Gocce di pioggia

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Nessun rumore, tutto taceva, silenzio, soltanto una leggera brezza animava le fronde degli alberi, quasi a voler dimostrare che, sebbene potesse apparire angoscioso, quel clima trasmettesse quiete e serenità. Ad interrompere quella pace fu l'improvviso arrivo di un'auto, la quale si fermò davanti al cancello di un cimitero in una classica ed uggiosa giornata di Novembre.

Non si poteva certo dire che fosse un'automobile sportiva, possedeva il giusto equilibrio tra semplicità ed eleganza, simbolo stesso della proprietaria.

Difatti, dopo aver aperto la portiera, scese dalla vettura una bellissima fanciulla dalla lunga chioma nera ondulata, con dei riflessi blu, lasciata libera di adagiarsi alle spalle. Indossava un vestito color rosso ciliegia, che arrivava all'altezza delle ginocchia, l'ombrello alla mano in caso di pioggia improvvisa. Occhi azzurro chiaro, pelle pallida e candida. Il ritratto di una giovane donna all'apparenza stravagante, visto che il freddo particolarmente pungente di quel mese non permetteva certo di vestirsi in quella maniera. Eppure il suo sguardo lasciava trapelare un animo audace, impavido e rilassato, come se il gelo provato non fosse nulla in confronto al burrascoso passato affrontato.

Si incamminò all'interno, tenendo fra le mani un mazzo di fiori di genere diverso, tra cui spiccavano l'aquilegia, l'ibisco, l'anemone e la zinnia.

Si fermò davanti ad una lapide.

‹‹Sono tornata›› disse, mentre un languido sorriso le si stagliò sul volto.

Non era triste, anzi, percorreva quella strada da 10 anni oramai. Tuttavia solo da poco con piacere e totale consapevolezza di essere andata avanti. I primi tempi il dolore la lacerava. Non appena si trovava di fronte alla tomba scoppiava in pianti e singhiozzi improvvisi che duravano ore, se non giorni.

‹‹È proprio vero che il tempo rimargina le ferite›› pensò tra sé chiudendo gli occhi e alzando lo sguardo verso il cielo grigio e cupo.

Rimase in quella posizione per un po', in quel luogo di contemplazione, ad ascoltare la sinfonia che il vento produceva. Quest'ultimo, dapprima lieve, si fece sempre più intenso, spostando i capelli della giovane e rivelando degli orecchini particolari, rossi con delle macchioline nere, ricordavano la forma di una coccinella.

D'impatto la ragazza, assorta nei propri pensieri, fu svegliata da una voce in lontananza, che man mano si fece sempre più vicina.

‹‹Marinette!›› esclamò la voce.

Era una ragazzo slanciato, sicuramente suo coetaneo, con un gusto nel vestire meno elegante di lei, ma allo stesso tempo semplice come il suo.

Jeans scuri e maglia chiara con sopra una felpa pesante per proteggersi dalle intemperie. I suoi occhi erano di un azzurro talmente accattivante che non era difficile immaginare che avesse milioni di ragazze ai suoi piedi. I capelli reduci da svariate tinte.

‹‹È bello vederti, Luka›› disse la giovane all'amico salutandolo con un abbraccio.

I due si conoscevano da anni. Ciò nonostante lei lo aveva rifiutato più volte, incapace di legarsi sentimentalmente a qualcuno dopo quel tragico evento. Affetto era ciò che manifestava per Luka. C'era sempre stato a darle manforte in quel periodo della sua vita complicato, una spalla su cui piangere, il suo migliore amico, ma niente di più.

Il cuore di Marinette era appartenuto ad un solo ragazzo, colui che, in una giornata tenebrosa come questa, era riuscito a farla innamorare con un semplice gesto e sorriso. Non si sentiva di tradirlo, soprattutto perché il senso di colpa la squarciava dentro.

Luka la osservò un po' preoccupato: ‹‹Sembri stanca, dovresti tornare a casa e riposare››.

‹‹Sto bene, del resto sono qui per un motivo ben preciso›› disse lei estraendo alcuni fiori dal mazzo.

‹‹Sei sicura di volerlo fare?›› domandò pacatamente il giovane.

‹‹Più che sicura›› disse Marinette poggiando il primo fiore sopra la lapide.

Il primo fu l'anemone.

‹‹Sapevo bene come ti sentissi, la perdita di tua madre e l'abbandono di tuo padre hanno pesato molto su di te, avrei dovuto capirlo prima››

Il secondo fu l'ibisco, simbolo di bellezza fugace, l'incanto fuggevole di un istante.

‹‹La tua bellezza rimarrà in eterno››

Fu la volta della zinnia.

‹‹Manchi a tutti, ogni giorno che passa...››

Ed infine l'aquilegia, il fiore che non era mai stata in grado di utilizzare, malgrado raffigurasse perfettamente ciò che provasse. La pianta del sentimento coltivato in segreto, dell'amore nascosto.

Respirò profondamente, per un attimo il silenzio, dopodiché parlò.

‹‹Sin dal primo istante ho pensato che fossi una persona brillante e stupenda, con la tua allegria mi suscitavi sensazioni speciali e in nessun caso avrei potuto sospettare di averti accanto a me costantemente. Non avresti dovuto sacrificarti per me, avrei dovuto salvarti. Io...›› tacque per un secondo portandosi la mano alle labbra e si voltò verso l'amico, il quale la guardò tristemente e la cinse attorno alle sue braccia.

‹‹Te l'avevo detto, non eri ancora pronta›› sospirò Luka.

Tutta la sicurezza che fino a qualche ora prima aveva avvolto Marinette svanì in un solo colpo, però con un fioco tono di voce disse: ‹‹Adrien...mi dispiace così tanto...›› per poi tornare a nascondersi nel petto di Luka.

Una lacrima scese dal suo volto e contemporaneamente anche una dal cielo sull'aquilegia. In poco tempo divennero sempre di più e Luka aprì l'ombrello.

Gocce di pioggia.





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