17/08/2018
L'aria mi riscaldava i polmoni giá bollenti, sono riuscita a non soffocare perché guardavo le nuvole e immaginavo di poterle toccare, candide e fresche, di potermici stendere sopra, a guardare l'immenso infinito che ci appare misterioso quanto fantastico (la smetteró di essere cosí drammatica, prima o poi).
Comunque, non volevo farti venire il mal di testa giá dalla prima frase, perdonami, ricomincio. In italiano, sí.Ho visitato delle chiese, in questi giorni. Non importa dove, quando, come e perché, l'ho fatto e basta. Ogni giorno era una piena guerra tra la forza mentale e quella fisica, al centro c'ero io, che venivo prima sottomessa da una poi picchiata dall'altra e viceversa, era un dannato circolo vizioso che terminava solo quando la mia schiena aderiva ad uno stupido materasso. Stanchezza condita con sensi di colpa, la notte non passava mai.
(Avevo detto che avrei parlato in italiano, scusami. Prova a capirmi, mi va bene anche se ti limiti a sorridere e ad annuire, mi sentiró meno sola, davvero.)
Ho visitato delle chiese, dicevo.
Dall'alto della credente quale non sono (o che forse sono, non lo so nemmeno io), mi sento tuttora stremata da tutta quella sacralitá.
Era come se ogni Santo, ogni Madonna, ogni Cristo rappresentato mi guardasse dall'alto in basso con fare sospetto, come se ogni pennellata di quegli affreschi mi graffiasse l'anima fino a ridurla in un ammasso di stracci sporchi. Intenso.
Tutto questo non c'entra assolutamente nulla con quello che vorrei dirti, tuttavia sentivo la necessitá di scriverlo. In me stessa mi ci perdo, lo sai.
Va bene, ho capito, ricomincio.Sono finita in un paesino ricordato solo dai suoi abitanti, che lo disprezzano come poche cose al mondo, cosí fermo nel tempo da poter essere un museo. Spuntavano di tanto in tanto delle cabine telefoniche e in ogni bar, ristorante ed hotel c'era uno stanzino con un telefono fisso e un elenco telefonico. La gente ne rimaneva indifferente, "tutto normale" pensavano, ne sono sicura.
Qual è il punto? Non lo so, ci deve essere per forza? Non posso scrivere e basta, lasciar fare tutto alle parole? Chi sono io per fermarle?
Basta cosí. Ricomincio, vado dritta al punto stavolta.In questi giorni, tra un mal di schiena e un respiro affannato, ho avuto fin troppi déjà vu. Quella fastidiosa sensazione di familiaritá mi ha accompagnato per tutta la visita, come se in quei luoghi ci fossi giá stata, un film giá visto.
E allora, colla testa sprofondata in un cuscino e le stelle a guardarmi, ho pensato. Ho pensato che il mio cervello mi stesse solo prendendo in giro, con tutti quei déjà vu, come se volesse provarmi che il destino esiste.
Ho anche sognato.
Ho sognato questa persona che dovrebbe incarnare il mio cervello (vorrei descrivertela, ma non posso perché, primo, non gli ho mai dato un volto, non era necessario, e secondo, anche se gli avessi assegnato un qualche particolare non ne ho memoria. Immaginare una sagoma blu andrá bene comunque), che mi squadrava dall'alto in basso e rideva di me, "Mi hai preso per uno sprovveduto? Credi di poter possedere la presunzione di non credere in me? Sai che ti dico? Anche se il 7 maggio fosse stato un giorno come tanti, tu saresti finita qui a ferragosto. Che ti piaccia o meno, è questo il tuo destino." e ride, ride forte, ride di gusto.E io mi sentivo male, mi sentivo soffocare.
Ma perché?
Se la mia vita è giá stata decisa, significa che posso fermarmi, posso riprendere fiato, posso lasciare che il mondo mi cammini affianco, mi superi, posso guardare la mia vita da estraneo ed aspettare che qualcuno mi dia una spinta e mi lasci tra un déjà vu e un'esperienza da raccontare.
Il solo pensarci mi fa sentire in trappola, con le mani legate dietro la schiena e col bavaglio alla bocca.S, lo so che questi sono solo miseri deliri, ma cerca di capirmi, ormai ho realizzato che la vita è la cosa che amo piú al mondo (quasi al pari dello scrivere), ho capito che in fondo voglio respirare ancora e sempre piú forte, voglio sorridere e voglio sentire gli odori che porta il vento, ormai guardo il cielo e non sento che mi schiaccia, anzi, sento che mi avvolge, che mi trapassa e mi rende leggera. Come posso accettare che tutto ció non sia stato deciso da me, ma da qualcun'altro? E qualcun'altro chi? Chi è questo Signor Destino?
Questo pensiero, a tratti insensato, si è talmente radicato in me che ormai non posso piú accettare i déjà vu.
Mi prendo la responsabilitá di ogni conseguenza, ma per favore, Destino, lasciami vivere come voglio io.
Perché se esisti hai giá fatto fin troppi danni, e se non esisti, almeno (non) avró un motivo (in piú) per piangere stanotte.Forse sono solo stanca.
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