La tua voce che mi chiama

Non può essere

La seconda prova era iniziata.

Bakugo camminava lungo un sentiero che costeggiava un piccolo lago.

Tirò un calcio a un sassolino, arrabbiato.

Che cosa stava per fare prima?

Stava davvero per baciare quel maledetto bastardo a metà?

Era forse impazzito?

Certo, non si aspettava che lui si avvicinasse in quel modo.

Lo aveva preso alla sprovvista.

Era per quello che non si era mosso.

Sicuro.

Solo per quello.

Già.

Allora perché non smetteva di sentirsi così...

Così eccitato?

Stava per esplodere.

E non era ammissibile.

Erano gli altri che dovevano esplodere per causa sua, non lui.

Era tutta colpa di quel bastardo a metà.

Un uomo comparve all'improvviso e lo attaccò.

«Crepa insetto!» gli urlò, scagliandolo lontano.

Non erano poi granché gli avversari che fino a quel momento aveva incontrato.

O forse era lui a essere troppo forte.

Probabile.

Si fermò di colpo.

Todoroki era davanti a lui con la spada sguainata.

«Allora, quanti ne hai battuti?» gli domandò.

E chi lo sapeva?

Non ci aveva neanche fatto caso.

Era troppo occupato a pensare a...

«Io ventisei».

Gli montò la rabbia.

Forse, per lui, non era così importante quello che era successo.

O meglio, che stava per succedere.

Perché si era tormentato solo lui?

Si avvicinò e lo afferrò per il colletto.

«Crepa!» gli urlò.

«Ma che ti prende?».

«Che significa "che ti prende?" Non è chiaro?».

«No, non lo è per niente».

«Idiota!».

Si allontanò.

Non voleva fare qualcosa di stupido.

Qualcosa di cui dopo si sarebbe pentito.

«Ehi Bakugo» lo chiamò Todoroki.

Nonostante tutto si girò.

«Prima, se non fossimo stati interrotti, credo che...».

«Non dire una parola di più o ti uccido».

Aumentò il passo, voltandogli le spalle.

Stava davvero per dirgli quello?

Maledetto, come osava farlo sentire in quel modo?

Il suo cuore non accennava a calmarsi e le sue guance stavano andando a fuoco.

Non poteva essere.

Non poteva davvero piacergli Todoroki.