La Fermata Di Rimini

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Alla fermata di Rimini, Erica posò le cuffie e si alzò dalla poltroncina del treno. Scese a fumare una sigaretta per sgranchirsi le gambe, la sua meta era ancora lontana. Sarebbe dovuta arrivare fino a Napoli per incontrare la sua famiglia, essendo ormai da mesi residente a Milano per frequentare la facoltà di medicina.

Quando tornò in cabina, il posto davanti al suo era occupato da un giovane uomo sulla quarantina. Era vestito bene, non uno dei folti capelli brizzolati era fuori posto, ed esibiva un sorriso da biglietto da visita.

Subito fu quasi seccata dalla cosa: preferiva viaggiare da sola, con un buon libro e un po' di musica. Alla fine, però, l'uomo gli faceva una bella impressione. Era silenzioso e se ne stava lì seduto composto senza intralciarla. A un certo punto si sorprese a pensare che, infondo, quello seccato sarebbe potuto essere lui. Era lui quello con una giovane studentessa disordinata davanti, lui aveva dovuto scavalcare lo zaino e la felpa buttate alla rinfusa in mezzo al vagone, e lui avrebbe trascorso il viaggio con il ronzio delle sue cuffie nelle orecchie.

Eppure l'uomo le sorrideva affabile, tanto che a un certo punto Erica si tolse le cuffie e iniziarono a chiacchierare.

Scoprì che l'uomo si chiamava Luca, aveva 47 anni (portati benissimo), faceva l'avvocato e si stava dirigendo a Napoli per seguire un nuovo caso. Parlava senza alcun accento, un italiano molto forbito, e più parlavano più si sentiva in soggezione davanti a quella mole di conoscenza. Sembrava sapere tutto, dalla musica alla politica, fin anche alla medicina. Erica era affascinata ma non era mai stata una ragazza estroversa. Lo seguiva, buttando lì una frase ogni tanto e ascoltandolo parlare. Era più un modo per passare il tempo.

Superarono Firenze.

Forse per un rilievo sui binari, il borsone dell'uomo si mosse in avanti e lui si irrigidì.

Si trattò di un attimo, poi tornò a sorridere. Senza scomporsi, si alzò e lo sistemò nuovamente verso il fondo del ripiano portabagagli.

Una volta seduto, estrasse una ventiquattro ore da sotto al sedile. L'aprì e tirò fuori un piccolo portatile grigio.

Si scusò poi per la maleducazione, dicendo che purtroppo doveva lavorare e sarebbe stato meglio smettere di chiacchierare.

Erica annuì, prese un libro dallo zaino e si immerse nuovamente nella musica. Non le dispiacque affatto, anzi, era perfettamente abituata alla vita sui treni.

Alla stazione di Roma scesero insieme, ma lei si diresse verso i distributori. Non era ancora mezzogiorno e non le andava di pranzare al sacco, anche se si era portata dietro qualche panino.

Quando tornò a sedersi sui sedili di stoffa soffice Luca non era ancora tornato, e fu allora che la situazione si incrinò.

Il borsone era di nuovo fuori posto, sta vola in maniera molto più evidente, e una cerniera si era appena un po' aperta, lasciando intravedere qualcosa di sconvolgente.

C'era un occhio che la fissava supplichevolmente da dentro la borsa.

Un occhio grande, arrossato dal pianto. Un occhio di bambino.

Il sangue le si gelò nelle vene. Si stava alzando per tirare giù il bagaglio, ma vide comparire l'uomo dal fondo del vagone. Il loro posto era dopo pochi metri, e lei fu colta dal panico.

Aveva così paura da non riuscire a muoversi.

Deglutì e si sedette, cercando di non sembrare troppo turbata e continuando a sorridere come aveva fatto fino a quel momento.

Ma Luca non la guardò nemmeno, gli occhi si soffermarono sul borsone e di nuovo, a Erica parve di vederlo irrigidirsi.

Sta volta, per sistemarlo non lo spinse semplicemente contro la parete, ma gli diede una pacca. Cercò di contenerla, ma fu anche troppo forte.

Erica non seppe dire se fosse la sua immaginazione, la paura o altro, ma avrebbe giurato di aver sentito un gemito sommesso e soffocato, come se chiunque fosse all'interno della borsa fosse imbavagliato.

Avrebbe voluto mettersi a piangere, non aveva idea di cosa fare.

Dopo dieci minuti della durata di quasi quattro ore, si alzò di scatto e andò in bagno. Provava un forte impulso a vomitare, ma non lo fece. Piuttosto, si sciacquò la faccia e si specchiò. Aveva il viso stravolto, un'espressione che stentava a riconoscere come propria ed era pallida come un cadavere.

La porta si aprì di scatto e lei sobbalzò, con i nervi già a fior di pelle. Dietro di lei, vide proprio la cosa peggiore che potesse esserci: era Luca, e si stava trascinando dietro il borsone.

"Mi dispiace che tu abbia scoperto il nostro piccolo segreto, davvero. Tutto questo non sarebbe dovuto succedere"

Era pietrificata. Non riusciva a muoversi, nemmeno per deglutire. Si sentiva come se avesse una zolla di terra in gola.

"Naturalmente, tu capisci che non posso lasciarti andare, vero?"

Avrebbe davvero voluto gridare, ma tutto quello che riuscì a fare fu piangere sommessamente.

Luca si chinò verso il borsone ancora in mezzo ai suoi piedi e lo aprì.

La cosa che Erica si trovava davanti, quello che aveva scambiato per un bambino, non aveva niente di umano.

Era basso e aveva la testa insolitamente grande. Gli occhi erano iniettati di sangue, qualche capello unto e lungo ricadeva disordinatamente sul viso scavato e deforme. Era completamente nudo e la cosa non sembrava preoccuparlo. Il fisico era rachitico e al limite dell'anoressia, la pancia era gonfia come se non mangiasse da mesi. Aveva una serie di graffi sul torace e sui fianchi, ma sembrava plausibile che fossero stati autoinflitti, visto che le mani terminavano con una serie di unghie lunghe e nere.

L'essere aspettava in silenzio, anche perché davanti alla bocca teneva una piccola maschera di cuoio.

"Ora vi lascio soli. Il mio fratellino ha fame"

Luca si piegò per sganciare la maschera, poi si ritrasse quasi come fosse spaventato ed uscì dal bagno, assicurandosi che la porta si chiudesse con lo scatto automatico.

Vi fu un tonfo sordo, in gran parte coperto dal semplice rumore del vento fuori dai finestrini e dallo sferragliare del vecchio treno regionale sui binari. Mezz'ora dopo, Luca tornò al suo posto trascinandosi dietro il bagaglio, che ripose con cura sul piano sopra al sedile. Stavolta, però, ci mise un po' di più.

Dopotutto, pesava quasi il doppio.

Spazio Autrice

Fonte "Italia wiki"

Eh niente come avete notato adoro leggere storie horror e questa è stata una delle mie preferite quindi ho deciso di condividerla con voi

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