SIL'S POV
Sono sempre stata curiosa, fin da piccola. Ho sempre amato guardare fuori dal finestrino, chiedere informazioni su quello che guardavo e cercare di ricordarmi tutto. Ad esempio, una volta ho chiesto a mia madre la funzione delle pale eoliche, ed avevo tipo cinque anni. Oppure c'è stata quella volta in cui ho toccato il fuoco, ustionandomi il dito, solo per sentire che effetto faceva. Quella volta ho capito che essere curiosi ha dei limiti. Voglio dire, non puoi sempre sapere tutto o dire tutto, sapere tutti i gossip o roba del genere. Nell'ultimo caso poi diventi un'impicciona. Fortunatamente però io non lo sono mai stata. La curiosità è un punto di vista, può essere un difetto così come può essere un miracolo. Io cerco di pensare che sia un pregio, se impari a controllarla. Ci sono situazioni in cui semplicemente non puoi essere curioso, e se lo fai risulti inopportuno, per cui cerco sempre di regolarmi.
Con Tobias sono curiosa, ma so che se non mi ha ancora parlato della sua famiglia é perché non è ancora pronto. Ha detto che me lo dirà, mi basta questo. Non voglio mettergli ansia o noia più di quanto già sto facendo.
In questo momento sta dormendo dietro, con tanto di coperta e cuscino. Dopo il parco giochi avevamo cercato un motel dove dormire, e l'avevamo anche trovato, ma non era molto accogliente. A parte che il tipo della reception era inquietante ma poi in camera c'era un piccolo topolino morto, che ha fatto scegliere a me e Tobias di dormire in macchina. Alla fine non abbiamo dormito molto male, non peggio di come avremmo dormito con il povero topolino.
Oggi sto guidando ancora io, dato che ieri abbiamo passato tutto il giorno al parco divertimenti per cui io ho guidato solo un paio d'ore.
Ora stiamo per uscire dalla provincia di Macon, in Georgia. Siamo ancora vicino al parco di ieri, una mezz'oretta al massimo, dato che ho ripreso a guidare da circa cinque minuti.
«Sil» mugola Tobias. Lo guardo dallo specchietto retrovisore mentre in contemporanea lui si gira e si mette il cuscino sulla faccia, probabilmente per non vedere la luce. «Mica stai guidando?»
«No, sto volando.» affermo ironica. Si mette composto e, cavolo, è bello anche appena sveglio. I capelli tutti arruffati e la barba appena accennata gli danno un'aria irresistibile. Si stropiccia gli occhi mentre io ritorno a concentrarmi sulla guida. Io l'avevo detto che mi distrae, ma vorrei evitare un'incidente stradale.
«Non prendermi in giro, fino a due minuti fa stavo dormendo beatamente.» ribatte mentre scavalca il sedile per sedersi vicino a me.
«Allora buongiorno, bello addormentato.»
«Stai affermando che sono bello, cretina.»
Alzo una spalla «Ho solo citato il titolo di un cartone e l'ho trasformato al maschile, non ho affermato proprio niente.»
«Come vuoi.» borbotta mentre mette bene il sedile che ieri avevamo abbassato per dormire meglio.
«Vuoi fermarti a fare colazione?» gli chiedo, pensando che si è appena svegliato e che comunque avrà fame.
«Non credo ci siano bar nelle vicinanze, ma ci sono degli autogrill dove possiamo prendere dei biscotti o robe simili.» mi ricorda indicando un cartello stradale che avvisa che tra un chilometro c'è un'autogrill. Annuisco mentre giro con il volante verso destra, in modo da stare nella corsia più vicina all'entrata.* * * *
«Non è giusto!» affermo per la decima volta, mentre afferro il mio caffellatte freddo e me lo porto alle labbra.
Dopo qualche secondo, però, devo riposarlo immediatamente sul tavolino per due in metallo, sentendo un irrefrenabile freddo alle dita.
«Va bene, allora trovami un soprannome.» si arrende mentre prende un pezzettino del suo muffin al cioccolato.
La questione è iniziata perché mi ha chiamato con il mio nome per intero, e ho realizzato che non gli ho ancora associato un soprannome.
«Tob? Toby?» tento mentre lo guardo.
Ma no, nessuno di quelli suonano bene. Ci rifletto altri istanti, prima di trovarne uno perfetto.
«Ias!» quasi urlo con entusiasmo, «Ias è perfetto.»
«No, Sil. Solo mia nonna mi chiama in quel modo e mi da un fastidio tremendo.»
Fa una faccia buffissima, un miscuglio tra un broncio e uno sguardo divertito, mentre mi fa ridere.
«Un motivo in più per chiamarti così, giusto Ias?»
«Ti odio.»
«Ti voglio bene anche io.» rispondo ironicamente mentre alzo gli occhi al cielo. «Sul serio, io odio il mio nome ma non il mio soprannome e tu adori il tuo nome ma non il tuo soprannome. Vedi? Siamo pari.»
«Un'equa parità.» borbotta mentre finisce il suo latte parzialmente scremato.
Annuisco guardandolo divertita, quando fa così sembra esattamente un bambino, un'adorabile bambino.
«Allora, posso chiamarti così?» domando facendo gli occhi dolci. All'inizio mi guarda male, ma mano a mano che metto le labbra a broncio e allargo gli occhi facendoli diventare dolci il suo sguardo si addolcisce.
