Capitolo 7

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« Aiutalo. Jimin sta sempre peggio, fa qualcosa.» Taehyung ebbe un attimo di esitazione prima di chiudere gli occhi e affondare gli incisivi nella carne morbida del suo labbro inferiore. «Per favore, Yoongi.»

Non aveva mai dovuto supplicare nessuno per niente, ma quel giorno si era sentito costretto a farlo.
Erano passati quasi 3 giorni e Jimin stava davvero troppo male.
La debolezza dentro di lui lo stava consumando e lo stordimento lo privava del controllo.
Non riusciva più ad alzarsi dal letto, la notte urlava in preda agli incubi, svegliandosi in bagni di sudore. Si rigirava tra le lenzuola a scatti, in preda a dolori muscolari ed era sempre così terribilmente debole.

E non aveva più appetito, Jimin non mangiava quasi più se non quel poco che Hoseok gli faceva ingoiare con la forza.

Il suo corpo tremava e bramava quel senso di soddisfazione, euforia, calore, sonnolenza, distacco dal resto del mondo che solo una buona dose riusciva a dargli.

Si era ripromesso di resistere, convinto che Jungkook mosso da un minimo cenno di sentimento, avesse potuto restituirgli la sua roba. Ma non fu così, né il giorno dopo e né quello seguente.

«Jungkook è irremovibile, non capisco cosa gli sia preso.» rispose Yoongi e una piccola e densa nuvola di vapore fuoriuscì dalla bocca disperdendosi poi nell'aria gelida.

Entrambi erano usciti nel cortile interno, al freddo, coperti da una pesante giacca, cappello e guanti, forniti rigorosamente dalla prigione.
Stavano seduti su una piccola panchina che dava sulla distesa di neve, cui candore si rifletteva sulle pelli pallide dei loro visi.

A quell'ora c'erano pochi uomini fuori, tutti preferivano trascorrere il loro tempo libero al caldo.

«Posso dargli qualcosa di mio, ma durerà solo un giorno, massimo due, poi ricadrà in astinenza.» continuò, sfilandosi un guanto e chinandosi a raccogliere un po' di neve che strinse tra le sue lunghe e affusolate dita da pianista.

Taehyung sospirò osservando il vapore condensato fare il suo corso verso l'alto. Quei giorni aveva cercato di parlare con il corvino ma questo non ne voleva sapere. Ogni qual volta che gli rivolgeva la parola, Jungkook iniziava a fissarlo intensamente negli occhi ed era come se non lo sentisse, si perdeva nei suoi pensieri per poi scuotere la testa e congedarlo con un "Per me può anche suicidarsi. Non me ne frega un cazzo".

Il cielo era coperto e tirava un forte vento che penetrava persino attraverso il pesante tessuto dei loro indumenti e la pelle stessa, raggiungendo e congelando le ossa.

«Devo andare da lui.» si alzò Taehyung strofinandosi le mani sulle braccia su e giù cercando di riscaldarsi.

Era strano da dirsi, ma non ci fu giorno in cui non era andato da lui a trovarlo, a confortarlo, a distrarlo dall'immensa tortura che il suo stesso corpo gli infliggeva.

Da una parte Taehyung si sentiva in colpa, sapeva che in fondo Jungkook voleva attirare la sua attenzione, non era stupido. Ma dall'altra si chiedeva qual era davvero il suo scopo e cosa avrebbe potuto fare lui per fermarlo.

«Passa prima a prendere tre pasticche, - Yoongi alzò il viso nella sua direzione, la sua pelle sembrava di ghiaccio, tanto era bianca e liscia - la gamba della sedia , se la sviti dentro troverai un sacchetto. Prendine tre, dovrebbero bastargli fino a domani.»

Taehyung annuì incamminandosi verso l'entrata. «Tu non vieni?» con i piedi scalciò un po' di neve.

«No, preferisco rimanere qui un altro po'.» rispose tranquillo. Dalla tasca tirò fuori un pacchetto di sigarette, e con le dita leggermente tremanti ne tirò fuori una e l'accese con un fiammifero che buttò poi a terra. La fiamma sciolse immediatamente la neve lasciando che un piccolo foro si creasse su quel tappeto bianco immacolato.

Imprisoned | k.th & p.jmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora