Prologo

698 26 0
                                    

Le dolci doti canore di Ella Fitzgerald si sparsero per tutto il piccolo soggiorno.
Le note Jazz accompagnavano fedeli la cantante. La quiete sembrava governare. Il sole dalla finestra sembrava potesse riscaldare come un giorno di piena estate, solo finzione però.
Gennaio imperversava su di noi, frettolosa gente di New York che si apprestava a svolgere più cose possibili durante il giorno, rincorrendo l'idea di una vita perfetta, immacolata, limpida come quando si ci riesce a specchiare sulle rive di un lago completamente piatto.

Mi convincevo di improntare la mia vita così, come quel mio vicinato sempre impeccabile ma sempre così schivo nei miei confronti, la società che vigeva nel 1950 era rigida ancora, troppo per non creare clamore.

Una donna che vive da sola, di ben ventisette anni con un lavoro a tempo pieno, come segretaria.
"<Povera, è sempre così sola>" "<Avrà un caratteraccio, è l'unica ragione plausibile>" "<Ma le ho visto la fede, dove nasconde quel povero uomo?>"

Le donne con le mani strette a quelle dei propri bambini avvolti nelle loro uniformi scolastiche, mi rivolgevano questo genere di commenti quando passavo davanti i loro piccolissimi giardini di ingresso da troppo poco tempo per impedirmi di sentirle.

Il week-end ero solita passarlo con mia sorella Annika e suo marito Trevor, un americano che sembrava cavalcare l'onda del successo con il suo ristorante. Il suo locale si era accaparrato una buona nomea in tutta la città, era bello vederli felici con i loro due piccoli bambini Giselle e Adrien. Rispettivamente di cinque e tre anni.

Il mio nome e quello di mia sorella erano bizzarri e difficili da pronunciare per gli americani: Annika e Anaїs. Per non parlare del nostro cognome, Schneider.
Lo ereditavamo da una famiglia tedesca, da generazioni funzionari o impiegati comunali. Fu mio padre a rompere la catena quando si trasferì con mia madre e noi figlie di dieci e dodici anni.

Nella Germania degli anni trenta l'aria politica iniziava a farsi viziata per i miei genitori e per le loro idee troppo tolleranti per la società dell'epoca. Presero una decisione drastica nel trasferirsi, prima che qualcuno impedisse loro di aprire le finestre.

Purtroppo ci lasciarono, una poco più e l'altra poco meno che maggiorenni. Un incidente stradale tolse la vita ad entrambi.
Io e mia sorella ci rimboccammo le maniche ed iniziammo a lavorare, passai dal fare la sarta alla segretaria, a volte entrambi quando potevo portare il materiale da riparare a casa.
Presi un brevetto da infermiera, nello studio medico nel quale lavoravo, era gratuito e ne approfittai senza pensarci troppo, "chissà un giorno...", pensai. In realtà non avevamo un sogno lavorativo o delle preferenze, lavoravamo solo per mantenerci.

Fu in quel periodo (duro che sia) in cui conoscemmo la nostra anima gemella.
Annika ed io convolammo a nozze quasi subito. Tra Annika e Trevor ci fu un amore destinato ad anni felici, per me la felicità di quei giorni durò poco.

ᴛɪᴍᴇʟᴇss⏳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora