Capitolo 14

113 5 0
                                    

POV HARRY.

- Harry, no!-
Mi svegliai tremante, aprendo di scatto gli occhi e sussultando nel sonno. Era un sogno, non c'era nulla di reale...
La mia mente elaborava minuziosamente questo pensiero, cercando di calmare le reazioni che il mio corpo aveva avuto a causa di quel maledetto incubo.
Mi sfiorai la fronte con una mano, gelida, e notai che il sudore mi aveva bagnato le tempie... mi sedetti sul letto, passandomi una mano tra i capelli e cercando di ignorare la strana sensazione che si era impossessata del mio corpo.
Un sogno, soltanto un sogno.
Ma rivedere in un flashback i suoi occhi terrorizzati mi fece fremere di disgusto. Disgusto verso me stesso, che avevo osato anche solo sfiorarla. La parte razionale di me continuava a urlarmi contro che non dovevo provare rimorso, che ciò che avevo fatto se l'era cercato, che era colpa sua...
Ma il mio lato istintivo era ancora perso ad annegare dentro quegli occhi, che sembravano volermi trapassare l'anima ogni volta che si incatenavano ai miei...
Mi alzai di scatto, stringendo i pugni e contraendo la mascella in una morsa dolorosa. Non potevo permettermi questi scrupoli, non potevo permettermi di provare rimorso.
Quelli come me non sanno cosa sia il rimorso.
Mi infilai la vestaglia da notte, e uscii dalla mia stanza sospirando, cercando di non pensare al fatto che lei era a pochi metri da me, nel suo letto, dormendo indisturbata.
Quando avevo saputo che era riuscita a fuggire una furia cieca si era abbattuta sul mio corpo. Furia, rancore e paura.
Paura...paura di non poterla riavere, di averla persa per sempre, di non potermi più immergere nei suoi occhi castani, talmente profondi da segnarmi dentro.
Ma la furia aveva prevalso, e le altre emozioni erano state spazzate via da un tornado di rabbia.
Non si era arresa, non ancora, e quel pensiero mi faceva andare di testa.
Era mia, soltanto mia, e avrebbe dovuto accettarlo.
Le avevo dato fiducia, avevo cercato di essere meno duro, meno inflessibile, e il risultato era stato la sua fuga folle.
Folle e sciocca... credeva davvero che sarebbe riuscita a sfuggirmi? Poteva nascondersi all'altro lato del pianeta, e io l'avrei trovata.
Sorrisi al pensiero che niente e nessuno poteva impedirmi di averla, di farla mia, anima e corpo.
Ma un rapporto si può fondare su simili sentimenti? L'odio, il rancore e il disgusto che prova nei miei confronti le impediranno per sempre di legarsi definitivamente a me?
Sospirai, che diavolo andavo a pensare?
Avrebbe ceduto, quella sciocca ragazzina,che voleva tanto recitare il ruolo dell' eroina, avrebbe ceduto, con le buone o con le cattive, e niente mi avrebbe impedito di legarla a me.
Ero impazzito? Forse.
Come poteva una ragazzina di dieci anni più piccola di me, sciocca e fragile, avermi tanto affascinato?
Era per la sua forza, per la sua capacità di combattermi, di respingermi? Era per questo motivo che mi aveva ammaliato?
Era solo una bambina, non avevo mai visto una persona più ingenua e fragile di lei.
Di donne ne avevo conosciute, ma mai così pure, delicate, affascinanti.
Fingeva di essere forte, nascondendosi dietro quella maschera di freddezza e sarcasmo che mostrava al mondo.
Ma la maschera era ceduta, l'avevo abbattuta con forza, e tutto ciò che rimaneva era una piccola donna, troppo fragile e delicata per poter vivere in questo mondo.
Un mondo bastardo, dove vige la legge del più forte, dove nessuno pensa agli altri, dove l'egoismo regna sovrano.
Mi riscossi dai miei pensieri quando sentii dei singhiozzi soffocati provenire dalla camera del corridoio alla mia destra... mi guardai attorno, senza rendermene conto era arrivato fino alla camera di Shar...
Era lei che piangeva? Sentire quegli ansiti repressi mi fece quasi tenerezza...
Eccola, la bambina che fingeva di essere una donna...
La mia mano si posò automaticamente sulla maniglia della sua porta... volevo entrare, volevo abbracciarla, chiederle scusa, lenire il suo dolore ma... ed ecco che la rabbia tornava, inesorabile, ad impossessarsi della mia mente: non doveva fuggire, non doveva tradire in quel modo la mia fiducia!
Perché lo ha fatto? Perché deve sempre rovinare tutto?
Serrai la mascella, e presi a camminare per il corridoio, lontano da lei, lontano dal suo dolore.
Senza rendermene conto scesi in soggiorno, e mi sedetti sul divano, prendendomi la testa fra le mani... basta, non dovevo pensare a lei.
Non si meritava la mia compassione.
Ricordi, Harry?
una voce malvagia mi risuonò in mente: Lei è la Evans, quella che ti ha fatto perdere milioni di dollari, anni fa. Quella che ti ha insultato, che ti ha chiamato assassino, che ti ha detto che non potrà mai amarti!
E, di nuovo, la rabbia esplose nella mia testa, costringendo il mio corpo a reagire, a sfogare quella furia improvvisa che mi attanagliava le viscere. Fu così che, con forza, tirai un pugno contro il muro del salone, e il rumore della carne contro il cemento rimbombò nella grande sala, amplificando il doloroso silenzio che ne seguì...
-
-
- Beh, signor Styles, posso affermare che il nostro affare è concluso... - l'uomo mi porse la sua viscida mano, mentre mi rivolgeva un sorriso mellifluo, probabilmente molto simile a quello che, in quel momento, era stampato sul mio volto.
Derek Stanfort era l'uomo più viscido e disgustoso che avessi mai incontrato in vita mia: sulla sessantina, aveva un viso tozzo, pieno di rughe, e due occhietti acquosi, talmente piccoli da scomparire nelle sopracciglia costantemente aggrottate. Di bassa statura e decisamente sovrappeso, gestiva un importante ditta edile a Seattle, con delle filiali a Tacoma, Los Angeles, Chicago e New York. Inutile dire che, per incrementare i suoi guadagni era riuscito a venire ad affari con i principali clan mafiosi di tutta l'America Settentrionale. Il guadagno era reciproco: lui riscuoteva i soldi dal comune per i finanziamenti alle case popolari, e noi, finanziando i suoi propositi, intascavamo buona parte del guadagno totale... semplice ed efficiente.
Ma era risaputo da tutti che, per guadagnare degli extra, sfruttava di continuo cittadini extracomunitari, pagandoli miseramente e facendoli lavorare il doppio di un normale operaio...
Inoltre, era famoso anche per la sua passione per le belle donne, che non mancavano mai, nel suo letto.
Usava a suo scopo e piacere ragazzine di vent'anni, mantenendole, comprandole con il denaro e approfittando di loro.
Ma chi ero io, per giudicarlo? Non stavo forse facendo lo stesso?
Sorrisi e gli strinsi la mano, mentre i suoi banali occhi marrone fango mi scrutavano con curiosità.
-Allora, Harry, il grande giorno si avvicina, eh?-
- Già-
- E dimmi, come sta Shay?-
Mi irrigidii, non mi piaceva il modo in cui aveva pronunciato il suo nome. Ricordai anche come l'aveva guardata il giorno della festa di fidanzamento... con uno sguardo carico di desiderio.
- Sta benissimo, grazie. In questo momento è molo indaffarata con i preparativi...- mentii.
Perché la realtà è che erano giorni che Shay se ne stava rannicchiata nel suo letto, a piangere, senza che io potessi fare niente per lei.
Voleva uscire, non passava giorno in cui non la sentivo gridare, supplicarmi di farla uscire da quella dannata stanza ma... non aveva pagato abbastanza.
Doveva capire chi comandava, e questa era un'adeguata punizione per la sua fuga.
-Capisco - la voce subdola e maliziosa di Stanford mi riscosse. Alzai lo sguardo, e vidi che i suoi occhi risplendevano di una luce malvagia e perversa.
E in quel momento capii le sue intenzioni.
Con uno scatto fulmineo lo presi per il collo, sbattendolo contro il muro del mio ufficio. I nostri visi erano vicinissimi, sentivo il suo fiato sul mio volto, e questo mi disgustò ulteriormente.
-Ma che cazzo... -
-Toccala e sei morto - il mio non fu un sussurro, ma un vero e proprio ringhio, mentre stringevo quel bastardo dal colletto della maglia. Sapevo cosa stava pensando: lui era un abile giocatore, e non era la prima volta che venivo a sapere che aveva sedotto, con le sue lusinghe, le mogli altrui...
-Calma - soffiò, quando l'aria gli venne a mancare - non avevo intenzione di farle niente... -
-Bene - sussurrai minaccioso, attento a guardarlo negli occhi - perché non tollero che vengano toccate le mie cose- sapeva che non stavo scherzando, lo aveva intuito dal mio tono di voce, perché all'improvviso i suoi occhi si spalancarono, pieni di paura. Soddisfatto, lo lasciai andare, e senza voltarmi mi diressi verso la scrivania , estraendo dal primo cassetto una sigaretta e portandomela alle labbra.
- Ti ha fottuto, eh Styles ?- domandò quel viscido mentre accendevo la mia Nazionale.
- Ti sbagli, Derek. Sono io che ho fottuto lei... - mi guardò fisso per un secondo e scoppiò a ridere, raccogliendo le carte posate sulla scrivania e dirigendosi verso la porta.
-Ci vediamo al matrimonio, Styles -
Annuii, serio, e aspettai che quel bastardo uscisse, per poi accasciarmi sulla sedia e sbattere i pugni contro la scrivania di noce.
Ero arrabbiato, non mi piaceva il modo in cui Stanfort aveva guardato Shay, durante quella festa, e soprattutto, non mi piaceva il modo in cui i suoi occhi si erano illuminati quando l'aveva nominata... era un uomo malvagio e perverso, e non avrei permesso che si avvicinasse a lei.
Avrei fatto qualsiasi cosa, ma quel figlio di puttana sarebbe dovuto starle a chilometri di distanza...
-
-
-
Camminavo per il corridoio, ero piuttosto di fretta : tra pochi minuti avrei dovuto ricevere una chiamata importante, e dovevo raggiungere subito il mio ufficio. Involontariamente, andai a sbattere contro una donna di servizio.
-Mi scusi, signor Styles - come sempre erano loro che si dovevano scusare, anche se la colpa era mia.
-Come sta?- dissi freddo, dimenticandomi della chiamata.
La donna sospirò, abbassando lo sguardo - come al solito... piange tutto il giorno, e non si alza dal letto... - il suo tono era preoccupato, ma sentivo che mi nascondeva qualcosa.
- Che altro c'è? - sbottai iroso, non sopportavo la gente che mentiva.
La ragazza mi guardò negli occhi: aveva uno sguardo limpido, ma triste.
-La signorina non vuole mangiare - disse seria, senza preamboli.
Mi irrigidii, aspettando che proseguisse - sono due giorni che non tocca cibo, se la obbligo a mangiare, rigetta tutto... inizio a preoccuparmi-
Ed ecco il colpo finale.
- Inoltre - proseguì - ieri aveva la febbre. Alta. Farneticava nel sonno, non capivo cosa dicesse. Ho provato a farle prendere delle Tylenol, ma si è rifiutata. La febbre non scende -
Rabbia, l'unico sentimento che provavo in quel momento era rabbia: verso Shay, che si ostinava a opporsi a me, verso me stesso, che mi ostinavo a volerla sottomettere, e anche...
-Perché non me lo ha detto?- sbottai, infuriato, lanciando alla cameriera un occhiata in tralice. Lei si accigliò, spaesata
-la signorina me lo ha proibito... -
-E tu a chi devi obbedire?- domandai, sarcastico - a me o a lei? Chi è che ti paga?- sospirai di fronte al suo sguardo mortificato - lascia stare, ma da adesso in poi, limitati a contattarmi, per qualunque cosa. Ora dammi le chiavi-
Mi guardò e annuì, ma potei scorgere, nei suoi occhi, una scintilla di disapprovazione. Probabilmente non gli andava giù il fatto che avessi rinchiuso Shay...
Entrai in camera, pronto ad una sfuriata, ma la visione che mi si parò davanti mi fece morire la voce in gola: Shay era rannicchiata sul letto, in posizione fetale, con le mani strette attorno al suo fragile corpo. Dormiva, ma potei vedere lo stesso le lacrime sul suo volto...
Era bellissima, non avevo mai visto una creatura così meravigliosa in tutta la mia vita. Senza riflettere mi avvicinai a lei, e la presi tra le braccia, facendo attenzione a non svegliarla.
La portai in camera mia senza alcuno sforzo, era leggerissima, sembrava avere la stessa consistenza di una bambola di porcellana...
Una volta arrivati, la adagiai delicatamente sulle coltri morbide del letto, e la avvolsi in una coperta. Le sfiorai la fronte, scottava, probabilmente la febbre era salita. Non appena si fosse svegliata, le avrei intimato di mangiare, e di prendere un antidolorifico.
Mi accomodai sul letto, appoggiando il capo su un gomito e guardandola intensamente.
Avrei potuto osservare il suo viso per ore ed ore, sembrava una bambina, talmente bella da mozzarmi il fiato.
-
-
-

Take me into your loving arms.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora