Fairy Tail School #3

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"Okay. Calmati. Respira." La voce di mio fratello arrivava quasi ovattata alle mie orecchie, mentre tenevo gli occhi chiusi e cercavo di concentrarmi, come mi era stato detto di fare. Avrei dovuto liberare la mente da ogni pensiero, ma ahimè risultava a dir poco complicato.
Sbuffai e fulminai Zeref con lo sguardo.
"Avresti dovuto dirmi di questa cosa tempo fa. E anche i nostri genitori avrebbero dovuto." Dissi arrabbiato. L'erba mi solleticava le gambe scoperte e il sole del primo pomeriggio rendeva l'aria afosa, anche se l'estate stava ormai per finire.
Zeref, seduto a gambe incrociate a pochi passi da me, mi rivolse uno sguardo compassionevole, che non fece altro che farmi innervosire.
Luxus e sua moglie avevano lasciato casa nostra qualche ora prima, con la promessa che ci saremmo rivisti a scuola. Da quel momento in poi mio nonno era rimasto chiuso nel suo silenzio, mentre mio fratello aveva provato a spiegarmi come poter usufruire del mio potere limitato. Inutile dire che ero riuscito a malapena a far oscillare la fiamma di una candela.
"Vado in camera mia. Se non la finisco ora, stanotte dormo a terra." Mormorai alzandomi in piedi. Zeref aprì la bocca per dire qualcosa, probabilmente per fermarmi, ma dovette ripensarci, perché se ne stette zitto e immobile mentre andavo via. Come d'abitudine, accesi la musica non appena misi piede in camera, chiudendomi la porta a chiave alle spalle. La pittura era ormai asciutta, sospirai e mi diressi verso gli scatoloni. Per quanto l'idea di aprirli mi metteva in seria difficoltà, alcuni di essi contenevano cose che mi sarebbero servite, così facendo uno sforzo mi sedetti a terra e ne cominciai ad analizzare il contenuto.
In una vi erano tutti i miei vestiti, li cacciai e li misi in ordine su uno scaffale che avevo comprato al supermercato e che avevo dovuto montare da solo.
Misi poi il materasso sotto la finestra e lo coprii con le lenzuola nuove, e con i cuscini che avevo portato dalla casa vecchia. Alcuni appartenevano a mio fratello, altri mi erano stati regalati dalla mamma, per questo decisi di lasciarli nel cartone che li conteneva, così come gli album di foto della mia infanzia e i diversi regali che negli anni si erano accumulati. Alla fine del mio lavoro tutto quello che arredava la mia camera era il letto, lo scaffale e uno stereo di bassa qualità. Tutti i miei libri erano affilati sul pavimento. Sospirai e guardai fuori. Mio fratello non era più in giardino. Aprii la finestra e dandomi un'ultima occhiata indietro, saltai sull'albero che affiancava la casa, prima di scivolare giù e correre via. Non sapevo dove andare, ma non avevo intenzione di tornare a casa, non per quella sera almeno.
Cominciai a camminare senza avere una meta precisa, e dopo dieci minuti mi ritrovai a girare in tondo. Presi quindi un vicolo laterale e mi ci infilai dentro. Quello che mi ritrovai davanti fu un grande casolare abbandonato contornato da un alta ringhiera arrugginita. La tentazione di entrarci dentro fu tale da farmi avvicinare di qualche passo, ma prima che potessi scavalcare la ringhiera, una voce mi bloccò. "Sai, non ti conviene farlo." Mi voltai di scatto. Il vicolo, prima vuoto, ora era occupato da due ragazze e un ragazzo. Avevano tutti l'aria da bulletti, ma io non ero il tipo da farsi intimidire. Al centro vi era un ragazzo muscolo alto quanto me, aveva i capelli scuri e un tatuaggio sul viso che gli donava un'aria spaventosa. Al suo fianco due ragazze, una rossa e l'altra turchina, mi fissavano severe. La turchina era molto più bassa degli altri, ed era evidente che fosse anche molto più giovane. La rossa invece aveva un'aura a dir poco terrificante che le aleggiava attorno. "Fare cosa?" Dissi mettendo le mani in tasca e sfidando con lo sguardo i tre. Il ragazzo sorrise sghembo. "Entrare lì dentro. Non è per i deboli di cuore quel posto, tanto meno per un novellino come te." Rispose. Annuii. "Sai, prima avevo una mezza intenzione di entrare, adesso invece sono proprio convinto che lo farò." Feci convinto.
I tre si scambiarono un'occhiata eloquente, poi la piccola si scagliò contro di me con una forza che non credevo possibile per una bambolina così piccola. Misi le mani davanti e parai il suo colpo.
"Cos'è mandate la più debole per paura che voi mi facciate troppo male?" Chiesi sfacciato. La piccoletta arretrò e al suo posto mi ritrovai sotto i colpi della rossa che in un attimo aveva cambiato aspetto e impugnava uno spadone a due mani. Fischiai ammirato, mentre lei saltava indietro per poi puntare nuovamente su di me. "Ora si ragiona. Mi sento tutto un fuoco." Sbottai, e come acceso da quelle parole, il mio corpo prese a fremere fino a quando le fiamme non ricoprirono interamente le mie mani. Guardai le fiamme guizzare tra le dita, ammirato. Forse mio fratello avrebbe dovuto cambiare metodo per insegnarmi a usare i miei poteri. Troppo impegnato a guardare le mie fiamme, non feci caso alla lama che si scagliava feroce su di me, fino a quando non me la ritrovai a pochi centimetri dal viso. Troppo tardi per evitarla, ma ancora in tempo per deviarne la traiettoria. Mi abbassai e scartai verso destra, scansando un colpo fatale, procurandomi soltanto un leggero graffio sulla guancia.
"Erza! È un dragon slayer!" Gridò la bambina. Oh quindi era quello il nome della rossa. Erza. Dovevo dire che le stava a pennello. "Un dragon slayer? Wendy sei sicura?" Chiese il ragazzo. Erza nel frattempo teneva la spada in posizione difensiva, senza accennare ad un attacco. Avrei voluto interrompere quei tra ragazzini e inveire contro di loro per aver cominciato una conversazione in quel momento, privandomi della loro attenzione, ma me ne stetti in silenzio. Quelli non erano semplici bulletti, quei tipi stavano usando della magia... Erza mi squadrò dalla testa ai piedi e ridacchiò. "Questo qui non sa nemmeno cosa voglia dire essere un mago." Fece strafottente. Abbassò l'arma e arretrò, tornando negli abiti in cui l'avevo vista non appena era spuntata nel vicolo: una maglietta a maniche corte nera e una minigonna dello stesso colore, così come l'altra ragazzina. Anche il ragazzo indossava una divisa simile, con un pantalone dalle tasche ampie al posto della gonna. Abbassai le braccia lungo i fianchi e le fiamme smisero di ondeggiare intorno a me.
"Se è davvero un Dragon Slayer questo significa che..." Cominciò Wendy, il moro annuì. Solo in quell'istante mi resi conto che quegli sconosciuti stavano parlando di me e di quello che ero capace di fare.
"Il mio nome è Natsu. E no, non so niente di magia. La rossa ha ragione." Mi presentai. Erza aggrottò le sopracciglia ma non replicò. E in un attimo tutti e tre presero nuovamente a dialogare come se io non fossi davanti a loro. "Jellal, dobbiamo rientrare. Siamo in ritardo." Mormorò la bambina. Il ragazzo annuì lanciandomi un'ultima occhiata prima di cominciare a camminare nella direzione del cancello, che si aprì al suo passaggio, richiudendosi quando tutti e tre furono dentro. O almeno così pensavo...
"Vuoi rimanere lì impalato... Natsu?" Mi richiamò Erza, facendo capolino dal cancello chiuso. Era un'illusione dunque. Non esisteva alcun cancello. Mi guardai intorno prima di annuire. Quegli strambi ragazzi sapevano del mio potere, e stando con loro forse lo avrei saputo anche io. "No. Arrivo."

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