Daisy Herey

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Fu qualche anno fa, quando ero ancora una bambina, che accadde un episodio che sconvolse la tranquilla vita della mia famiglia. Ricordo che era una calda giornata estiva, ed io mi trovavo nella soffitta della vecchia casa dove abitava mia nonna. Avevo dodici anni, e, come ogni ragazzina di quell’età, mi affascinavano gli oggetti antichi, vecchi abiti indossati dalla nonna quando era ragazza, fotografie scattate in chissà quale anno.

Quella soffitta per me era un vero paradiso: non solo perché li potevo trovare questo genere di cose, ma anche perché in quella stanza c’era un’aria stranamente fresca, e, in giornate calde come quelle, stare chiusi li sopra era l’ideale. Era una stanza molto grande, ma l’unica luce che la illuminava proveniva da una piccola finestrella. Quel debole raggio di luce rendeva l’atmosfera ancora più sinistra di quanto già fosse.

Ricordo che c’erano anche alcuni oggetti coperti da teloni bianchi, e le loro ombre avevano delle forme strane. Ma a me non facevano paura. Anzi, mi divertivo ad osservarle. E, un giorno come gli altri, uno di quei teloni attirò la mia attenzione. Mi alzai da terra e mi avvicinai verso la figura. Con un rapido gesto feci cadere il telo. Era un vecchio quadro sbiadito dal tempo. Raffigurava una ragazza. Aveva l’aria triste, e stringeva tra le mani un carillon.

Ma la cosa più strana era la somiglianza tra me e il dipinto. Dopo qualche minuto, mentre io continuavo a fissare il quadro, sentii la porticina della stanza aprirsi. Era la zia, che mi aveva portato un bicchiere di acqua fresca. Si avvicinò a me, e anche lei notò la strana somiglianza tra me e la ragazza raffigurata.

<<e’ un dipinto molto bello.>> disse mia zia <<guarda, sul carillon. C’è scritto Daisy. Daisy Herey. Forse era il suo nome.>>.

Proposi di appenderlo in casa. Così prendemmo il quadro, e con il consenso della nonna, l’appendemmo alla parete del buio corridoio.
La giornata trascorse tranquilla tra una granita e una corsetta in giardino. Ma ogni volta che passavo accanto al quadro, non potevo fare a meno di fissare gli occhi neri della misteriosa Daisy.

D’un tratto fu notte. La casa era vuota, silenziosa. Mi misi nel letto. Stavo per addormentarmi, quando, all’improvviso, mi parve di sentire una musica dolce, ma con uno strano lato malinconico. Sembrava la melodia prodotta da un carillon. Ma mi sembrava di sentire una voce.

Una voce triste, di bambina, cantare insieme alla musica del carillon. Scesi dal letto. Passai vicino la stanza della nonna, e dalla serratura notai che la luce era accesa. Strano… Tornai nella mia camera e passai vicino al dipinto. C’era qualcosa di diverso…Sembrava che il carillon fosse aperto.

‘Sto delirando…’, pensai e senza darci troppo peso, andai in camera.

Il giorno dopo fui svegliata da qualcosa di insolito: un urlo. Corsi da dov’era provenuto il grido. E quando entrai nella camera della nonna vidi solo una macchia di sangue spiccare tra le candide lenzuola di lino, dove mia nonna consumò i suoi ultimi respiri. Mia nonna, la mia dolce nonna che mi aveva salvata, molti anni prima, dall’incendio che uccise i miei genitori, era morta. Celebrammo il suo funerale due giorni dopo.

Era un venerdì particolarmente freddo. Io e la zia ci avviammo verso il cimitero. Ogni giorno diventavo sempre più triste…E più ero triste, più quel misterioso ritratto mi faceva paura. Celebrammo il funerale, e alla fine della cerimonia, mentre mi avvicinavo all’uscita del cimitero, una cosa attirò la mia attenzione. Era una lapide, una vecchissima lapide, riportava scritto un nome…Daisy Herey.

Accanto al nome scalfito nella roccia, era riportata una frase: ‘ Non riposerò mai in pace, almeno finché il mio corpo e la mia immagine non riposeranno insieme per sempre.’. Sfiorai le lettere con le dita. Fu orribile. Sentii la stessa musica di due sere prima. Caddi a terra, e, vicino a me, tra l’erba secca, notai una chiave.

L’afferrai e corsi verso l’auto della zia, che mi raggiunse dopo qualche minuto. Arrivammo a casa. La zia uscì per fare alcune commissioni. In casa ero rimasta solo io…Io e Daisy. Corsi subito verso il suo dipinto.

Il carillon…Il carillon era aperto. Gridai, ma invano. I miei occhi caddero di nuovo all’interno del carillon, dove c’era scritto, in caratteri nobili: ‘Sono stata accusata per stregoneria. Sono morta sul rogo. Il mio corpo bruciato, la mia anima persa’. Dopo aver letto quelle parole accadde qualcosa di inspiegabile: sul muro si formò una scritta…Una scritta con il sangue.

‘Tu che stai leggendo queste parole, ricordati delle mano che l’ha scritta’.

Più avevo paura, più l’espressione di Daisy sembrava soddisfatta…Sembrava che la perfida strega si cibasse dell’odio. Allora capii: ecco perché ero sempre così malinconica. Ecco la causa della morte della nonna. Ma quando capii fu troppo tardi. Caddi a terra, con la chiave trovata al cimitero tra le mani. La mia caduta fu accompagnata da una gelida risata. Dopo la mia morte la casa fu venduta.

Sono passati anni, ma qui è ancora tutto come al momento della mia morte. Il dipinto è ancora lì, appeso al muro. Sulla parete sono rimaste delle macchie di sangue. Il carillon, che, ancora oggi, quando la mia anima è triste, comincia a suonare, ed io inizio a cantare insieme a Daisy, l’anima dannata che mi accompagnò all’altare della morte.

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