solo ricordarmi dove l'ho.. Eccola!"
Puntò il dito indice verso una macchina minuscola. La vernice rossa veniva via in due punti diversi vicino alle ruote. Ci incamminammo verso il meraviglioso pandino rosso fiammante. Salimmo e mise in moto. Partimmo subito e grazie alla guida spericolata di Michael arrivammo quasi subito.
"La chiamo Ferrari" disse orgoglioso.
Lo guardai e risi prima di scendere dall'auto. Chiusi la portiera che fece un rumore strano e lui fece lo stesso.
"Beh, viene dall'Italia ed è rossa. In pratica è una Ferrari."
Scossi la testa e mi avvicinai alla porta di casa Hemmings, bussai un paio di volte senza ricevere alcuna risposta. Suonai anche il campanello, ma niente. Guardai Michael.
"Non c'è, cazzo."
Michael prese il telefono che gli vibrava nella tasca, si allontanò e gesticolò per un paio di secondo prima di riavvicinarsi a me con gli occhi sbarrati.
"Cazzo Madison, devo andare via di corsa, mi sono completamente dimenticato del compito in classe di scienze."
Dunque dopo esser stata abbandonata anche da Michael, continuai a bussare alla porta. Ancora niente. Il mio sguardò si posò sulle mani tremolanti, mi ero dimenticata le pastiglie, fantastico. Mi guardai in giro e posai la mano sulla maniglia, girai. In quel momento immaginai di essere in un film. Nei film le porte delle case altrui sono sempre aperte. M'immaginai varcare la porta di casa e di trovare Luke sano e salvo. Invece non si aprì, davanti a me c'era una barriera di legno.
"Cazzo!"
Mollai la maniglia d'ottone. Non vedevo più niente, gli occhi mi si appannarono. Scoppiai a piangere, ma non in un pianto silenzioso. Singhiozzai come una bambina, feci rumore. Urlai al vicinato quanto fossi stata stupida e mi sedetti a peso morto sul solito gradino. Affondai la faccia tra le mani e rimasi così. Dopo un po' smisi di piangere, non perché mi era passato, ma perché non avevo più lacrime. Sentivo gli occhi bruciare da morire. Rimasi in quella posizione per circa sei ore, finché non arrivò Liz. Intanto mia madre passò davanti alla finestra due volte, mi guardò. Mi vide e non fece una piega. Aveva capito.
"Madison" disse la madre di Luke scendendo dalla macchina.
Mi guardò dalla testa ai piedi e si avvicinò a me. Mi mise le mani sulle spalle. "Tesoro stai bene?"
Feci cenno di no e scoppiai di nuovo a piangere. Liz mi abbracciò dolcemente, come se fossi sua figlia. Mi accarezzò la schiena e cercò di calmarmi. Mi fece entrare in casa. Scrutai il salotto, era in ordine, non c'era niente di rotto. Tutto era al suo posto, come sempre.
"Siediti Madison."
Obbedii. Mi sedetti sul divano di pelle nera, nella stessa posizione in cui ero il giorno precedente quando stavo parlando con Luke. Sentii gli occhi inumidirsi di nuovo, ma non piansi.
"D-dov'è Luke?"
Guardai verso le scale che portavano alla sua camera, sperando potesse scendere da un momento all'altro. Volevo vederlo, avevo bisogno di scusarmi, di abbracciarlo e di scusarmi un'altra volta.
"È chiuso in camera sua da ieri."
A quel punto feci un grosso sospiro. Guardai Liz ed era come vedere Luke, seduto lì che piangeva dopo che gli avevo detto che era finita. Chiusi gli occhi per un attimo. Sentii una morsa stringermi lo stomaco.
"Posso parlargli?"
Sentii dei passi sulle scale, fissai l'ultimo gradino di legno e vidi posarsi sopra delle calze nere con il disegnino rosa shock di Patrick stella stampatoci sopra. Luke. Chiusi gli occhi di nuovo, per un secondo, e gli riaprii.
"Madison stai bene? È successo qualcosa?"
Non badò a come l'avevo trattato, a cosa gli avevo detto il giorno prima, è come se in quel momento si fosse dimenticato di tutto. M'aveva sentita piangere e si era preoccupato per me. Mi alzai. Cosa si aspettava fosse successo? Piango per te, Luke. Amore mio, scusami.
Forse era l'ansia mischiata al nervosismo e un'alta dose di tristezza che mi fece tremare terribilmente le mani. Liz si alzò e uscì, lasciandoci soli, senza dire una parola.
Volevo parlare, gridare, scusarmi per quello che avevo detto. Aprii la bocca ma non uscì nessun suono.
Luke si avvicinò a me, mi guardò dalla testa ai piedi e si soffermò sui miei occhi verdi.
"Mi dispiace."
Eccolo, quelle due paroline che avevo cercato di dire, finalmente sono uscite dalla mia bocca. Luke mi guardò e scosse la testa.
"Non sono arrabbiato con te. Si, fa male da morire, ma non riesco ad essere arrabbiato con te. Non posso."
Mi prese le mani e le strinse fra le sue, erano gelide come il ghiaccio. Aveva la pelle bianca, inquinata dal blu delle vebe che percorrevano il dorso della sua mano.
"Io ho bisogno di te, Madison. Io ho bisogno di te."
Guardai le nostre mani insieme. Non tremavo quasi più. Poi i miei occhi si posarono su quelli di Luke. Lo guardai e scossi leggermente la testa.
"Avrò bisogno più io di te che tu di me."
Luke serrò i denti, vidi la mandibola contrarsi sotto quello sforzo. Per un attimo distolse lo sguardo, poi ritornò da me, deciso.
"Va bene così."
Abbassai lo sguardo e mossi la testa. Il senso di colpa si impossessò di nuovo del mio corpo.
"No, non va bene! Non è giusto. Avevo tanti progetti, volevo fare tante cose.."
Luke sorrise e mi baciò le mani. Sentii le sue labbra rosee a contatto con la mia pelle. Lo guardai fare quel gesto con tanta dolcezza e con così tanto amore. In quel momento capii: non era uno sforzo per lui. Stare con me gli serviva, lo faceva stare bene. Anche io gli davo una gran mano e non me ne ero mai accorta. Pensai alla prima volta che lo vidi, davanti alla scuola, con quella camicia a quadri rossa e nera. Mi sembrava uno di quei ragazzacci che vanno a scuola solo per combinare guai, e magari un po' così lo era, ma ora non più. Era cambiato anche lui, in meglio, grazie a me.
"Tutti questi progetti, tutte queste cose che vuoi fare le farai. Le farai con me. Le faremo insieme."
Mi staccai dalle mani di Luke e mi coprii il volto. Non ci credevo. Non poteva avermi perdonata così in fretta, dopo tutto il male che gli avevo fatto patire. Non me lo meritavo, non mi meritavo un cazzo, ma questa volta non glielo dissi. Me lo tenni per me, non volevo farlo soffrire di nuovo. Sentii delle braccia avvolgere tutto il mio corpo. Luke odorava di buono, di un profumo che non mi sarei mai stancata di sentire.
"Mi dispiace Luke, non volevo farti soffrire."
Una lacrima mi rigò il viso, facendo bagnare il palmo della mia mano incollato al mio volto. Allontanai le mani, la luce sembrava fortissima. Vidi Luke a pochi centimetri di distanza da me. Mi guardava, io lo guardavo e dio, era bellissimo.
"So che hai sofferto anche tu dicendomi tutte quelle stronzate, non sono l'unico qui ad aver passato una giornata di merda."
Sorrisi e intrecciai le dita dietro al collo di Luke. Si avvicinò a me e sfregò il naso sulla mia guancia morbida. Si avvicinò alle mie labbra e mi stampò un bacio.
"Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Grazie di tutto. Grazie per avermi fatto crescere, grazie per i sorrisi che sei riuscito a strapparmi anche quando ero giù, grazie per le lacrime, le litigate per decidere che cosa guardare in tv. Grazie per esserci ogni giorno, grazie per aver mantenuto la tua promessa. Grazie."
Mi strinse a sé ancora di più, come se avesse bisogno di sentirmi vicina, di sentire il mio odore, di avere un contatto con me. E io mi avvinghiai a lui. Lo baciai all'angolo della bocca. Sentii le sue braccia stringere il mio corpo, volermi tutta per sé; aveva bisogno di me. E io di lui.

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Non ci credo okay, Tremare è ufficialmente finita. Insultatemi pure e commentate dicendo che è un finale di merda e quello che volete, ma IO L'HO FINITA. Allora inizialmente questo capitolo era diviso in due, erano due capitoli, quindi sarebbero dovuti essere 25 capitoli in tutto, ma i numero dispari mi danno fastidio perciò li ho uniti. Non so se vi è piaciuta o meno, ma si, niente. Grazie per avermi accompagnata durante la scrittura di questa fanfiction. Vi ringrazio molto. Intanto ho pubblicato una nuova fanfiction con Calum, 'Knockout'. Spero passerete a dare un'occhiata.
Un bacio, Martina.

Tremare, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora