Capitolo 27

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POV'S HARRY


- Aspetto un bambino-
quelle parole mi penetrarono l'anima con la forza di mille schegge di vetro.
Potenti, inesorabili, inevitabili e altrettanto dolorose come il mio amore per lei.
Perché ciò che leggevo nel suo sguardo, profondo come un oceano in tempesta, era dolore.
Il dolore di una rivelazione atta solo a suggellare il nostro legame, la forza primordiale che ci univa, imprigionandoci in una morsa d'acciaio.
Perché c'era stato un breve momento, quella notte lontana, in cui mi ero sentito amato.
Un attimo infinito in cui le nostre menti, unite al fulcro delle più incontrollabili passioni, erano entrate in collisione, unendosi come solo la forza dell'amore può fare.
Un amore a senso unico, ma io, per un breve attimo, mi ero sentito davvero amato.
E quell'attimo era scolpito nei miei ricordi, impresso indelebilmente nel mio cuore vuoto, privo di qualsiasi sentimento.
Ma lei mi aveva sconvolto la vita.
La prima volta che l'avevo vista, tremante e terrorizzata, circondata da uomini più grandi e forti di lei, avevo sentito un fulcro invisibile staccarsi dal mio cuore, attirato dal richiamo profondo dei suoi occhi magnetici.
Il mio odio per lei era sempre stato più potente di ogni raziocinio, della spietata indifferenza che governava la mia vita, scaraventandola in un vortice di noia e monotonia.
La freddezza con cui uccidevo le mie vittime era scaturita dall'inesorabile apogeo che segna la fine dei miei giorni, in cui nulla era abbastanza importante da essere vissuto pienamente.
Una vita stravolta, annientata da una sciocca ragazzina dagli occhi grandi ed espressivi, che mi aveva fatto cedere alla tentazione di lasciarmi andare, di vivere un amore proibito, doloroso come il più oscuro degli inferni.
E il mio odio si era trasformato presto in amore: un amore profondo, un amore che uccideva dentro, un amore che non poteva mai essere espresso a parole.
Avevo paura di amarla, perché sapevo che avrei sofferto, ma ciò che mi legava a lei andava oltre ogni umana comprensione, come un fuoco dalle mille scintille, che con la sua aureola di flebile luce riscaldava il mondo intero.
Un fuoco immortale, in cui il cielo suggellava un patto eterno, che prometteva amore e devozione per l'oggetto dei nostri tormenti.
Solo quando avevo iniziato ad amarla, solo quando il mio odio per lei si era trasformato in qualcosa di diverso, puro, ma altrettanto nocivo, mi ero reso conto che io non avevo mai vissuto pienamente.
Perché la vita era alimentata da quel fuoco che ti bruciava dentro, corrodeva l'anima come il più letale dei veleni, ti faceva sentire la forza di quei sentimenti che con solerzia avevo provato a rinnegare, nascondendoti negli abissi più profondi di un odio dettato dalla mancanza più totale di amore.
Non sarei mai riuscito  ad esprimere a parole ciò che provavo per lei: il suo profumo era come l'aria, per me. I suoi baci erano l'apoteosi della più totale felicità, contaminata da una fitta di dolore.
E la paura di perderla mi annientava ogni giorno, sconvolge la mia mente come il più atroce dei tormenti, che sanciva i miei peccati con la dolorosa visione di un futuro lontano da lei.
Perché le avevo causato tanto, troppo dolore.
L'avevo imprigionata, violentata, avevo annullato la sua umanità.
L'avevo resa schiava dei suoi istinti, delle sue innate paure, trascinandola in un abisso le cui potenti spire ti laceravano l'anima.
Ma lei era l'essenza della vita stessa, e non si poteva negare al cuore di scandire i battiti d'amore che solo lei era capace di donarmi.
Imprigionata nella natura selvaggia di un odio primordiale, come le pietre eterne che giacevano ai piedi degli alberi, non si rendeva conto che io avrei dato la mia stessa vita per lei.
Lei che piangeva tra le mie braccia, gli occhi pieni di una terribile agonia.
Lei che mi odiava, mi disprezzava, aborriva la mia natura, e persino l'amore che le avevo donato.
Lei che aspettava un figlio, MIO FIGLIO, e che si disperava al solo pensiero.
Perché quella notte mi aveva amato, avevo sentito la sua anima fondersi con il mio cuore, avevo visto il suo amore abbandonarsi totalmente al mio.
Una notte indimenticabile per entrambi.
Lei non voleva questo figlio, non voleva il figlio di un assassino.
Perdonami, Shay, per tutto il dolore che ti avevo causato, e per quello che ti avrei causato ancora.
Perché aspettava un bambino, il frutto del mio amore per lei, e io non potevo fare a meno di piangere.
Ma le mie, a differenza delle sue, erano lacrime di gioia.
Lacrime invisibili, ma che solo lei  era stata capace di scaturire.
Mi aveva donato la vita stessa, mi aveva donato la capacità di amare, e adesso mi aveva donato anche un figlio. Nostro figlio.
E io non potevo fare altro, se non immaginare di prenderlo in braccio, di vederlo crescere, di osservarlo correre fra i prati, animato da quell'innocenza che io non avevo mai avuto.
Perché me l'avevano strappata presto, troppo presto, e solo Shay  era stata capace di mostrarmi la purezza di un animo innocente, splendente come la forza del sentimento che mi legava a lei, indissolubile e eterno.
Poteva mai perdonarmi,  se gioivo mentre lei  soffriva?
Mi ero ripromesso che le sue gioie sarebbero state le mie, che il suo dolore mi avrebbe annientato l'anima, che la sua felicità mi avrebbe reso l'uomo più fortunato del mondo, ma non potevo non sorridere al pensiero che tra pochi mesi sarei diventato padre.
E che lei, dando alla luce mio figlio, si sarebbe legata a me con prepotenza, con la forza di mille catene d'acciaio.
Perché avevamo condiviso tanto, ma un figlio l' avrebbe permesso  di amarmi, di renderla per sempre mia.
Dal mio amore per loro  sarebbe nato  il suo, dalla gioia che avrebbe provato stringendo fra le braccia mio figlio avrebbe scaturito  quella passata tenerezza, che le avrebbe permesso  di vedermi per ciò che ero davvero: un uomo follemente innamorato della sua fragile e bellissima moglie.
Perché lei  era accecata dall'odio, dagli eventi passati, dalla sua coscienza, che le  impediva di vedere davvero.
Di vedere quella luce che accecava i miei occhi quando sfioravano la sua fragile figura, quel calore che annientava il mio cuore quando lei mi baciava.
Ero orgoglioso di ciò che era: non l' avrei mai amata altrimenti.
Ma adesso piangeva, e soffriva, si dimenava tra le mie braccia, fuggiva dal mio amore, terrorizzata di aprirmi il suo cuore come avevo fatto io con lei.
E aspettava un bambino, il frutto del mio, del nostro amore.
Perché lei, mio bellissimo angelo, mi aveva amato, in quella notte lontana.
- Harry...- la sua voce era spezzata, lacrime di cristallo le sfioravano il viso.
Quella luce di pura agonia che illuminava il suo sguardo fa male, non volevo vederla così.
La strinsi a me quando stava per cadere, e con delicatezza la trascinai sul letto, facendola stendere tra le lenzuola.
Mi guardò negli occhi, l'ombra di un folle dolore si impresse nel suo volto, in ogni suo lineamento si poteva percepire la sua sofferenza.
Le accarezzai una guancia, non si rendeva  conto di quanto l'amassi?
Farei di tutto, per lei: impazzirei, se solo me lo chiedeva. Potevo morire per un suo solo sguardo, come se fossi il più letale dei veleni.
Ma non avrei mai  potuto stare lontano da lei...non sarei riuscito a sopravvivere con la consapevolezza che lei  esisteva, e che non era più mia.
Era questo l'unico pensiero che avevo in mente quando, con una smorfia di dolore, scostai il suo viso da me, allontanando la mia mano dal suo volto.
-Vattene-
Quelle parole mi uccisero dentro:lei non mi voleva, lei mi disprezzava.
Non voleva avere un figlio da me, da un feroce assassino.
Ma io non potevo andarmene, non potevo lasciarla.
Quando cercai di abbracciarla si dimenò, iniziando ad urlare per allontanarmi da lei.
- HO DETTO VATTENE!!! -
Piangeva, mi guardò con gli occhi carichi di dolore, odio e disprezzo, dei più potenti e meschini.
Era  quello sguardo la cosa che più mi feriva, ma io non potevo dimostrarle la mia debolezza, perché sapevo che lei mi poteva distruggere con un solo, insignificante e inutile gesto.
Strinsi la mascella, gli occhi lanciavano mille saette.
Era rabbia, la mia.
Una rabbia avvolta da una coltre di spietato dolore, al pensiero che lei non mi voleva come io desideravo lei.
Distolse lo sguardo, non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi.
Mi alzai dal letto, dovevo andarmene, dovevo calmarmi.
Sapevoo che in quel momento potevo farledel male, e che poi me ne sarei pentito.
Uscii dalla camera, sbattendo la porta con forza e, una volta fuori, sentii le sue urla disperate, che aveva con così tanto coraggio trattenuto di fronte a me.
La sensazione di essere solo in balia dell'amore che mi lacerava l'anima mi travolgeva, prepotente come il più oscuro dei demoni.
Stavo correndo, adesso.
Non volevo sentirla urlare, non volevo vederla soffrire.
Perché la consapevolezza che ero io a causarle tutto quel dolore mi stava uccidendo dentro.
Entrai nel mio studio, sbattendo la porta, mi accasciai sul muro, scivolando lentamente a terra.
Sentii un dolore acuto all'altezza del petto.
Chiusi gli occhi.
Mi aveva rifiutato, mi aveva allontanato, mi aveva disprezzato, e io mi sentii morire.
Volevo gridare, volevo evadere dalla mia dolorosa realtà, volevo sognare di poterla stringere tra le braccia, ma non potevo.
La realtà premette prepotentemente nell'abisso della mia mente piena di lei.
Sconfinò i cancelli della mia indifferenza, mi gettò in un baratro oscuro, che non potevo e non volevo ignorare.
Mi penetrò l'anima, mi rese schiavo della mia umanità.
Un'umanità che solo lei aveva saputo risvegliare dal suo eterno sonno.
Mi presi la testa fra le mani, stavo rischiando di impazzire.
Ma Shay era presente anche adesso, sentivo il suo spirito aleggiare nella stanza, il suo volto invadere i miei pensieri.
Mi stava uccidendo.
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POV'S SHAY
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Non potevo fare a meno di urlare: il dolore premeva, spietato e crudele, e io dovevo esternarlo come meglio potevo.
Ero incinta, aspettavo un bambino.
Queste parole mi penetravano l'anima, mi causavano un atroce dolore al petto.
Perché io ero incinta, e il bambino era di Harry.
E io l'avevo amato, quella notte.
Era una consapevolezza delle più meschine, che si scontrava con violenza con il mio raziocinio.
Non potevo amarlo, ma quella notte l'avevo fatto.
E sentire le sue mani sul mio corpo, i suoi baci delicati, vedere la devozione con cui mi aveva guardato, mi ha permesso di concedergli il mio amore per una sola, breve e insignificante notte.
E questo bambino era il frutto del mio amore per lui, quell'amore che gli avevo donato in un momento di debolezza.
Perché io ero debole, e lui era diventato tutto il mio mondo.
Io lo rinnegavo, lo odio, lo disprezzavo, ma nulla mi impediva di capire che qualcosa mi legasse a lui.
Non un anello, non il nostro matrimonio, ma qualcosa di più forte, di più profondo di un misero foglio di carta, che lui mi aveva obbligato a firmare tanti mesi fa.
Mi aveva resa sua, nel corpo e nell'anima.
E io questo non potevo permetterlo.
E allora piangevo, piangevo finché non avevo più lacrime da versare, finché il mio dolore non leniva le ferite che Harry mi aveva inferto con il suo amore.
Finché mi aveva odiato avevo saputo resistergli, ma non ero in grado di contrastare l'amore che mi aveva donato.
Non volevo un figlio da lui, perché questo non avrebbe fatto altro che rafforzare la convinzione che Harry era ormai diventato l'unico punto fermo del mio personale universo.
Mi aveva rapita, mi aveva violentata, mi aveva ferita più volte, ma mi aveva anche protetta, mi aveva amata, mi aveva donato sé stesso, nel bene e nel male.
Mi aveva mostrato chi lui era realmente, aveva saputo ascoltarmi, consolarmi, aveva penetrato con forza la spessa corazza che mi divideva dal resto del mondo.
La mia mente era piena di lui, che si era fatto strada nei miei pensieri con la sola forza di ciò che provava per me.
Era crudele, spietato, ma nascondeva un'anima pura, contaminata dalla crudeltà della vita.
Ero sul punto di innamorarmi di lui, e questo pensiero mi spaventava a morte.
E non potevo permettere che succedesse....

Con mani tremanti sollevai leggermente il materasso, cercando il piccolo cellulare che in questi giorni aveva alimentato le mie più intime speranze di poter fuggire, di poter di nuovo assaporare la libertà che mi era stata così brutalmente negata.
Sapevo che era rischioso, sapevo che se venivo scoperta ne avrei pagato le conseguenze, ma non mi importava.
Dovevo agire, dovevo fare qualcosa, dovevo fuggire.
Fuggire dalla sensazione, completamente sconosciuta, di pienezza che mi causava la presenza di Harry.
Composi il numero dell'unica persona che in quel momento mi poteva aiutare, e aspettai trepidante di sentire la sua voce.
Uno squillo.
Due Squilli.
Tre squilli.
Al quarto squillo la voce allarmata di Alice mi giunse alle orecchie, chiara come un cielo d'estate.
- Shay?-
Un singhiozzo mi sfuggì dalle labbra, seguito da un altro, un altro e un altro ancora...
- Shay, ci sei? Che succede? Rispondi!!- Alice gridò quando sentì il mio pianto disperato: non riuscivo a parlare, ad emettere alcun suono.
Dopo pochi secondi, l'unica cosa che riuscii a dire, tremante e sconvolta, era una muta preghiera, nata dalla mia paura più nascosta e sconosciuta: la paura di amare.
- Alice, portami via-
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-

E rieccomi qui, dopo una settimana o quasi! 

Non avrei mai potuto abbandonar di nuovo questa storia, anche perchè manca poco dal concluderla!

Anyway, avete visto? Anche Shay porova qualcosa di profondo per Harry, solo che è spaventata!

Riuscirà a scappare? Ed Harry, cosa farà?


Se il capitolo è stato di vostro gradimento, non mi dispiacerebbe vedere una stellina accesa o qualche commento, piccino piccino.

PS: Sto scrivendo una nuova storia, se volete leggerla passate nel mio profilo <3

A domani. 

-M.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 10, 2018 ⏰

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