Capitolo 10

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Aveva saltato anche lui la cena quella sera.
Erano diversi minuti che Taehyung se ne stava steso sul suo letto ad occhi chiusi, intento ad accarezzarsi i capelli. Si girava e rigirava; il fatto che la finestra fosse completamente chiusa non aiutava. Gli mancava l'ossigeno, si sentiva la testa leggera e è successo davvero o mi sono sognato tutto? continuava a chiedersi.

L'umidità riempiva la sua cella, rendendo anche il più pesante del maglioni troppo leggero, e il freddo gli attanagliava lo stomaco quasi dolorosamente.
Non smetteva mai di ripetersi quanto quel posto faceva schifo.

Una pallida luce lunare sgorgava dalla finestra illuminando l'ambiente e il profilo di quel corpo dalle curve dolci e ben proporzionate.
Le celle non avevano elettricità, non vi erano lampadine che potevano esser accese al calar del sole. Ci si accontentava della luce debole e fioca che proveniva da fuori.

Le dita affusolate continuavano a scorrere allo stesso andamento dolce e lento che aveva usato il suo piccolo Jimin, arricciando e stirando le ciocche color cioccolato fondente. Migliaia di ricordi iniziarono ad affollarsi nella sua mente come lampi di luce violetta.

Affondò gli incisivi nel labbro inferiore cercando di trattenere un sorriso. Inutile dire che fallì miseramente. Stava diventando qualcosa che non riusciva a contenere, a nascondere.
Taehyung non si era mai sentito così in tutta la sua vita. Il cuore battere forte, le mani agitarsi e intrecciarsi tra loro, il petto alzarsi e abbassarsi velocemente. Cosa gli stava succedendo? Si era forse ammalato?

Ecco, ti sarai sicuramente preso un virus sconosciuto e morirai tra una settimana.

Negli anni, il carattere schivo e introverso, l'atteggiamento freddo e autoritario, gli avevano impedito di creare rapporti emotivamente profondi con qualcuno - non che ne avesse avuto particolarmente bisogno.

Fino a quel momento aveva vissuto chiuso nel suo mondo solitario, circondato da alte mura di avversione nei confronti del genere umano.
Aveva amato solo se stesso, si era sempre e solo preso cura dei propri interessi, andando contro a tutto e tutti pur di raggiungere i propri obbiettivi.
Ma ora? Ora costa stava succedendo al suo mondo? Perché le mura sembravano stessero crollando una ad una come prede di un forte terremoto?

Stava accadendo qualcosa e Taehyung era stato preso alla sprovvista, non era pronto per quel cambiamento. Non era psicologicamente in grado di reggere il peso di quelle nuove emozioni che gli pungevano lo stomaco.
La felicità nella sua forma più pura non l'aveva mai conosciuta, l'amore non sapeva neanche cosa fosse.

Era stato condannato e rinchiuso in prigione per scontare le sue pene, meditare sugli errori, piangere e soffrire tanto quanto coloro a cui aveva fatto del male. Ma perché invece sembrava viver a cuor leggero? Perché il pentimento non lo sfiorava neanche lontanamente?
Perché non rimpiangeva le azioni che lo avevano trascinato in quel posto, perché non si strappava i capelli maledicendo il giorno in cui era nato così come aveva fatto nel momento in cui era stato arrestato la settimana prima?
Era tutto merito di Jimin?
Jimin gli stava offuscando la vista, proteggendolo dalla realtà dei fatti?

No, non poteva essere. Taehyung non poteva concederselo lì dentro. In realtà non poteva permettermelo in generale. La parte più intima di se stesso doveva rimanere celata sotto la cortina di ferro che aveva costruito negli anni.
Non poteva permettere a Jimin di diventare garante della sua gioia, del suo svegliarsi la mattina.
Quei sentimenti lo avrebbero reso debole. E debole significava esser soggetto alla crudeltà altrui, bersaglio dei più forti e dei più stronzi. Sopratutto in un posto del genere, dove ciascun individuo aveva perso la propria dignità ed era pronto ad uccidere nuovamente, pur di sfogare la rabbia repressa che gli riempiva il petto.

Imprisoned | k.th & p.jmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora