Capitolo 11.

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"Senti, io vorrei tanto farti salire e dartela subito, 

ma siccome il mio analista sostiene che siete tutti stronzi, 

forse è meglio dartela la prossima volta, se sei d'accordo!"

Tutta colpa di Freud.

«Non sei scappata, wow!»

Una voce risuona tra le pareti della stanza e all'inizio penso sia solo la mia immaginazione.

Solo quando sento il braccio di Kevin stretto a me, capisco di non aver sognato niente e che è successo veramente. Di nuovo.

«Sono troppo stanca anche solo per pensarci», ammetto, facendolo ridere.

Queen salta sul letto in mezzo a noi in cerca di coccole.

«Che peste che sei!», esclama Kevin, accarezzandola, «Un po' come la padrona».

«Da qualcuno doveva pur prendere».

Mi lascio andare ad uno sbadiglio per poi scivolare giù dal letto e accorgermi solo una volta in piedi di essere completamente nuda.

Mi giro verso Kevin che mi guarda con occhi di ammirazione ed io sospiro, perché tutta questa situazione mi sta mettendo in difficoltà.

Credo sia l'unico ragazzo che abbia mai conosciuto che non ha avuto ancora da ridire sul mio corpo, trovandone ogni tipo di difetto.

Lo apprezzo e lo ammiro tantissimo, ma soprattutto è una cosa che ho sempre ricercato in una persona e ora che l'ho trovata in lui questa caratteristica, ho paura.

«Bello il tatuaggio che hai sul braccio», mi dice, osservandolo attentamente per trovarne un significato anche se è piuttosto chiaro.

Sono dei libri che partono dall'inizio del braccio e piano piano risalgono fondendosi in piccole rondini che spiccano il volo.

«Meglio della pistola?»

«Molto meglio», ride, scoprendo le braccia e mettendo in mostra i suoi.

«E dei tuoi che mi dici?»

«Sugli avambracci ho dei semplici tribali, mentre la rondine sul fondoschiena appartiene al simbolo della leggerezza e della libertà».

«Abbiamo un tatuaggio in comune, allora», gli sorrido, avviandomi poi verso il bagno.

Una volta preparati entrambi, ci dirigiamo di sotto per far colazione.

«Tutte queste scale mi stanno massacrando», mi lamento, sentendo le gambe intorpidite.

«Credo che le tue gambe siano stanche più per il sesso che per le scale».

«No, fidati. Non facevo una scalinata così da sempre».

«E il sesso?»

Faccio finta di pensarci un po' su, poi decido di puntare sull'onestà.

«Anche», faccio spallucce.

Dopo aver fatto il self service e aver selezionato le cose più commestibili, andiamo a sederci.

«No, Kevin. Non ce la posso fare», dico dopo aver bevuto uno sputo di succo che sembra tachipirina.

Lui mi guarda apprensivo mentre cerca di mandare giù un pezzo di brioche che ha addentato da tipo dieci minuti.

«Sai cosa c'è? Andiamo a farci una bella colazione in spiaggia».

Faccio un'esclamazione soddisfatta e anche Queen sembra essere piuttosto felice perché ha cominciato a saltare da tutte le parti.

«Dunque, ho appena letto che nella nostra busta abbiamo a disposizione un giro di pedalò. Ti va?», mi chiede Kevin, mentre entrambi siamo appollaiati sugli sdrai in riva, con Queen sotto l'ombrellone.

«Sì, perché no», faccio spallucce, e penso che è già l'ultimo giorno di mare e che domani torneremo davvero alle nostre vite.

Chissà cosa accadrà, se ci vedremo di nuovo oppure se per Kevin sono semplicemente stata una delle tante.

In fondo, non ci conosciamo nemmeno così bene, quindi posso aspettarmi di tutto.

Aspettiamo le cinque del pomeriggio per andare in pedalò, in modo che il sole sia calato abbastanza per non far prendere troppo caldo alla cagnolina.

«Sai a cosa stavo pensando?», comincia Kevin, l'unico a pedalare, mentre io prendo gli ultimi spicchi di sole.

«Mmh?», apro un occhio per osservarlo.

«Che non mi hai ancora dato il tuo numero».

A quell'affermazione sorrido e mi calo un po' di più il cappello sulla testa.

«Questo anche perché non me l'hai mai chiesto».

«Anche?»

«Be', anche perché mi sembri abituato ad ottenere tutto ciò che vuoi».

«Infatti è così. Per questo me lo darai», afferma sicuro e il mio cuore salta un battito.

«Ci penso».

Alle mie ultime parole sento un rumore provenire dall'acqua, quasi come se fosse un tuffo, ma appena apro gli occhi mi accorgo che la mia borsa è caduta in mare e che Queen sta guardando la scena con una certa soddisfazione.

«Il tuo cane non ne fa una giusta!», dice Kevin, recuperandomi la borsa, ma ridacchiando tra sé e sé.

«Queen!», mi lamento esasperata.

Un cane che ti fa perdere le staffe così dovevo ancora provarlo.

«Sì è bagnato tutto: portafoglio, telefono...»

«Non ci posso credere».

«A che?»

«Non potrò avere davvero il tuo numero di telefono».

«Ma ti sembra il momento?», chiedo, trattenendo però un sorriso.

«Vuol dire che ti darò il mio».

«Non saprei cosa farne», lo prendo in giro.

«Sicura?»

La sera optiamo per una cena a base di crepes alla nutella, dopodiché facciamo un giro in centro e quando siamo tutti e tre stanchi abbastanza, torniamo in stanza.

Queen si addormenta quasi subito, mentre Kevin sembra sveglissimo.

«Allora... avrò l'onore di vedere per la terza volta il tuo bellissimo tatuaggio?»

Ridacchio, mentre le sue mani mi sollevano la maglietta e lui si avvicina per mordicchiarmi la pancia.

«Perché no», faccio spallucce, «In fondo, non c'è due senza tre».

Massì, divertiamoci un po'.
Avete avuto sempre relazioni serie e anche storielle divertenti?
Ovviamente non siete obbligati a rispondere :D
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Giulia Paradiso.

Due cuori e un proseccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora