Capitolo 1 • Jun

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"Erbe d'estate

Tracce dei sogni

Di antichi guerrieri."

夏草や 兵どもが 夢の跡

[Matsuo Bashō (松尾 芭蕉)]




La sua destinazione era talmente vicina a casa che se avesse preso il treno dalla stazione di Ebisu, Jun Takano ci avrebbe impiegato il doppio del tempo ad arrivare. Fermò la bicicletta al solito posto, lungo la strada che costeggiava il prato fiorito che gli piaceva ammirare, nel parco di Arisugawa no Miya, sulla via della scuola e lasciò vagare la mente sui versi di quella poesia di Bashō, così complessa nella sua semplicità.

Quando morirò, pensava, anche i miei sogni aleggeranno su questi steli sospinti dalla brezza? Era un ragazzo che in diciotto anni di vita non aveva mai fatto qualcosa per distinguersi, anzi, pareva non perdesse occasione di confondersi tra la folla dei suoi coetanei. Troppo basso per entrare nella squadra di basket, aveva optato per il nuoto; attività in cui non si era distinto guadagnando neanche un podio e che suo padre gli aveva fatto abbandonare l'anno precedente con la scusa che avrebbe dovuto impiegare tutto il suo tempo libero per prepararsi agli esami d'ingresso all'università.

Gli insegnanti non dicevano di lui nulla di particolare, e siccome gli alunni più anziani negli ultimi anni avevano sdoganato il tingersi i capelli dei più svariati colori, anche la sua chioma biondo platino ormai passava inosservata. Non che i suoi voti lo avessero mai portato abbastanza in alto nella classifica della scuola da farsi notare; era uno studente nella media, come tanti. Takano sorrise pensando che, se i suoi compagni lo avessero visto di sera, quando si esibiva con la band per le strade di Shibuya, di sicuro avrebbe avuto dei problemi a scuola.

L'invidia era una brutta bestia e, in un mondo dove contava solo l'eccellenza, era certo che se avessero scoperto che faceva parte di una band punk, lo avrebbero preso in giro. Fortunatamente, invece, nessuno si accorgeva di lui. Relegato alla tappezzeria fino al calar del buio, quando si vestiva per andare a suonare. Indossava i pantaloni strappati da rocker, e si tirava su i capelli col gel. No, io non sono un guerriero, si disse, ripensando ai sogni. Sono un codardo.

***

«E così quella stronza della Kaneshiro mi ha messo un due per aver dimenticato il compito a casa.»

«Che bastarda. Poi dicono che la tua è una scuola progressista.» disse Rika soffiando il fumo da una parte e passandogli la sigaretta.

Takano le sorrise.

«La Azabu sarà anche moderna, ma lo spirito Yamato nel cuore della gente è duro da uccidere.»

Era la sua migliore amica dai tempi delle elementari e la stylist della rock band indie di cui faceva parte. Anche se frequentavano scuole diverse ora, non si erano mai persi di vista. Si trovavano tutte le sere a Shibuya o Harajuku e, dopo aver montato gli strumenti sul marciapiede, davano il via al concerto.

A essere onesti, lo stile punk si addiceva più a Rika. Le magliette patchwork su cui appuntava spillette delle band che rispettava, cadevano perfettamente sul suo seno florido e le gonnelline tartan le evidenziavano i fianchi un po' larghi. Quel giorno indossava una parrucca rosa molto vistosa e con la matita nera aveva disegnato una stellina sotto l'occhio destro. Takano l'aveva aiutata a cambiarsi nel bagno della stazione e lei gli aveva passato la matita nera sulla rima degli occhi e aveva lavorato per un quarto d'ora con gel ultrafissante e pinzette per tirargli su i capelli, creando un'acconciatura alta e voluminosa.

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