1) L'INCONTRO

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Quella non sarebbe stata affatto una bella giornata per Ciel.
Proprio in quel preciso giorno sarebbe dovuto rimare in casa a studiare, tra qualche settimana avrebbe tenuto uno degli esami all'università, università che frequentava per ottenere la laurea in legge, un obiettivo che pareva così lontano e impossibile da raggiungere.
E poi c'era quel biglietto, quel biglietto che suo nonno, amante come lui degli oggetti antichi, gli aveva regalato con tanto amore, chiuso dentro il cassetto della sua scrivania, il quale pareva chiamarlo.

" Devo studiare cavolo, mio padre è stato chiaro, mi uccide se metto il naso fuori dalla porta!" - disse ad alta voce, battendosi la mano sulla fronte.
Suo padre era sempre così severo con lui, aveva insistito tanto per far sì che iniziasse a studiare nella facoltà di legge con l'intento di farlo diventare un grande avvocato pieno di successo, anche se questa non era propria la vita che Ciel aveva immaginato per se, ma conoscendo il brutto carattere del genitore si era ritrovato costretto a fare qualcosa che odiava.
E così quindi passavano le sue giornate, fra libri e uno studio matto che avrebbe fatto impazzire chiunque, soprattutto quel giorno, visto che una particolare voglio di uscire all'esterno lo chiamava.

Poi d'un tratto si voltò verso la finestra, accennando un sorriso.
"D'altronde ha detto fuori dalla porta, mica dalla finestra - si alzò -  darò solo un'occhiata veloce, sarò qui prima che quella spina nel fianco se ne accorga!". Dicendo ciò prese il giacchetto dall'armadio, il biglietto dal cassetto, e con passo felpato, quasi come se fosse stato un un gatto, uscì dalla finestra, e aggrappandosi alla grondaia scese senza fare rumore per non farsi sentire dal padre che stava in soggiorno.
Ciel non amava le auto, preferiva sentire il vento tra i capelli a bordo della sua amatissima bicicletta color blu elettrico, e dopo esserci salito in groppa, sfrecciò giù per la strada vuota di una delle periferie di New York.

Pedalò per quasi 20 minuti, minuti che parvero infiniti, perché bensì amasse andare in bici, il suo fisico non era proprio quello di uno sportivo, era più simile a quello di un ragazzino delle superiori.
Arrivato a destinazione, si trovò davanti ad un grande tendone, già da fuori riusciva a sentire la gente, i venditori e i suoni di alcuni oggetti, così si apprestò ad avvicinarsi all'entrata, dove una giovane donna timbrò il suo biglietto.
Dovette fare solo due passi prima di ritrovarsi dentro quel mondo che considerava meraviglioso, suo padre la chiamava "robaccia vecchia",  mentre per lui erano oggetti con chissà quale storia dietro.

Più camminava e più i suoi grandi occhi blu si spalancavano dallo stupore e dalla meraviglia alla visione di quegli oggetti, ma una musichetta in particolare attirò la sua attenzione, ovvero un piccolo carillon a forma di giostra che gli ricordavano tanto le feste passate a Londra dai nonni.
Incuriosito dall'oggetto, allungò una mano per prenderlo, ma fu interrotto dallo sfiorare della propria mano con quella di un'altra persona. Ciel alzò lo sguardo per scusarsi dell'accaduto, ma quando i suoi occhi posarono lo sguardo sulla persona davanti a se, rimase colpito.

Un ragazzo alto, dalla pelle pallida e candida come la neve, capelli neri come la pece, ma una cosa in particolare  attirò la sua attenzione, gli occhi, piccoli e di un colore strano.
"ROSSI?!" - esclamò senza neanche rendersene conto.
Immediatamente Ciel si coprì la bocca con le mani, e abbassò lo sguardo mentre il ragazzo accanto a lui scoppiò in una risata che  lo fece diventare rosso per la vergogna, proprio per questo decise di  voltarsi e riprendere il cammino, per evitare ulteriore imbarazzo.
"Sono sempre io a fare queste figuracce! - si lamentò -  Piuttosto che ore saranno? Devo tornare a casa prima che mio padre si accorga che me la sono svignata!".  Allunò una mano verso la tasca, iniziando a cercare il cellulare, ma dopo qualche secondo si rese conto che di esso non c'era alcuna traccia.
"Merda, devo averlo lasciato sulla scrivania! - si lamentò ancora, avvicinandosi ad un venditore - scusi, sa dirmi che ore s...."
"Le cinque e un quarto!" - esclamò una voce che lo portò a girarsi di scatto e a ritrovarsi di nuovo davanti  quel rosso intenso che lo immobilizzò completamente.
"I miei occhi fanno sempre un certo effetto sulla gente - sorrise il ragazzo andandogli incontro - piacere, io sono Sebastian, scusa per prima, non volevo metterti in imbarazzo!".

Egli allungò la mano per stringere quella di Ciel ma non ottenne risposta da quest'ultimo che pareva quasi imbambolato, così iniziò a sventolarla davanti a suoi occhi
" Ehi, ragazzino, ma ci sei ?!">. A quel gesto Ciel improvvisamente ritornò in se.
" Ragazzino?! - chiese stizzito -  guarda che io ho quasi ventun'anni!". Sebastian sgranò gli occhi, e rimase per un paio di secondi a fissarlo dalla testa ai piedi, in silenzio, poi, per evitare l'imbarazzo, accennò un sorriso e porse nuovamente la mano verso Ciel.
"Ricominciamo - disse - piacere, io sono Sebastian Michaelis".  L'altro, anche se un po' seccato dal fatto che quell'individuo  lo avesse scambiato per un ragazzino, ricambiò il sorriso e la stretta di mano.
"Ciao, io sono Ciel Phantomhive, e non sono un ragazzino!" - disse insistendo su quest'ultima parola. Dopo questa frase i due si guardarono. per poi  scoppiare a ridere per un paio di secondi.
" Comunque hai dimenticato questo prima" - disse  Sebastian passando un piccolo sacchetto di carta a Ciel che stranito lo prese in mano, guardandolo.
"Ma io non ho diment..." - fece per dire qualcosa, ma si zittì nell'aprire  il sacchetto e vedendo all'interno il piccolo carillon che aveva adocchiato poco prima.
" Lo avevi visto prima tu e non mi sembrava giusto che lo prendessi io - disse Sebastian - sembravi così affascinato da quel suono"
Ciel strabuzzò gli occhi, guardandolo sconvolto.
"Ma perché l'hai comprato? - fece arrossendo -  Dimmi il costo, te lo ripago subito!".
Il ragazzo accennò un sorriso, e portandosi una mano sulla tasca del giubbotto, ne estrasse fuori poco dopo il proprio cellulare.
"Mi è costato la cifra del tuo numero di telefono" - disse semplicemente.

Il ragazzo più piccolo rimase un pò sulle sue dinnanzi quell'affermazione, certo non aveva molta familiarità con quel genere di cose, ma non occorreva essere un genio per capire che quel tipo ci stesse provando con lui, a giudicare dal suo sguardo e dai suoi modi di fare.
Di norma, la cosa avrebbe dovuto sconvolgerlo parecchio, ma ciò non accadde, non solo perché non fosse per niente omofobo, ma anche perché si sentì veramente lusingato, nonostante cercasse di non darlo a vedere.

"Umh, d'accordo - sbuffò arrossendo - ti do il mio numero, però sei pregato di non stalkerarmi, sono una persona molto occupata, con l'università e tutto il resto!"
"Ah, così studi all'università? - chiese curioso - che facoltà?"
"Legge" - rispose alzando gli occhi al cielo.
"A giudicare dalla tua espressione non devi essere molto felice dalla tua scelta, e dopotutto non mi sorprendo, mi pare una facoltà un pò... noiosa". Ciel gonfiò le guance, il sorriso di quel ragazzo gli dava su i nervi, ma nello stesso tempo pareva scioglierlo, mandandogli il cervello in pappa.
"Non sono affari tuoi - sbuffò prendendogli il telefono e iniziando ad ammaccare i tasti - tieni, questo è il mio numero, adesso siamo pari, ora, se non ti dispiace, dovrei andare a casa..."
"Aspetta - lo frenò per un braccio - lascia almeno che ti accompagni"
"Sono in bici" - disse.
"Beh, portatela dietro, io voglio accompagnarti" - insistette con un
sorriso.

Ne ebbe la conferma proprio in quel preciso istante, con quell'insistenza, Sebastian gli stava palesemente facendo la corte, non solo gli aveva fatto un regalo senza che lo conoscesse e gli aveva chiesto il numero di telefono, ma ora, con la scusa di accompagnarlo a casa, si stavano ritrovando a fare una passeggiata insieme, quasi come se fossero stati una coppia!
In genere Ciel tendeva ad essere molto brusco con chiunque, ma con quel tipo dai magnifici occhi non riusciva ad esserlo, soprattutto dopo che lo ebbe conosciuto un pochino di più, poiché si rivelò essere molto simpatico, oltre che affascinante.

"Piacciono anche a te gli oggetti d'antiquariato?" - domandò il più piccolo, deciso a saperne di più.
"Molto - rispose camminando a suo fianco, mettendosi le mani in tasca - la mia ambizione più grande sarebbe quella di aprire un negozio dove vendere questi meravigliosi reperti, però ahimè, non ci riuscirò mai, ne sono certo"
"Oh, perché ti arrendi senza neanche aver provato? - sbuffò - certo che puoi riuscirci, la trovo una cosa ammirevole..."
"Ma non è una grande aspirazione - sospirò ancora - almeno tu hai trovato qualcosa da fare nella tua vita"
"Tsk, vorrei proprio che fosse al contrario - disse distogliendo lo sguardo - tu almeno sei libero di fare ciò che vuoi, io devo fare qualcosa soltanto per fare un piacere a mio padre, visto che credo che gli verrebbe un infarto se decidessi di abbandonare gli studi per mettermi a vendere ciò che lui reputa robaccia!"
"Non hai un bel rapporto con tuo padre, a quanto pare...." - costatò.
"E' che... vuole a tutti i costi che diventi un avvocato, perché tutti gli uomini della mia famiglia lo sono stati, anche lui, per tanto è d'obbligo che lo diventi anche io, uno spocchioso e ricco avvocato, con una bella cosa, una bella nomina, una bella moglie e una bella famiglia. Questa è la vita che che mi aspetta, anche se vorrei fare tutt'altro..." - non terminò la sua frase, poiché si senti un vero stupido...

Kuroshitsuji-Black Butler/ mondo parallelo (cielxSebastian) [COMPLETATA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora