Si costrinse a salire le scale del condominio di lusso ancora una volta. Se non aveva preso l'ascensore, era perché l'abitudine di usare le scale gli concedeva il tempo di pensare a cosa dire ed eventualmente, gestire l'ansia, che gli spazi ristretti non potevano contenere. Stavolta, però, non provava ansia, ma una cocente rabbia, diretta verso se stesso, perché quando era stato lì la volta precedente aveva dimenticato la chitarra. Non potendo chiedere i soldi a suo padre per comprarne un'altra, doveva tornare a riprenderla per forza. Nishino quella mattina poteva avergli salvato la vita, ma non l'avrebbe ringraziato. Restava comunque altezzoso, antipatico e l'aveva pure ricattato. Forse non aveva intenzione di spingerlo al suicidio e si era spaventato; per quello aveva cancellato le foto dal cellulare, ma ciò non toglieva la gravità del suo gesto. Non poteva sapere che lui meditava di farlo già da qualche tempo e che il suo ricatto non c'entrava poi molto. Nonostante pensasse di rifiutare qualsiasi proposta Nishino avrebbe creduto di fargli e finalmente chiudere la storia, doveva ammettere che un po' lo incuriosiva. Aveva detto che voleva i suoi segreti, per ricordarlo quando sarebbe morto. Se gli avesse rivelato la ragione per cui non voleva vivere, lo avrebbe preso in giro, eppure, il suo ragionamento non faceva una piega. Se era morto, non doveva più preoccuparsi delle vessazioni dei compagni.
Suonò il campanello e la serratura scattò un attimo dopo, spaventandolo. Nishino era in boxer e aveva la camicia a maniche corte aperta sul petto. Lo invitò a entrare con un sorriso compiaciuto, che gli fece aumentare le pulsazioni. Anche se era un tipo insopportabile, non poteva negare la perfezione dei tratti del suo volto, la sfumatura olivastra della sua pelle da cui proveniva un aroma di bagnoschiuma, o il suo fisico da atleta. A Takano piacevano i ragazzi. Non aveva mai avuto esperienze con qualcuno della sua età, ma gli piacevano eccome. Deglutì e si sfilò le scarpe, che appoggiò vicino alla porta, perché non c'erano vani né rialzi. Nishino gli si avvicinò di più, continuando a sorridere.
«Vedo che stasera hai tirato su i capelli col gel.»
«Tra un'ora ho un concerto.» mentì. L'aveva fatto perché dopo quella mattinata, aveva bisogno di qualcosa che lo facesse stare bene. Appena Nishino era sceso dal tetto, era corso fuori e si era precipitato a casa dove, senza salutare sua madre, si era chiuso in camera e aveva indossato un paio di pantaloni a quadrettini rossi e una maglietta strappata, che lo avevano fatto sentire subito meglio. Aveva completato l'abbigliamento con il braccialetto nero borchiato che teneva nel cassetto del comodino e il paio di anfibi con la zeppa che adorava, ma doveva tenere nascosti in un vano in fondo all'armadio, perché se sua madre li avesse trovati, sarebbe come minimo svenuta.
Aveva passato il pomeriggio vagando per Shibuya e aveva chiamato Rika al telefono, solo per scoprire che l'amica non poteva raggiungerlo perché era impegnata in una visita ai parenti insieme ai suoi genitori. Così conciato, era quasi alto come Nishino. Il bello di quel look particolare era che lo faceva sentire se stesso. Percepiva molto meno il senso d'inferiorità nei confronti di tutto e tutti che lo accompagnava da sempre, quando era vestito in quel modo.
«Ti stanno bene i capelli dritti. Dovresti portarli sempre così.»
Aggrottò le sopracciglia, mordendosi l'interno della guancia. Dopotutto, non c'era bisogno di essere maleducati.
«Ti ringrazio. Mi dispiace disturbarti. Sono venuto a prendere la chitarra.»
Nishino annuì. Si spostò di lato per fargli spazio e lui avanzò verso il salotto. La chitarra era stesa sul divanetto su cui l'aveva lasciata il giorno prima, nel suo fodero. Lo prese e se lo caricò in spalla. Mentre gli passava davanti per uscire, Nishino gli disse:
«Non vuoi neanche sentire la mia proposta?»
«Avevi detto che mi avresti lasciato in pace.»
«Ho anche detto che mi piaci, ma a quanto pare, senti solo le parti che t'interessano.»
Takano si fermò sul posto e sbatté le ciglia. Si girò verso di lui per guardarlo negli occhi.
«Dicevi... sul serio?»
Arrossì violentemente, suo malgrado. Doveva averlo frainteso, doveva essere uno scherzo per forza.
«Sei gay?»
«No.»
«Non ti credo.»
Scrollò le spalle e gli venne incontro, fermandosi a pochi centimetri da lui. Sicuramente troppo pochi perché continuasse a sentirsi a suo agio. In effetti, Takano cominciava a desiderare di sparire.
«È che non fai le domande giuste. Sì, ho avuto delle storie in passato, ma niente che si spingesse oltre il platonico. Ti risparmio la fatica. Che fossi con un uomo o una donna, io non ho mai provato particolare interesse per il sesso. La considero un'attività priva di senso. È sporco, produce succhi e odori disgustosi e preferirei evitarlo. Non capisco perché dovrei darmi pena di fare una cosa del genere con un'altra persona. Ho sempre creduto così. Quella sera a Shibuya, quando ti ho visto cantare per la prima volta, però, mi è capitato di pensare che le tue labbra fossero davvero affascinanti. Quando guardo le tue labbra, ogni tanto, allora penso che dovrei provare a baciarti. Forse è vero che mi sono perso qualcosa; forse il sesso, in fondo, non è una cosa così trascurabile come pensavo, ed io non voglio perdermi niente. Presto sarà troppo tardi e quando arriverà quel momento, non voglio avere rimpianti.»
Nishino, senza interrompere il contatto visivo, gli fece scorrere un pollice sul pomo d'Adamo. Takano, istintivamente abbassò lo sguardo sul pavimento, per nascondere il rossore che si era impadronito del suo volto e del collo.
«Cosa vuol dire che presto sarà troppo tardi?»
«Esattamente quello che ho detto. Ora, se vuoi andartene, sei libero di farlo.»
Siccome dopo essersi rimesso le scarpe, indugiava nell'ingresso e non si decideva a uscire, Nishino gli indicò la porta con un gesto della testa molto eloquente. Takano inspirò e infine rilassò le spalle. Dischiuse le labbra per parlare, ma lo fece guardando il pavimento ai suoi piedi.
«Mia sorella era molto malata. Aveva la leucemia. I miei genitori non erano compatibili come donatori di midollo, ma i medici avevano detto che c'era la possibilità che un altro figlio lo fosse.»
«Che stai dicendo?»
«Mi hanno avuto perché pensavano che avrei salvato la vita di mia sorella. Quando lei è morta, erano sconvolti. Mia madre non si è mai ripresa. Gira per casa come uno spettro, con la mania dei germi. Mio padre non c'è mai. Sono nato per diventare pezzi di ricambio, per mia sorella. Non ho mai smesso di considerarmi solo pezzi di ricambio. È per questo che mi sono avvicinato alla scena punk. Ed è per lo stesso motivo che non desidero continuare a vivere.»
«È il tuo segreto?»
«Se ci tieni tanto a ricordarmi per qualcosa...»
Nishino fece un passo avanti. Non gli lasciò nemmeno finire la frase, lo afferrò per la maglietta e lo attirò a sé. Le loro labbra si scontrarono e in quel momento Takano senza pensare si lasciò penetrare dolcemente dalla sua lingua che era calda e umida, sapeva di cacao e gli trasmetteva una sensazione di carezza deliziosa. Quasi senza accorgersene, rispose al bacio contrastandola con la sua. Era la prima volta che qualcuno lo baciava sulla bocca. Con gli uomini di Shinjuku lo aveva sempre evitato, perché gli faceva schifo e nei momenti in cui era felice e riusciva a immaginarsi il futuro, sognava di farlo, un giorno lontano, con un ragazzo che sarebbe stato il suo primo amore. Sentendo le mani di Nishino che gli risalivano lungo i fianchi, insinuandosi sotto la maglietta al loro passaggio, a toccargli la pelle, fu attraversato da un lungo brivido e il fumoso pensiero che, se continuavano così, le cose si sarebbero evolute troppo in fretta per i suoi gusti e cominciò a sentirsi spaventato. Quando le loro labbra si staccarono, non capendo neanche per volontà di chi, si ritrovarono a guardarsi negli occhi ed erano entrambi a corto di parole.
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Pezzi di Ricambio
Romance«Diventa il mio ragazzo. Prometto che ti tratterò bene, ti proteggerò sempre e se non ti fidi di me, prometto di dirti sempre la verità. Qualunque cosa mi chieda, io non ti mentirò mai. Se dovessi mentirti anche solo una volta, sei libero di lasciar...