~Prologo

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Una valigia.

La valigia.

Era lì, ai piedi di quel vecchio letto, chiusa, con tutto ciò di cui avevo bisogno al suo interno. La guardai per un po': com'era bella, mi venne di pensare. Era bella con il suo colore arancio sbiadito, i francobolli di tutti i paesi che i miei genitori avevano visitato, sparsi qua e là, il foglietto con il mio nome scritto in una grafia svolazzante, allegra. Finalmente pronta. Pronta per andare via.

Mi immaginai al mattino seguente, nel momento in cui avrei portato orgogliosamente quella vecchia valigia dietro di me salendo sull'aereo. Immaginai anche l'aereo. Bello, bello come un drago bianco e blu pronto a solcare il cielo con me, per me. Per portarmi via di lì. Una famiglia, finalmente una famiglia. Era qualcosa di simile a un sogno da cui speravo di non svegliarmi mai. Chissà come mi avrebbero accolta, chissà qual era il volto dei miei nuovi genitori. Suor Christine diceva che ero l'unica ragazza di quell'orfanotrofio così fortunata da trovare una famiglia a sedici anni. Beh, erano parecchi, sì, ma se avevano scelto me, c'era un motivo. Magari mi volevano così, andavo bene anche senza le manine rosee e i codini. Qualcuno bussò.

<<Avanti.>> dissi, a voce non troppo alta. Dormivano tutti. La porta si aprì e vidi entrare Luz. La mia unica amica, una sorella, direi, e compagna di stanza di sempre. Come al solito, era rimasta a girovagare per le stanze fino a tardi, cercando di non farsi scoprire da suor Olivera. Parte della chioma ribelle, rossa e riccia - strano, dato che era spagnola - le finì davanti al volto quando sgattaiolò accanto a me in punta di piedi.

<<Allora?>>, sussurrò, guardandomi seduta lì a osservare tutto ciò che avevo intorno.

<<Allora sono pronta>>, sospirai, alzando lo sguardo per incrociare il suo, del colore di quella notte. Aveva gli occhi scurissimi, il nero più nero che avessi mai visto. Io, invece, li avevo verdi. Un verde bosco. Perciò ci completavamo. Le lentiggini le avevamo entrambe, sul naso e sotto gli occhi. Tra me e lei c'era una leggera differenza, io non ero mai stata molto alta. Tutte e due avevamo sempre avuto i capelli molto lunghi, ma erano completamente diversi. I miei erano più o meno lisci, direi, e neri, neri come i suoi occhi. Mi arrivavano fino alla base della schiena, e ne ero gelosissima. Se qualcuno me li avesse tagliati, non ho idea di cosa avrei fatto. Quella sera erano raccolti in una cipolla disordinata, dalla quale alcuni ciuffi scendevano fino all'enorme maglione giallo limone, contrastanti su un colore così acceso. Quel maglione era stato di qualche ragazzo più grande, che aveva finalmente compiuto la maggiore età ed era potuto andare via. Ora lo avevo io, e forse era il mio maglione preferito. Lo avrei portato con me a Los Angeles.Chissà come avevano fatto a trovarmi qui, i miei futuri genitori; avevano fatto così tanta strada per trovare me, e mi sembrava stranissimo. Chandler era così noiosa, una città vuota. Forse perché ci abitavo da sedici anni. O forse perché, se uscivo, era solo per aiutare suor Olivera a fare la spesa. E poi Los Angeles, chissà com'era. L'avevo sognata, ma sapevo che sarebbe stata completamente diversa dalle mie aspettative. Più grande, più bella, più viva. E tutto ciò domani, domani alle 12 sarei stata lì.

<<Ti mancherò un po', vero?>>, sospirò Luz, poggiando la testa sulla mia spalla e unendosi a me in quella strana contemplazione della valigia. Sorrisi, accarezzandole i capelli.

<<Ma scherzi? Mi troverò una nuova amica, una tettona californiana con tutti i ragazzi ai piedi.. E chi si ricorderà più di una pazza come te?!>>

Scoppiammo entrambe e ridere e, una volta tornato il silenzio, ci abbracciammo forte. Chiusi gli occhi, stringendo il tessuto sottile della sua maglietta e inspirai il suo profumo fresco. Ci guardammo per qualche secondo, ma presto gli occhi di entrambe si riempirono di lacrime.

<<E se non ti mancherò, perché piangi?>>, ridacchiò lei tra i singhiozzi. Tirai su col naso e scrollai le spalle.

<<E' felicità, tesoro>>, replicai. Ridemmo ancora e decidemmo di unire i due letti per dormire insieme. Indossai un paio di vecchi leggins e una maglietta e mi infilai sotto le coperte con Luz.

Ci addormentammo mano nella mano, lei dopo cinque minuti esatti, io chiaramente un po' di più.

Mi svegliai sbadigliando quando suonò la sveglia. Le sette del mattino. Mi stiracchiai, canticchiando uno stupido motivetto che mi saltò in mente e sorrisi quando Luz brontolò qualche parola e mi colpì con il cuscino. Quanto mi sarebbe mancata, Dio. Ma mi dovevo sbrigare, così mi alzai e andai a lavarmi velocemente, anche perché dopo i primi tre minuti l'acqua diventava sempre gelida. Mi vestii in fretta e furia e pettinai i capelli, mentre Luz mi osservava.

<<Secondo me, ti rimanderanno indietro perché hai i capelli troppo lunghi, o ti manderanno in riformatorio per aver ucciso un parrucchiere che voleva tagliarteli..>>, mormorò, tirando su con il naso.

<<Oh, ma sta' zitta>>, la spinsi scherzosamente. Mangiai il pacchetto di Oreo di riserva che nascondevo sempre sotto il cuscino.

<<O ti troveranno strana perché nascondi biscotti al cioccolato sotto il cuscino, e li mangi come un criceto>>, ridacchiò ancora. Non le diedi retta, pur ridendo tra me e me, e mi lavai i denti. In quel momento entrò suor Christine.

<<Scarlett? Andiamo?>>, disse con voce dolce, nascondendo le lacrime agli occhi. Come se avessi paura di rispondere, annuii velocemente. Sollevai la valigia dal punto in cui l'avevo lasciata la sera prima e mi voltai verso Luz.

<<E comunque, nessuna tettona californiana sarà mai come te>>, le sussurrai stringendola forte.

<<Mi mancherai.>>

Sospirai, accarezzandole i capelli.

<<.. Anche tu.>> Dopo qualche minuto, ci staccammo per guardarci negli occhi. Piangevamo entrambe.

<<Divertiti, laggiù>>, sorrise, e ricambiai quel sorriso così dolce.

<<Non dubitare di me.>> Ci abbracciammo ancora una volta, a metà tra le lacrime e le risate, e poi camminai lentamente verso la porta. Mosse di poco la mano, nascondendo il viso tra i capelli.

<<A presto.>>

<<A presto.>>, mi rispose.

Ci guardammo.

Le sorrisi.

Mi sorrise.

Sorridemmo.

Chiusi la porta.

Tirai su con il naso, scendendo le scale con suor Christine. Osservai le varie porte di colori diversi, i nomi scritti sopra con pennarelli consumati, la moquette una volta verde lime. Era come se volessi fissare ogni dettaglio nella mia memoria. Nessuna festa d'addio dell'ultimo minuto a sorpresa, me lo sarei immaginata, ma andava bene così. Mi volevano bene, sì, ma non ero una parte così insostituibile in quella casa. Eppure, mi sarebbero mancati tutti, tutto. Mi sarebbe mancato incredibilmente persino il disgustoso purè di patate del martedì sera, chi avrebbe mai pensato di dirlo!

Decisi di non pensarci.

Sorrisi tra me e me: iniziava una nuova vita.

Ciao a tutte! Sono Aloisia

Questa è la mia prima fan fiction, e anche se non si è ancora capito da questo primo capitolo, è su Brad Simpson, cantante dei The Vamps.

Spero vi sia piaciuta, nonostante questo sia un capitolo di introduzione. Dal prossimo inizia la storia vera e propria!

Fatemi sapere cosa ne pensate, spero di aggiornare subito. Kisses! ♡

DANGEROUS ||Bradley Will Simpson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora