Bloody sleepover

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Le risate si sentivano dal corridoio. L’inverno stava iniziando e la stagione migliore per i pigiama party era finalmente arrivata. Le tre erano nella camera di Melody, Cecilia era seduta per terra mentre Melody e Armony le stavano acconciando i capelli i tantissime trecce fine. Le tazze piene di cioccolata erano sistemate vicino alla televisione con il fumo che creava delle meravigliose forme nell’aria e le tre ridevano pensando ai pettegolezzi sui loro compagni di scuola.

«Cioè, vorrei capiste ragazze, sembra che non sappia che abbiamo dodici anni. L’avete vista come si veste? Ma la colpa è di sua madre.» «Hai proprio ragione Cecilia. Quella donna non capisce nulla e sua figlia non poteva essere da meno.»

Le ore passavano e le tre iniziarono ad annoiarsi, per cui decisero di prendere il quadrante degli spiriti di Melody per divertirsi un po’. Lo posizionarono in mezzo al letto e si sedettero intorno con le gambe incrociate, spensero le luci e accesero una dozzina di candele che misero in giro per la stanza. «Chi proviamo a chiamare questa volta?» chiese Armony sorridendo. «Che ne dite di tentare con un demone?» Le altre due guardarono Cecilia e rimasero in silenzio. «Cosa c’è? Magari è divertente. Tanto finirà come le altre volte.» «Ok, io ci sto.» «Anche io.» «Perfetto. Chi proviamo a evocare?» «Che ne dite di Abaddon?» suggerì Melody. «No, chiamiamo Astaroth.» disse Armony. «Ragazze, non è una questione di chi no e chi sì, ma si tratta di prima e dopo. Andiamo in ordine alfabetico ok? Quindi partiamo con Abaddon.»

Le tre ragazzine si presero per mano e chiusero gli occhi concentrandosi sulla loro respirazione, svuotarono la mente e si rilassarono fino ad arrivare a concepire solo quella stanza in tutto l’universo. Divennero come una persona sola e si lasciarono per mettere un dito sul cursore della tavola. «Abaddon, ascolta le mie parole e vieni al nostro cospetto.» disse Cecilia. Armony sorrise mantenendo gli occhi chiusi, poi iniziò «Abaddon. Con questa seduta ti preghiamo di venire qui da noi, lascia la tua dimora e compari in questa camera.» Poi fu il turno di Melody. «Abaddon, ascolta la nostra invocazione. Noi ti stiamo chiamando.»

Improvvisamente la temperatura scese di colpo e molte candele si spensero. Le tre rimasero completamente immobili. L’aria sprizzava energia, le lampadine esplosero facendo una scintilla blu e Armony si lasciò sfuggire un gridolino acuto. Una ad una si spensero tutte le candele lasciando le ragazzine nel buio più completo. I secondi erano diventate ore e lentamente una candela si riaccese illuminando un angolo della camera. Un’oscura figura si ergeva nella penombra, era molto alta e le tre riuscirono a vedere solo la cappa nera che indossava.

«Molto imprudente per delle ragazzine evocare un demone. Ma prima di fare qualsiasi cosa, fatemi chiedere: perché lo avete fatto?» la voce del demone era uno dei suoni più cacofonici che il mondo avesse mai sentito, sembrava il grattare delle unghie su una lavagna. «Ci stavamo annoiando.» Una risata squarciò la notte. «Che bambinette ignoranti e arroganti. Cosa credete che accadrà adesso?»

Il demone iniziò ad avvicinarsi e le tre ragazzine scesero dal letto, Armony era sul lato destro, Melody su quello sinistro e Cecilia rimase nel mezzo vicino alla scarpiera che c’era in fondo. Abaddon le andò davanti e si tolse il cappuccio rivelando un viso orrendamente sfigurato con gli occhi completamente rossi. Armony e Melody si avvicinarono e il demone rimase all’interno del cerchio composto dalle tre.

Improvvisamente l’aria cambiò radicalmente e le labbra scarlatte di Cecilia furono increspate da un inquietantissimo sorriso. «Tu cosa credi che accadrà stupido demone?» Le due ragazzine ai lati afferrarono i polsi di Abaddon e il demone le guardò senza capire cosa stesse succedendo. Provò a liberarsi, ma le bambine avevano una forza incredibile. «Chi siete?» chiese con una voce che tradiva un filo di timore, una sensazione che il demone non aveva mai provato. «Siamo solo delle bambinette ignoranti e arroganti.» disse Cecilia avvicinandosi e posandogli una mano sul petto. Melody e Armony tirano verso il basso costringendo il mastodontico mostro a mettersi in ginocchio, fecero in modo che la loro amica potesse essere faccia a faccia con il suo interlocutore.

«Questo è un pigiama party e, come ho detto prima, il motivo principale per cui ti abbiamo chiamato è per divertirci, ma se devo essere sincera, devo ammettere che l’abbiamo fatto anche perché ormai abbiamo un certo languorino.» Abaddon si agitò, ma le mani delle sue carceriere erano inamovibili.

Con una flemma snervante Cecilia mosse l’indice sul petto del demone e si fermò all’altezza del cuore. «È decisamente troppo tempo che non mangio il cuore di un demone. Sai che con quello posso mangiare anche la tua anima corrotta? Mi viene l’acquolina solo al pensiero.» Lentamente spinse fino a entrare con la mano nello sterno di Abaddon che iniziò a gridare scompostamente. Sembrava il suono di un maiale selvatico. Il sangue nero schizzava ovunque e colava copioso sulla moquette rosa della cameretta di Melody, il viso di Cecilia ne fu completamente imbrattato e appena tirò fuori lo scuro cuore, lo mostrò al demone prima di infilarci la faccia come una bimba con una torta di compleanno.

Le amiche cominciarono a ridere e a tirare nelle opposte direzioni. Il suono delle ossa che si spezzavano saturò la stanza e Abaddon, che era ancora vivo, continuò a gridare finché le due gli strapparono gli arti. Cadde a terra esanime mentre le tre banchettavano con la sua carne. «Sei proprio delizioso Abaddon.» disse Melody. «Sì.» iniziò Armony «Sei quasi meglio dell’arcangelo del mese scorso.»

Passarono i minuti e Abaddon, finalmente, morì.

«Ragazze.» iniziò Cecilia «Che facciamo? Chiamiamo anche Astaroth o aspettiamo la prossima volta?» «Io avrei voglia di un dolce, ma credo che a questo punto possa andar bene anche una cioccolata.» rispose Melody. «Sì, lasciamocelo per la prossima settimana.» disse Armony.

Le tre si risedettero sulle coperte, misero la tavola sotto il letto e ricominciarono a spettegolare come se non fosse successo nulla. «Comunque, secondo me, Andrew ti chiederà di andare al ballo.»

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