«E va bene... puoi chiamarmi così. Ma ti prego, smetti di fare quella faccia.» cede mentre si alza per buttare il bicchiere di carta oramai vuoto.
«Pensavo fosse più difficile convincerti.» ammetto una volta raggiunto. Mi guarda aggrottando la fronte.
Mentre lui ha già finito di bere il suo latte, io ho deciso di finirlo in macchina, almeno così avrò qualcosa da fare durante il viaggio mentre guido.
«In genere sí, ma almeno così non romperai insistendo sul fatto che vuoi chiamarmi Ias.» mi fa notare dopo qualche secondo con tono divertito.
«Hey!» Gli do un pugno scherzoso sulla spalla, «Non rompo proprio niente io.» mento. So benissimo che ha ragione, quando voglio qualcosa difficilmente mi arrendo.
«Vai convinta.» sussurra pensando che non lo senta, credo. Scuoto la testa completamente divertita mentre mi avvio alla macchina.
Voglio andare a Miami, sedermi sulla spiaggia e restare lí finché l'odore di mare non mi resterà appiccicato addosso. Vivendo a Chicago, vado raramente al mare, solo alcune volte di estate. Certo, abbiamo il lago ed ogni tanto si può fare il bagno lí quando l'acqua non è troppo fredda, ma è diverso. Lí non c'è la spiaggia, e anche se è un grande lago e non vedi la fine non lo senti esattamente come il mare. Per cominciare non è mai mosso, e poi non è così salato come si crede. È più di acqua dolce, che altro.
Mi risveglio dai miei pensieri, tirando la maniglia bollente della macchina e aprendo lo sportello del guidatore. Quando mi siedo, quasi mi ustiono e un'ondata di calore ci fa immediatamente imperlare la fronte di sudore.
Mi porto una mano sulla testa mentre la scuoto. Che stupida, ho dimenticato di parcheggiare la macchina all'ombra.
Essendo estate l'aria è molto calda, e considerando che qui non c'è neanche il mare o un lago, non c'è neanche quel poco di vento che causano questi ultimi.
Accendo di scatto l'aria condizionata e la metto al massimo. Tobias borbotta qualcosa sull'inquinamento ma sinceramente non ci faccio tanto caso. Se aprissimo i finestrini sarebbe ancora peggio, perché entrerebbe altra aria calda. Con questi pensieri giro le chiavi accendendo il motore ed inizio ad andare in retromarcia per uscire dal parcheggio.
Appena fatto, mi dirigo verso l'autostrada ed il calore della macchina è stato sostituito dalla fantastica brezza dell'aria condizionata.
Un sorriso rassicurante si fa spazio sul mio volto quando inizio quasi ad avere freddo. Prendo il mio caffellatte e ne bevo un sorso.
La mia temperatura corporea si abbassa ancora di più, grazie al ghiaccio all'interno della mia bevanda. Non so, però, quando ghiaccio sia rimasto intatto con questo caldo.
Poso il bicchiere, mentre osservo le varie macchine superare la nostra. Alcune vanno fin troppo veloci, per i miei gusti. Okay che stiamo in tangenziale, però che cavolo, mica stai facendo una gara. Sinceramente, mi spaventano le macchine che vanno troppo veloci, anche se non so esattamente da dove deriva questa paura. Credo sia un fatto psicologico o che ne so io. Comunque non ci posso fare molto, a meno che non mi metta a urlare "Hey! Rallentate che mi sto cagando sotto." ma non mi sembra il caso e dubito funzionerebbe.
Ias prende il suo cellulare rigorosamente nero, e sento il click di quando parte un video.
«Che cavolo stai facendo?» affermo quando noto che la telecamera di quell'aggeggio è puntando verso di me.
«Ti sto registrando.» mi fa notare, come se non l'avessi capito da sola. Alzo gli occhi al cielo, «Questo l'avevo capito, Ias, ma perché codesta azione?» inizio a prenderlo in giro.
«Sei carina, Silvia.» ammette come se fosse la cosa più naturale del mondo. Arrossisco, e ringrazio me stessa per aver evitato di farmi una coda stamattina. Con i capelli sciolti che mi cadono sul viso magari non si accorge che mi sto trasformando in un pomodoro. È il primo ragazzo che mi fa un complimento, e a dir la verità, è il primo che mi piaccia. Forse, dopo questo c'è una piccolissima possibilità di piacergli. Non so esattamente che dire, se dovrei essere sincera e dire che non ci credo, o sussurrare un grazie; infondo è sempre un complimento.
Indecisa sul da farsi, mi giro verso di lui incredula mentre gli sorrido. Ha detto che sono carina. Ha detto che sono carina.
Ricambia il sorriso, mentre mi guarda le guance e fa vedere ancora di più i denti. Cavolo, si è accorto che sono arrossita. Ma forse non è un fatto negativo, anzi. Fa un gesto che lascia sorpresa sia me, che lui, dato il suo sguardo imbarazzato. Mi prende la mano, e intreccia le nostre dita facendomi sentire i brividi sulla schiena.
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Born to be yours
FanfictionCosa succederebbe se una ragazza decidesse di scappare di casa, lontano dalle delusioni del fratello e della famiglia? E se con lei scappasse anche un ragazzo conosciuto da poco? E se i due si innamorassero l'un dell'altra? «Ti ho dato il mio cuore...