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Il mattino dopo la sveglia suonò presto.
Tastò di malavoglia il comodino, fino a quando non riuscì a spegnerla e, sempre con svogliatezza, riuscì ad alzarsi dal letto e stiracchiarsi.
Camminò a passi pesanti lungo il corridoio, sbadigliando e passandosi una mano tra i folti capelli ricci mai messi in ordine.

Per un momento gli attraversarono la mente due occhi grigi, facendolo trasalire. Decise di smetterla di pensarci e diede la colpa al disorientamento dovuto alle poche ore di sonno.

Raggiunse Gemma, la sorella maggiore, e Anne, la madre, in cucina, intente a prepararsi la colazione.

Gemma gli rivolse un occhiata furtiva, sorseggiando il suo cappuccino, ricordandosi di quel che il fratello le aveva raccontato il giorno prima.
I due erano più che collegati da un rapporto familiare, erano come migliori amici e, nei momenti di sconforto, non esitavano a confidarsi all'altro. Così aveva fatto Harry: tornato a casa era corso subito dalla sorella, quasi in lacrime tanto dallo shock iniziale, raccontandole tutto e pregandola successivamente di non farne parola con nessuno.
Ciò che però Gemma non capiva erano le preoccupazioni del fratello.

«Buongiorno, dormiglione.» lo incalzò allora, ricevendo un sorriso incerto dal più piccolo.




Diciamo che non era esattamente il suo giorno fortunato, ecco.
Il 'coso', così lo chiamava Harry, la macchinetta delle merendine, si era bloccata, mangiandosi ben cinque dollari interi.

«Harry?» ridacchiò Tommy, il suo migliore amico, sbucandogli alle spalle.
Il ragazzo lo sguardò esasperato, indicando il coso.
Divertito dalla situazione, si chinò verso la macchinetta esaminandone bene l'interno, poi, con un pugno secco, riuscì a far cadere la bottiglina d'acqua, guadagnandosi le adulazioni del riccio.
Tommy non era eccessivamente alto, forse un po' più basso di Harry, aveva anche lui una folta chioma castana e due occhi che sembravano richiamare le tonalità giallognole, incantevoli.
Lo guardò, mentre con nonchalance si aggiustò il colletto della camicia e gli sorrise, spensierato. Da quando si era messo, poche settimane prima, con la sua grande cotta non smetteva un attimo di sfoggiare un sorriso a trentadue denti o di parlare di lui.
Lui, esattamente. Harry aveva un migliore amico gay, ma che poteva importargli in fin dei conti?

«Sai.» iniziò Tommy, recuperando una lattina di coca cola dallo zaino «Ho incontrato una ragazza, molto carina, gentile, si chiama Aurora. Dopo scuola hai un appuntamento con lei.» lo guardò, mostrando uno dei suoi soliti sorrisi «Non c'è bisogno che mi ringrazi.»

Harry alzò gli occhi al cielo, maledicendo la natura insistente dell'altro. Erano mesi che gli presentava ragazze su ragazze, per carità, tutte bellissime, non era ciò che stava cercando.
A dire il vero... non sapeva neanche lui cosa cercava.

Svoltarono in un corridoio, diretti nella loro classe, zigzagando tra i fiumi di studenti, quando Harry udì una voce. Sorrise, come d'istinto, guizzando lo sguardo verso una capigliatura sbarazzina sbucare da dietro un gruppo di ragazzi.
Quasi gli veniva da ridere a constatare l' "altezza" del ragazzo in confronto agli altri.
Notò solo dopo, e purtroppo con molto dispiacere, la presenza di una bellissima ragazza al suo fianco, dai lunghi capelli castani e un sorriso mozzafiato.
Louis le sorrise, annuendo di tanto in tanto, ma quando si voltò e lo intravide rimase immobile, dimenticandosi quasi della ragazza. Difatti, ella,  gli rivolse uno sguardo eloquente, poi, così com'era arrivata, sparì.
Intanto di quella situazione Tommy ci stava capendo poco e niente.
I due ragazzi, in un battere di ciglia, si avvicinarono l'un l'altro, scrutandosi con uno strano luccichio negli occhi.
Poi Louis distolse lo sguardo, mordicchiandosi il labbro, salutandolo con un fievole "Ciao.", allontanandosi da loro.

Per tutte le ore successive non potè fare a meno di voltarsi verso il compagno di banco, studiandone il profilo, ammirandolo di sottecchi.
Anche Louis, qualche volta, si voltava a guardarlo, forse per curiosità, forse per altro, non lo sapeva, ma era pressapoco impossibile staccargli gli occhi di dosso.

Prestò si ritrovò a disegnare tante "H" sul banco, poi, come essendosi ripreso da uno stato di trans, cancellò tutto, attento che il compagno non notasse quel gesto.

Harry, dal canto suo, teneva gli occhi fissi sulla lavagna e la mente da tutt'altra parte, i ricordi ancora legati al giorno prima, a quegli occhi grigi e quelle labbra piccole.

Un pensiero balenò nella testa di entrambi, facendoli sussultare sulla sedia, girandosi, guardandosi negli occhi, arrossendo e distogliendo lo sguardo per l'ennesima volta.
Scossero la testa, no, non era così.

Però, cazzo, erano proprio incasinati.

Continua...

Paradise -l.s [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora