Capitolo 4

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I pazienti non furono in parecchi nei giorni successivi, gli appuntamenti in
compenso durarono molto, e come alsolito spettava a me la compilazione di pratiche e l’accoglienza nellostudio.

A fine giornata, feci un giro “di ronda” alla ricerca di ciò che in casa potesse servirmi, qualche verdura fresca, qualche frutto di stagione e magari qualche dolcetto.
Per fortuna le buste non erano così tanto pesanti come credevo e le mie gambe fecero a meno di chiedere clemenza.

Vi erano molte cose che adoravo dell’inverno, ma molte erano negative per me, come per esempio arrivare a casa con il sole già sceso, mi suscitava una sorta di paura. Due cose che di certo amavo erano i maglioni caldi che avvolgevano la pelle o ancor di più una tazza di tè davanti alla finestra che proponeva uno spettacolo innevato.

Giusto il tempo di posare i sacchetti pieni sul solito ripiano della mia
cucina bianca, che sentii il batacchio emettere uno strano rumore, fermai i miei movimenti per poter sentire meglio ed i miei sospetti trovarono conferma. Mi precipitai all’occhio magico per vedere chi fosse e aprì immediatamente.

<Ciao, ti disturbo? Ti ho vista passare e credevo gradissi un piatto
caldo!>
Madeline mostrò il canovaccio colorato che teneva con entrambi le mani <Oh che bel pensiero, ti ringrazio> nella mia voce vi era del tentennamento, dovuto alla sorpresa che quel gesto provocava in me.

<Beh… che ne dici di farmi entrare?!> scacciai i pensieri dalla mia testa e spalancai la porta così che potesse entrare <Scusa, non sono brava con questo genere di cose> cercai di scacciare il rossore dalle mia faccia
e la figuraccia dalla mia vista.

<Tranquilla - mi sorrise seguendomi in cucina, posando la pentola sul
tavolo – è già così tardi per poter cucinare una cena completa, quindi
mi sono permessa di portarti una porzione della mia lasagna, in casa
dicono sia il mio cavallo di battaglia>
Negli anni ricevetti questo genere di commenti solo da mia sorella infatti tutto ciò mi fece strano. Intanto si tolse il capello che le copriva l’acconciatura piena di forcine, che al solo sguardo mi provocava un gran mal di testa.

<Beh, di solito, non mi cimento in cucina, non ho famiglia da sfamare quindi vado sul facile> dissi portando l’indice al naso facendo finta di grattarlo e lei mi guardò come se fossi una strana creatura che aveva pronunciato parole fuori dal mondo.

<Sei così indipendente, io ci vedrei del positivo se fossi in te, se non avessi figli o marito viaggerei o troverei anche io lavoro, la mia routine è noiosa – disse guardando in alto – anche se poi penso che quelle pesti, sono la mia vita> le sorrisi gentilmente mentre lei mi guardava
con così tanta ammirazione quasi da mettermi in soggezione, in lei trovavo molto di mia sorella. Stesso modo di pensare, casalingo per certi versi.

<Anche la mia routine è a volte noiosa, ma entrambi abbiamo dalla
nostra parte dei pro e dei contro>

Mi guardò e rise sommessamente <Sì credo che tu abbia completamente ragione, ora vado, si è fatto tardi,buon appetito, fammi sapere se hai bisogno di qualcosa, lancia un urlo!>

Risi anche io e l’accompagnai alla porta ringraziandola, la piccola teglia che aveva lasciato su tavolo spigionava un odore delizioso, se quello per lei era uno dei suoi cavalli di battaglia da preparare, per me era una delle mie pietanze preferite da mangiare.

Non mi aspettai di dover interloquire con lei così presto. Credevo di incontrarla per strada nel massimo dei casi, ma non avevo idea potesse
compiere un gesto così gentile, anche se non riuscivo ancora a comprendere se fosse un’azione dettata dall’altruismo o dai rimasugli dei sensi di colpa per avermi rivolto così tanti commenti sul mio status senza neppure sapere.

Il punto mi suonò differente, quella donna fu carina con me e mi bastò
vedere solo quello in quel momento.

Mentre gustai la sua lasagna, nel silenzio della mia casa, nella penombra delle luci soffuse della mia cucina, rimuginai sulle parole che
ci eravamo scambiate, fu incredibile quanto avesse potuto farmi riflettere sulla mia vita ora.

Svolgevo ogni singolo giorno in modo meccanico, e per quanto cercassi di non farlo vedere, persino lei se ne accorse, e se fosse stata al mio posto sarebbe stata più ambiziosa, per giunta.

Fu sorprendente come lei e Trevor siano arrivati allo stesso succo, seppur in discorsi diversi. Per stare bene forse, mi servivano degli obbiettivi, ma forse più di tutto mi serviva risolvere alcune questioni
sul mio passato, cosa che ho sempre trattato come “tabù”.

Tanto, alla fine dei giochi nessuno mi avrebbe portato indietro il mio giovane Lewis, quel biondino, che era già così maturo a diciotto anni, che mi aveva completamente travolta con la sua simpatia e caparbietà.

Credo che più di tutti mi avrebbe voluto vedere felice, fiera di aver rimesso in piedi la mia vita, molto probabilmente con questo mio comportamento schivo lo stavo solo deludendo.

Quei pensieri mi chiusero lo stomaco senza neanche finire di cenare.
Come da copione di almeno quattro sere su sette mi rifugiai nel letto
con gli occhi bagnati e lo sguardo perso nel mio ciondolo porta foto.

ᴛɪᴍᴇʟᴇss⏳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora