~Capitolo 14

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Quella voce.

<<Vado via, ovvio, no?>>, sentii dire da Zayn, sempre tranquillo.

<<Se non esci da solo ti faccio uscire io a calci in culo>>, sbottò lui. La sua voce era graffiante, tirata, come se fosse malato. Scesi piano dal letto, camminando in punta di piedi e mordendomi il labbro inferiore fino a sentire il sapore del sangue pur di non dare ascolto alla mia caviglia urlante. Mi affacciai leggermente dalle scale, in modo da poter vedere la scena, chiaramente senza essere vista. Brad era piazzato davanti all'ingresso del soggiorno impedendo a Zayn, che mi dava le spalle, di raggiungere l'uscita.

<<Senti, sai che posso farti il culo ogni volta che voglio, Simpson. Lo sai benissimo>>, disse arrogantemente Zayn. Simpson? E poi come facevano a conoscersi?

<<Ah sì? Ricordami com'è finita l'altra notte>>, rise sprezzante Brad.

<<Ero strafatto. E tu eri più che apposto>>, rispose lui secco. Ma di cosa stavano parlando? La confusione si faceva spazio nella mia testa, ingigantita dal mal di testa.

<<Sì, come no.. E adesso va' via.>>

Ma Zayn rimase fermo, inchiodato al pavimento.

<<Non ci metto niente a farti vedere che non vali nulla, sai, Simpson?>>, lo provocò Zayn. I lineamenti di Brad si indurirono, gli occhi socchiusi.

<<Non adesso>>, rispose lui, in un visibile tentativo di restare calmo.

<<Oh, tesorino, hai paura? Hai paura che faccia a pezzi quel ributtante mucchietto di ossa che sei diventato?>>, lo prese ancora in giro il moro. Allora, in un solo istante, Brad si lanciò su di lui. Ma Zayn era preparato e non si sbilanciò come sarebbe successo se fosse stato colto di sorpresa: mentre il riccio tentò di colpirlo sul viso, lui gli tirò un micidiale pugno nello stomaco. Spaventata, distolsi lo sguardo ma tornai a guardarli subito dopo. Brad tentò di tirare un pugno a Zayn, ma lui si schivò e fu colpito sul braccio, per poi prendere lo slancio e colpire il riccio in faccia. Brad ricadde all'indietro e Zayn si piegò su di lui, prendendogli il mento sul quale era colato del sangue e stringendolo tra le dita.

<<Oh, piccolo, ingenuo Simpson. Malik vince>>, sibilò a pochi centimetri dal suo viso.

<<Sempre>>, aggiunse sputando e spingendo Brad di lato per andarsene come se nulla di tutto ciò fosse successo. La porta si chiuse.

<<Sei un figlio di puttana>>, urlò Brad, troppo tardi, ancora per terra.

<<Uno schifoso figlio di puttana>>, ripeté piano, più a sé stesso che a Zayn che ormai era lontano. Si mise le mani sul viso e lo strinse forte, come a volerlo disintegrare. Non ne sono così sicura, ma credo di averlo sentito piangere; singhiozzi sommessi, affannati, disperati oserei dire, ma allo stesso tempo liberatori. Avrei tanto avuto voglia di correre da lui, di abbracciarlo forte come lui aveva fatto con me, e avrei dimenticato tutto, avrei dimenticato quelle parole. Lo avrei fatto, e anche in fretta, pur di stringermi forte a lui, di sentire il suo profumo, la sua pelle morbida. Ma ero lì, pietrificata, e non sapevo cosa fare: se fossi andata da lui sarebbe stato come questa mattina? Ma se avessi sceso quelle scale, se mi fossi seduta vicino a lui, si sarebbe di certo chiesto da quanto ero in casa, se ero stata con Zayn, se avevo assistito alla scena. E lo avrebbe chiesto a me. E cosa avrei risposto? Così, col cuore stretto, in silenzio come ero arrivata, tornai in camera. La macchina di Zayn non era più nel vialetto; rividi i suoi occhi caramello puntati nei miei, così apprensivi, così dolci. Poi ripercosrsi quegli spaventosi attimi di poco prima, il suo sguardo su Brad. Cattivo.

Violet mi chiamò per cena, ma risposi che non avevo fame. Un po' mi sentii in colpa anche se ero certa che Brad non ci sarebbe stato, ma era la verità: avevo lo stomaco chiuso, un nodo alla gola. Continuavo a chiedermi cosa fosse successo, non riuscivo a capire. Volevo delle spiegazioni, motivo per cui mi ritrovai a bussare alla sua porta, alla porta di Brad, dalla quale passava la musica, la solita, quella forte e assordante di sempre. Non aprì. Bussai ancora. Nulla.

<<Brad?>>, mormorai avvicinando il viso alla porta. Solo la musica.

<<Sto per entrare..>>, dissi, ma alla luce di ciò che successe dopo, posso dire che avrei dovuto gridare di più. Aprii la porta. La camera era buia, entrava poca luce dalla tapparella abbassata. Non c'era nessuno dentro. Mi guardai intorno. Perché era tutto chiuso e lo stereo era acceso? Iniziai ad abituarmi al buio; c'era aria consumata lì dentro. Osservai di nuovo la camera: uno scintillio attirò la mia attenzione. Mi avvicinai lentamente al punto in cui avevo visto brillare qualcosa, e solo allora capii. Lui era lì, per terra, circondato da siringhe e aghi, da bustine vuote e polvere bianca. Gli occhi spalancati fissi su di me, eppure mi oltrepassavano. Osservai il suo braccio scoperto costellato di piccoli fori, alcuni sanguinanti, altri semplicemente lividi. Sgranai gli occhi, terrorizzata dall'orribile visione di Brad ridotto in quelle condizioni. Mi chinai subito su di lui.

<<Brad?>>, lo chiamai. Sembrava distante, completamente assente, in viaggio verso chissà quale sperduto angolo della sua mente; aveva gli occhi vuoti, e devo ammettere che mi faceva parecchia paura. Ma dovevo aiutarlo.

<<Brad..?>>, dissi di nuovo vedendolo immobile. Poggiai lentamente una mano sulla sua guancia. I suoi occhi si spostarono poco per volta nei miei, focalizzando l'attenzione su di me.

<<Come ti senti?>>, gli chiesi cercando di superare il volume della musica con la voce. Credo che stesse provando ad aggrapparsi a quel poco di dignità che gli restava quando i suoi occhi divennero severi, duri.

<<Mai stato meglio>>, rispose secco. Si alzò. O meglio, provò ad alzarsi. Infatti dovette gattonare per un po' e ricadde non una volta sola. Si mise di fronte a me, il viso a pochi centimetri dal mio. Abbassai lo sguardo, incapace di reggere il suo: uno sguardo malato, ecco ciò che era.

<<Chi ti ha detto di entrare?>>, sibilò. Sembrava essersi ricordato solo allora di ciò che era successo poco prima, e capii che non voleva fare altro che trovare un motivo per litigare. L'alito gli puzzava tremendamente di alcool.

<<Io.. tu non hai risposto e io sono entrata>>, dissi, e devo ammettere che non sembrai affatto insicura. E fu lì che sbagliai. Brad afferrò il mio polso, stringendolo forte e strappandomi un gemito.

<<Brad, mi fai male..>>, mi lamentai mentre lui non muoveva un muscolo. O meglio, ne muoveva qualcuno, giusto per farmi ancora più male.

<<Tu non devi più entrare qui dentro, hai capito, stronza?>> Una pugnalata, ecco cosa furono quei momenti. Feci per allontanarmi, volevo andare via. Ma lui me lo impedì, tenendomi ancora per il braccio. Lo guardai: la follia balenava in quegli enormi occhi cioccolato, ma pensai che fosse una sorta d'allucinazione. Ma ora posso dire che era follia, follia pura. Si piegò leggermente e raccolse qualcosa dal pavimento. Quel qualcosa scintillava.

Ed ecco che capii tutto.

Continuava a stringermi forte, troppo. Avvicinò il pugno chiuso al mio braccio, ero sicura che lo tenesse lì dentro.

<<Brad!>>, quasi urlai cercando di divincolarmi.

<<Sta' zitta>>, mi ordinò e serrò ancora di più la sua stretta. Una superficie sotile e gelida venne a contatto con la pelle del mio braccio e presi ad ansimare.

<<Lasciami andare.. ti prego, Brad, lasciami!>>

Ma l'ago stava già trapassando lo strato più superficiale della mia pelle. In pochi attimi un dolore atroce accompagnato da un bruciore si allargó per tutto il braccio nonostante, per ora, fosse lo stesso gioco che facevo da piccola all'orafanotrofio, quando facevi passare una spilla nello strato più esterno della pelle per poi farla uscire. Alzai lo sguardo dal mio braccio e lo puntai su Brad: era lì, gli occhi fissi su ciò che stava facendo, i capelli che gli ricadevano sulla fronte, sporchi e scompigliati, qualche brufolo sulla sua fronte bianca come un lenzuolo.

<<Brad!>>, gemetti mentre lui continuava a pungermi.

<<Te lo meriti, Scarlett. Ti meriti il dolore.>>

DANGEROUS ||Bradley Will Simpson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora