Capitolo 28 • Jun

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Senza aspettare la risposta del signore straniero si girò e si incamminò tra la folla. Takano, ancora stordito da quel rapido scambio di battute, sentiva il punto sotto la maglietta dove l'aveva toccato andare a fuoco. Quante volte gli aveva chiesto di non toccarlo in pubblico? Era perché gli faceva sempre un effetto strano, anche se era deciso a stargli lontano.

«Hey, kid. Cerchiamo un posticino tranquillo. Ti ruberò solo cinque minuti.»

Si sedettero a un tavolino in disparte, mentre la piccola folla che si era accalcata sotto il palco si dissipava, chi tornando ai tavoli, chi dirigendosi verso il bancone per ordinare un altro drink in attesa della seconda parte del concerto. Cioè, gli piaceva pensare che aspettassero lui. In realtà sentirsi dire chiaro e tondo che la band faceva schifo lo aveva buttato parecchio giù.

Lo straniero si era presentato come produttore musicale di un'etichetta indipendente famosa perciò doveva intendersi di musica. Non ci aveva girato intorno. Takano pensò che stesse per dirgli che avrebbero fatto meglio a sparire dalla scena musicale di Shibuya. Era scoraggiato al punto che sarebbe scappato volentieri, se solo avesse potuto. Mezz'ora prima Minoru aveva quasi dato di matto e ora che ci rifletteva, pensò che avesse ragione. Nel suo modo contorto di farsi capire il ragazzo aveva centrato il punto. Erano pessimi e non era l'unico a pensarlo.

«Senti, come ti ho detto, non voglio prenderti molto tempo. Oggi mi trovavo qui per caso e ti ho visto con Kenji, perciò ho pensato di farti una proposta. Ho ascoltato la vostra musica e ho visto del potenziale.»

Ma non aveva appena detto il contrario?

«Intendo la tua voce. E quel ragazzo bendato. Con voi, teoricamente, potrei lavorare. Soprattutto tu. Se lasci perdere la chitarra e ti concentri sul canto.»

Takano lo guardò a bocca aperta. Non era nemmeno sicuro di averlo sentito, quando lo straniero continuò.

«Ho l'impressione che quel tuo amico non sia pane per i miei denti però. È bravo. Ha un grande talento. In tutta sincerità, il numero di suonare bendato può essere forte, tuttavia devo pensare per prima cosa alle politiche aziendali, mi capisci?» restò un attimo in attesa di un suo cenno di comprensione, che non arrivava, prima di spiegarsi meglio. «Non mi sembra un tipo molto malleabile.»

«E pensa che io lo sia? Cosa le ha detto Nishino di me?»

Non avrebbe voluto rivolgersi a un estraneo e per di più molto più grande di lui con quella veemenza, ma la rabbia che gli bruciava nello stomaco scalpitava e non riuscì a trattenersi.

«Se ho capito bene, mi sta suggerendo di abbandonare la band, che io stesso ho fondato, per fare cosa esattamente?»

L'altro si mise a ridere, cogliendolo impreparato.

«Va bene, scopriamo le carte. Mi sembra giusto. Sto mettendo insieme un nuovo gruppo pop. Sei ragazzi carini e con delle belle voci che non siano troppo da educare alla musica. Una band studiata per fare impazzire le ragazzine.» disse lasciando vagare lo sguardo per il locale. «Tu saresti il settimo.»

«Non sono interessato a diventare un idol.» lo interruppe di nuovo. «Io faccio musica punk.»

Lo straniero si strinse nelle spalle. Sollevando il braccio tatuato per grattarsi la nuca, con il pollice torturò il lobo in cui era infilato un piccolo dilatatore.

«Capisco perfettamente.» disse senza perdere l'attitudine spensierata. «Buona fortuna, allora.»

Mentre lo guardava immergersi tra la folla fu richiamato alla realtà dal fischio acuto del microfono e la voce divertita di Satoshi che diceva: «Per caso qualcuno ha visto il nostro vocalist

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