Oh caro cuore, a volte sei più chiaro del cervello

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[ATTENZIONE, QUESTO CAPITOLO NON PROMUOVE ASSOLUTAMENTE L'OMOFOBIA, ANZI, CERCA DI SENSIBILIZZARE AL RISPETTO RECIPROCO PORTANDO DEGLI ESEMPI SU CIÒ CHE È SBAGLIATO E CHE NON DOVREBBE ACCADERE NELLA NOSTRA SOCIETÀ]

Marinette stava percorrendo il tragitto da casa a scuola con l'aria di un cadavere.
Aveva trascorso tutto il giorno precedente a chiedere se qualcuno avesse notato o reperito un braccialetto dalle tonalità rosa-verdi, senza ottenere nessun effettivo risultato.
Era come se si fosse volatilizzato.
La disperazione si era quasi impossessata di lei.
Tikki dal taschino del cappotto guardava la padrona non sapendo più che strategia adoperare per mantenere salda la sua fede vacillante.

«Non ci sono speranze» sospirò.
«Sii positiva, dobbiamo ancora provare al centro oggetti smarriti» la rassicurò il kwami.
«Lo so, ma» starnutì «questo clima porterà sicuramente un'ulteriore nevicata, e se non mi fossi accorta durante la ricognizione che fosse stato a un palmo dal mio naso e la neve lo avesse seppellito?»
«Nei posti in cui siamo siamo state non c'era traccia del bracciale, quindi non preoccuparti, qualcuno lo avrà raccolto»

Tikki, oltre ad essere la sua fonte di potere, era anche il suo angelo custode.
Le sue parole di conforto erano un toccasana per lo spirito.
Il portafortuna per Marinette non era soltanto un regalo di Adrien, ma anche il simbolo di una solida amicizia che secondo Alya si stava tramutando in qualcosa di grosso.
Forse avrebbe dovuto valutare l'idea di riservare uno spazietto per l'amica come angelo custode di riserva -o forse addirittura supremo.
L'aveva supportata e soprattutto sopportata così tante volte in quell'anno che oramai aveva perso il conto. Le aveva organizzato un'uscita di coppia talmente andata bene che aveva deciso di perdonarle il fatto che non le avesse accennato nulla. L'aveva aiutata nelle ricerche del braccialetto, restando a scuola un'ora in più del dovuto, ispezionando ogni singola area della costruzione -gabinetti compresi.
Marinette avrebbe voluto ricambiare quelle gentilezze, ma Alya, testarda quanto altruista, rifiutava sempre qualsiasi forma di ringraziamento.

"Consideralo un compenso per la nostra amicizia" le diceva.

Si stupì di vederla sullo stipide della porta d'ingresso della scuola. Il suo viso era una maschera di puro disgusto e rabbia, tramutatosi in panico non appena Marinette le andò incontro.

«Che succede Alya?» le chiese allarmata.

Alya strinse i pugni e fece un bel respiro profondo: «Ascolta»

Marinette tese le orecchie, e, come un segugio, captò svariate conversazioni tra i ragazzi nell'entrone.
Ognuna aveva lo stesso soggetto.

«L'hai vista? È come si vocifera?» domandò un ragazzo con un piercing al labbro inferiore.
«Sì, in questi ultimi giorni, che fortunata» rispose una sua compagna di classe minuta e con una cascata di capelli rossi.
«Due come loro non potevano che finire insieme» disse un altro dal fisico robusto.
«Per me si sta vantando eccessivamente» commentò una ragazza riccioluta e con un paio di occhiali rotondi, ricordanti il fondo di una bottiglia.
«Sei soltanto gelosa» ribattè la ragazzina pel di carota «insomma, Adrien Agreste è un sogno!»

Quel nome ferì le orecchie di Marinette ed ebbe la sensazione che le stessero sanguinando. Rimase impietrita.

Alya digrignò i denti: «Marinette, mi tratterrò perché sono tua amica, ma sappi che non sei così sbadata come credi» i suoi occhi si ridussero a due fessure «o come vogliono farti credere»

La corvina non aveva capito un quarto di ciò che le aveva detto Alya. La sua testa vorticava.
Adrien si era fidanzato? Quando? Con chi?
Aveva perso la sua occasione.
Avrebbe rinunciato a lui, non si sarebbe mai e poi mai messa in mezzo in una relazione al fine di rovinarla.
Alya le diede uno scossone per farla rinsanire.

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