~Capitolo 1

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In poco tempo, mi ritrovai catapultata giù dal taxi, di fronte all’immensa struttura dell’aeroporto. Presi un profondo respiro, immobile, con la valigia dietro di me e il biglietto stretto in pugno.

Ed entrai.

Camminare sembrava l’impresa più ardua che avessi mai affrontato, come se il pavimento lucido dell’ingresso fosse una scoscesa salita di montagna, di quelle nelle fotografie. Osservare tutte le persone intorno a me era la cosa più interessante del mondo, come se fossero animali rari, mai visti prima. Guardavo le loro facce, così concentrate e allo stesso tempo distratte: andavano tutti di fretta. E io mi muovevo inesorabilmente lenta con la mia valigia arancione, tremendamente spaventata. L’aereo era davvero come lo immaginavo, immenso. Mi piaceva tantissimo perché aveva la coda arancione e fucsia. E starci dentro era ancora meglio di come lo immaginavo, soprattutto la partenza: era come stare sulle montagne russe – lo ricordo, quando all’orfanotrofio ci portarono al lunapark - ma senza il vomito e le grida. Quando scesi dall’aereo, la prima cosa che feci fu respirare a pieni polmoni quell’aria nuova, profumata. Camminai incerta fino alla struttura dell’aeroporto, spaventata dai miei dubbi: chi era lì ad aspettarmi? Di cosa avremmo parlato in macchina? Sarei stata timida, o mi sarebbe venuto tutto naturale? Erano domande che non mi ero mai posta prima, immaginandomi in una famiglia.

E quando entrai, fui assalita dalla paura: guardandomi intorno, vedevo solo persone con cartelli pieni di nomi scritti a caratteri cubitali, e mi sembrava di essere sola. Quella sensazione che provavo da anni era tornata a tormentarmi, anche quando pensavo di averle detto addio.

Una donna robusta con dei capelli biondo platino correva con le guance rosse per la fatica ed era seguita da un uomo alto e magro con dei folti capelli brizzolati che faticava a tenere il passo con due zaini sulle spalle. Li osservai curiosa con la testa leggermente inclinata. La donna iniziò a sgomitare tra la folla aprendosi con difficoltà un varco. Si fermò all’improvviso, facendo sbattere il marito contro di lei. Mi fissò negli occhi e io arrossii, ma non appena abbassai lo sguardo, lei urlò.

<<Scarlett!>> Corse verso di me a braccia spalancate.

<<Oh Dio, tesoro, sei bellissima!>>, iniziò a singhiozzare dopo avermi stretta al suo petto con una forza sovrumana.

Totalmente spaventata mi allontanai. La donna mi prese le mani, stringendole tra le sue morbide e sudaticce.

<<Ehi, cara, io sono Violet! Violet Young! Verrai a vivere da me!>>

Un tuffo al cuore.

<<Oh Dio.. non..>> sussurrai non riuscendo a nascondere l’immenso stupore.

Guardai negli occhi la mia nuova madre e ci vidi un futuro, un bellissimo futuro.

Il mio.

Subito dopo spostai lo sguardo sull’uomo che mi tendeva la mano ansimando “Mark, io sono Mark” con un enorme sorriso, nonostante il fiatone e le guance rosse. La strinsi ma subito dopo lui mi affogò in un abbraccio molto simile a quello di sua moglie, solo un po’ più delicato.

Il discorso che mi ero preparata durante tutto i viaggio per non fare la figura dell’idiota aveva scelto di lasciarmi sola. E feci la figura dell’idiota. Cominciai a balbettare e gesticolare con la mascella che arrivava quasi al pavimento lucido. Loro mi guardarono e si sorrisero subito dopo. Violet mi prese sotto braccio strattonandomi e per poco non caddi a terra, ma risi rumorosamente dopo essermi spostata il ciuffo dalla fronte con qualche soffio. 

Wow, pensai, ora ho una famiglia. 

Il viaggio in macchina duro poco più di un quarto d’ora e, nonostante temessi che il silenzio sarebbe diventato troppo pesante, non potei sentirlo nemmeno per un secondo! Violet continuò a parlare ininterrottamente fino a casa, mi stava davvero simpatica. Osservai bene tutto ciò che avevo intorno. Los Angeles era davvero bellissima: le strade erano enormi nonostante ci trovassimo nella periferia, le palme si rincorrevano sulla costa e a un centinaio di metri potevo vedere l’oceano. Dentro di me c’era una lotta tra gioia per quell’enormità che prima di allora avevo visto solo in foto, e paura. Un’immensa paura.

Presto prendemmo una strada un po’ più stretta, costeggiata da casette a due piani con tanto di tetto spiovente su entrambi i lati. Erano davvero bellissime.

La macchina si infilò in un vialetto, dove Mark la parcheggiò. Una volta aperta la porta, mi investì un dolcissimo profumo. Un profumo di casa, casa vera, e non di ammorbidente e polvere, come quello al quale ero abituata. Il salotto era spazioso e sui toni caldi, con un parquet lucido e molte foto sulle pareti. Insieme alle foto del matrimonio di Violet e Mark, e anche alcune di quando erano ancora giovani, ce n’erano molte altre di bambini che correvano, giocavano con una palla in un bel giardino. Poi, ne scorsi altre di ragazzini, e altre ancora di ragazzi più grandi di me. Violet continuava a parlare e le parole le straripavano dalla bocca come un fiume in piena.

<<Allora, tesoro, adesso Mark porta la valigia nella tua stanza.. vero, Mark?.. e ti aiuto a disfare i bagagli. A proposito, vieni, ti mostro la casa.. Brad!.. dovrebbe essere di sopra. Per cena facciamo una grigliata in giardino, che ne pensi, cara? Ti piace il pollo? .. coraggio, Mark, va’ a prendere la valigia!>>

Devo ammettere che quella donna mi confondeva parecchio. Mi portò subito di sopra, dopo avermi fatto vedere la cucina -bella quanto la sala-, in un corridoio sempre ricoperto dal parquet. Diverse porte in legno colorato, simili a quelle dell’orfanotrofio, si affacciavano su di esso. Stavo annotando mentalmente quel piccolo dettaglio, quando Violet urlò dei nomi alla rinfusa.

<<Alice! Tom!>> Immediatamente un ragazzo con una barba castana e una ragazza bionda apparvero uscendo da due porte, alla fine del corridoio. Mi chiesi chi fossero, ma sembravano gentili.

Mi sorrisero e fu solo allora che mi sentii davvero a casa.

Dopo le presentazioni di coloro che ero pronta a chiamare fratelli e il resto della visita della casa, ci ritrovammo tutti giù in giardino. Il sole iniziava a tramontare e Mark aveva appena acceso il fuoco. L’atmosfera che regnava su casa Young era letteralmente fantastica: Mark e Violet mi avevano chiesto di come era stato il viaggio, della mia vita lì all’orfanotrofio, ma senza forzature. Mi raccontarono delle loro abitudini, della loro vita. Erano persone semplicissime e mi piacevano davvero.

Iniziai a essere meno timida, rigida, quando iniziammo a mangiare continuando a ridere e chiacchierare.

Eravamo seduti sulle sdraio a pancia piena, quando si sentì, dall’interno della casa, un tonfo sordo. Dei passi strascicati echeggiarono in sala, e un lampo illuminò la mia mente: Brad. Quel Brad che Violet chiamava, quel Brad che non rispondeva. Brad Brad Brad Brad Brad. Iniziai a ripetere quel nome nella mia mente finché mi sembrò che la parola stessa non avesse più senso. Non mi accorsi che intorno a me si era creato un silenzio pesantissimo. I membri della famiglia si guardavano l’un l’altro, imbarazzati, come se non stessi capendo nulla. Ebbi una fitta allo stomaco; mi sentii invisibile, separata da loro.

Di troppo.

Violet si alzò ed entrò a passo svelto, attraversando la porta-finestra di vetro alle mie spalle. Nel silenzio che tornò a echeggiare fra di noi, sentii delle parole sussurrate all’interno della casa. Non riuscii a capire, tranne quando sentii una voce maschile parecchio roca sbattere contro le pareti della sala.

<<Me ne fotto!>>

Brad, pensai, Brad. Mio fratello? Probabilmente sì. Sperai solo che non mi odiasse.  

Dopo pochi minuti Violet tornò da noi sorridendo, ma notai che stava forzando gli angoli della bocca a stare su. Avevo fatto la stessa cosa per tutta la vita.

<<Si è fatto tardi!>>, ridacchiò nervosamente.

<<Che ne dite di andare a letto?>>

Io annuii immediatamente, cercando di sembrare educata, nonostante sentissi un fuoco tra il petto e la gola. Era come se quella bellissima famiglia si fosse spaccata nel mezzo, buttandomi fuori, per poi ricucirsi tutt’intorno.

Mi fece male.

Gente, sono tornata!

Come promesso, la storia inizia ad evolversi da questo punto.

Credo- e spero -che domani aggiornerò con il terzo capitolo. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questa storia, almeno fin'ora!

Baci♡

~Alo

DANGEROUS ||Bradley Will Simpson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora