Capitolo 21.

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"Perché mi sento come se avessi trascorso tutta la mia vita ad aspettarlo?"

In due per la vittoria.

«Vuoi dirmi il vero motivo per cui Kevin non è rimasto nemmeno un giorno intero?», chiede mia madre, la mattina seguente, una volta che siamo rimaste io e lei e mio padre è uscito a fare la solita passeggiata.

«Non era tipo da sagre», mento, mordendomi il labbro inferiore senza guardarla negli occhi.

«Su quello non avevo dubbi».

«Che intendi?»

«Potevi mai trovarti un tipo da sagre?», mi punzecchia, facendomi sorridere.

«Be', all'ultimo piaceva stare a casa il sabato sera a giocare ai giochi da tavolo», le ricordo.

«Fammi indovinare: lui ti ha detto che gli piaci e tu l'hai respinto».

«Wow!», esclamo a bocca aperta, «Mia madre una veggente! Incredibile», la prendo in giro.

«Diletta, qual è il punto?»

«Che forse sono stata così tanto da sola per tutti questi anni che ora amo molto di più me stessa e la mia libertà che qualcun altro».

«Eppure hai avuto relazioni lunghe...», mi fa presente.

«Sì, ma questo non vuol dire che non mi sia sentita comunque sola».

Mi sciolgo la coda di cavallo e comincio a giocare con una ciocca di capelli, puntando lo sguardo verso un punto impreciso della sala.

Se ripenso al biglietto che mi ha lasciato Kevin prima di andare via stanotte, mi viene il magone.

"Anche se ho perso, sappi che ho giocato di sfumature."

«Non c'è niente di male ad amarsi alla follia, ma questo non significa che non esiste una persona in grado di amarti più di te stessa o comunque allo stesso modo».

«È che nella vita ho sempre avuto l'impulso e il bisogno di cambiare le cose intorno a me e sostituire le persone che mi circondavano.

Dopo un po' mi annoiavo e ricercavo qualcos'altro.

Lo so che è stupido, ma ho paura che stavolta possa essere Kevin a stancarsi di me. Per la prima volta mi è difficile pensare che possa essere io quella a stancarmi di lui, perché la verità è che mi piace tantissimo».

«Avere paura è stupido sì, ma è più stupido rimanere accollata ad una vita che non ti piace e non ti rende felice», sussurra dolcemente mia madre, facendomi riflettere.

«Ed è stupido rimanere accollata anche alle tue convinzioni», subentra mio padre che non avevo sentito entrare, «Ti ricordi cosa ti dissi al matrimonio di Tommi?»

«Sì, che le mie convinzioni mi rendono infelice».

I miei genitori si guardano e sorridono.

«Cosa faccio ora?», chiedo, come se non ci fosse più niente da fare.

«Ora pensa a scrivere il tuo libro», mi dà un suggerimento mia madre che non colgo subito.

«Questo è il tuo consiglio?»

«Fidati. Tu scrivilo, poi capirai cosa devi fare».

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Giulia Paradiso.

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