Capitolo 8 • Jun

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Non stava sognando. Erano le braccia muscolose di Nishino, attorno al suo corpo, che lo stringevano forte. Gli sembrava di aver visto la scena al rallentatore, invece era successo tutto in un secondo. Gli era slittato il piede e si era sentito perdere l'equilibrio, ma non era caduto, perché il ragazzo era scattato verso di lui e l'aveva afferrato poco prima che succedesse, tirandolo all'indietro con forza. Lo cingeva in un abbraccio quasi soffocante e respirava forte. Poteva persino sentire il suo cuore picchiargli contro la schiena.

«Idiota che non sei altro, mi hai fatto spaventare.»

«Lasciami! Voglio morire! Non sono affari tuoi.»

«Certo che sì.»

Nishino senza smettere di stringerlo con un braccio, infilò la mano dell'altro nella tasca dei pantaloni ed estrasse il cellulare. «Tu sei tutto scemo.» gli ringhiò nell'orecchio. «Vuoi morire?» Tenendo il telefono alto davanti a lui, perché lo vedesse, si mise a scorrere la galleria fino alle foto, che lo ritraevano davanti al love hotel di Shinjuku, con cui lo ricattava. «Non puoi morire per questo. Non te lo permetto.» Schiacciò il pulsante sullo schermo e le eliminò una dopo l'altra, prima di lasciarlo andare con uno strattone.

Takano si rimise in piedi a fatica, solo per fissare l'altro col suo sguardo cupo, pieno di ombre.

«Non hai niente da dire, eh? Dovresti scusarti. Non credere che sia finita così.»

«Hai appena... cancellato le foto.»

«Ho deciso che non ti ricatto più, ma non significa che voglio lasciarti andare.»

Nishino aveva un'espressione di sorpreso stordimento. Non si aspettava che all'improvviso gli s'inumidissero gli occhi e cominciasse a piangere davanti a lui. Il festival della scuola era un buon momento per farla finita. Quel mattino, uscendo da casa, aveva avuto un'ispirazione. Aveva pensato di farlo dove nessuno lo avesse visto, mentre gli altri partecipavano ai giochi e assistevano agli spettacoli e con il loro vociare avrebbero coperto il rumore della caduta. D'altronde, pensava, era anche una metafora di quella che era stata la sua vita, che pur così breve, gli sembrava lunghissima. Se ne sarebbe andato in silenzio come aveva vissuto. Solo con se stesso mentre gli altri stavano in compagnia e si divertivano. Takano non voleva piangere davanti al suo aguzzino, è che non riusciva a trattenere le lacrime di frustrazione che gli si riversavano fuori come un fiume in piena e s'irrigidì di colpo, sentendosi abbracciare.

«Perché,» mugolò tra i singhiozzi. «Perché non mi lasci in pace?»

«Perché tu mi piaci.»

Gli scattò in alto la testa a incontrare il suo sguardo e i singhiozzi si arrestarono all'improvviso. Deglutì il groppo pesante che aveva in gola, sentendo che riprendevano, ma tramutati in qualcos'altro; una risatina nervosa che gli risaliva dallo stomaco. Nishino si staccò da lui, fece un passo indietro e reclinò la testa di lato, incerto, osservandolo piegarsi su se stesso e appoggiare le mani sulle ginocchia, poi Takano raddrizzò la schiena e lo guardò dritto negli occhi.

«Smettila di prendermi in giro. Non hai ancora capito che non mi lascio ricattare? Io non ho niente da perdere, perciò, fai come ti pare, divertiti pure alle mie spalle, basta che mi lasci in pace.»

«Capisco. Se vuoi essere lasciato in pace, però, devi darmi qualcosa in cambio.»

«Che... cosa vuoi?»

La sua voce suonava stanca, flebile come l'alito di vento che giocherellava a scombinargli i capelli.

«Dimmi qualcosa di te che non conosce nessuno. Così mi ricorderò di te, quando la farai finita, perché so che ci proverai ancora. Quando la gente parlerà di te, non avrà niente d'importante da dire, ma io ti ricorderò per come sei veramente. Voglio i tuoi segreti. Non rivelerò mai a nessuno quello che mi dirai, neanche sotto tortura, però li voglio e dopo ti lascerò in pace come chiedi.»

Takano aveva un'espressione incredula, a bocca aperta. Aveva solo una domanda.

«Perché? Cosa ci guadagni tu?»

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