«Ben tornato, Hoseok.» una voce distante, fredda, apparentemente robotica si propagò per tutta la stanza, giungendo alle orecchie del giovane piromane. «Ti stavo aspettando.»
La donna sedeva composta, gambe accavallate e mani sul grembo. Un paio di occhiali dalla montatura sottile le poggiavano sulla punta del naso leggermente all'insù.
«Accomodati dove più preferisci.» parlò nuovamente, la sua figura nascosta appena dalla vecchia scrivania in legno, logorata dal passare degli anni. Quel posto aveva bisogno di più manutenzione, ma a chi importava di un carcere? Quando mai lo Stato avrebbe investito per garantire ai suoi detenuti una vita che non fosse stata pari a quella di un animale chiuso in gabbia?
Be' la risposta è: mai.Hoseok fece un passo avanti, poi un altro ancora e un altro, fino a raggiungere una sedia, accanto alla finestra che dava sul patio innevato.
Il sole era tramontato da poco, e l'unica fonte di luce apparteneva ai lampioni posti ordinatamente ai lati dell'edificio.
Non un'anima viva osava passeggiare in quel viale triste e spoglio.
Ora che era quasi notte, neanche più il candore della neve riusciva a confortare gli animi dei prigionieri.Si sedette, le mani poggiate col palmo sulle ginocchia e puntò il suo sguardo enigmatico in quello della giovane donna.
«Come ti senti?» questa volta il tono di voce parve più morbido, dolce, quasi apprensivo.
I lunghi capelli neri erano tenuti su da una semplice coda di cavallo, che le donava quel tocco di professionalità in più.Nessuna risposta. Le labbra di Hoseok neanche un suono si lasciavano sfuggire. Eppure ci provava. Schiudeva la bocca, prendeva un respiro pronto a pronunciare un semplice monosillabo ma niente. Rimaneva tutto bloccato dolorosamente nella gola.
Ma la giovane psichiatra non aveva bisogno di suoni per capire cosa volesse dirle Hoseok, perché anche se lui non se ne rendeva conto, i suoi occhi parlavano molto più di quanto una bocca potesse esser in grado di esprimere.
«Hai preso le tue medicine oggi?»
Il ragazzo dalla chioma rossa come il fuoco trattenne il respiro e distolse lo sguardo, rivolgendolo alla piccola stanza dalle pareti bianche in cui si trovavano.
No che non le aveva prese, quella merda gli fotteva il cervello. Diventava confuso, la notte non dormiva, soffriva spesso di nausea e sembrava come se il mondo intorno a lui girasse troppo velocemente per rimanere al passo.
No, decisamente avrebbe dovuto smettere di prenderle. Anche Jimin glielo diceva.Scosse la testa battendo le ciglia un paio di volte.
«Hoseok, ne abbiamo già parlato.» sospirò la donna alzando gli occhi al cielo, «Devi prenderle per evitare di ricommettere lo stesso sbaglio e ricadere nella tentazione di fare del male a qualcuno. Lo sai, no?»
Il volto del rosso si contrasse in una smorfia, passò una mano nei capelli e chiuse gli occhi.
Migliaia di flashback lo travolsero ancora per una volta, ricordandogli con angoscia cosa era successo dopo l'atto di aver tentato di uccidere una guardia.La famosa cella zero. Dio solo sa il dolore, l'umiliazione e il terrore che aveva provato in quei giorni di puro inferno.
Pochi detenuti avevano avuto il "privilegio" di esser stati rinchiusi là dentro per giorni, e lui purtroppo era stato uno di loro.Ormai era conosciuto per tutta la struttura come colui che era sopravvissuto alle innumerevoli torture che quella cella riservava.
Giravano tante, troppe voci sul suo conto, ognuno formulava una storia diversa, ipotizzando e immaginando le possibili crudeltà che un giovane uomo come lui avesse potuto affrontare in quei giorni.Erano voci appunto. Nessuno si avvicinava alla verità. Nessuno immaginava la realtà, perché Hoseok non parlava, e se anche l'avesse fatto, non sarebbe mai riuscito a esprimere con le parole ciò che aveva subito. Era troppo da sentire, immaginiamoci da vivere.
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Imprisoned | k.th & p.jm
Fiksi PenggemarKim Taehyung 24 anni e 7 condanne di omicidio alle spalle. Dopo una vita passata all'insegna della malavita, viene trovato, ammanettato e rinchiuso dentro uno dei migliori carceri del paese. Abituato sin da bambino ad assumere un atteggiamento dist...