Uscì dall'ascensore determinata a concludere il caso, il suo caso il prima possibile, e riavere indietro la sua bambina.
Sapeva già cosa fare, e appena entrò nello squadroom, aveva già ordini precisi.
"Bishop, vai a prelevare Malachi, e portalo qui. McGee, entra nel firewall del Mossad, e trova tutto quello che sanno su Adam" disse decisa.
"Stai scherzando Ziva? Il Mossad? Capisco la CIA, l'FBI, ma il Mossad..." disse impaurito.
"McGee, suo il caso, suo il comando! Trova tutto ciò che sanno!"
"Gibbs, dì a Ducky di chiedere il corpo dell'agente ucciso, poi interroga Malachi"
Non la fece finire, che aveva già preso l'ascensore per scendere nell'obitorio.
"DiNozzo... Prendi le tue cose... Si va in Messico!"
Il ragazzo rimase a bocca aperta... Il Messico?
"Starà andando lì con la mia bambina, per l'espatrio"
In meno di un'ora erano entrambi sull'aereo che li avrebbe portati in Messico.
"Come fai a sapere che non è già arrivato?"
"Ha lasciato il suo passaporto in auto... Non avrebbe passato il check-in"
Ziva era distratta, e guardava fuori dal finestrino, con la testa appoggiata allo schienale e le mani tese sulle gambe.
Tony appoggiò la sua mano su quella della collega, per infonderle coraggio. Non avrebbe mai immaginato che dopo tanto tempo sarebbe stato in grado di darle fiducia così presto, ma capiva che le ragioni per cui l'aveva lasciato andare, erano ben diverse da quelle che immaginava. Continuava a pensare a come il livore lo aveva abbandonato subito, nello stesso momento in cui lei gli aveva parlato di tutte le tragedie che avevano costellato la sua vita dopo quell'addio, e forse non erano nemmeno tutte.
Si guardarono negli occhi, lei in cerca di conforto, lui in cerca di certezze.
Poi tornò a guardare fuori dal finestrino. Rivedeva la nascita della sua bambina, il suo primo compleanno, e pensava che presto si sarebbe avvicinato anche il secondo.
Intanto all'NCIS...
"Capo sono entrato!"
"Che hai trovato, McGee?" chiese Gibbs impaziente.
"Lo seguivano già da prima che arrivasse qui, in America, e poco prima dell'incidente, erano riusciti a localizzare il GPS dell'auto. Quello che non mi torna è che il Mossad agisce segretamente... Come faceva Adam a sapere che dietro l'angolo stava per girare l'auto di Malachi?"
"Chiedilo a lui Tim!" disse Ellie entrando nella stanza con Malachi.
Lo fecero attendere quasi un'ora nella sala interrogatori, finché la porta non si aprì. Ma a dispetto di quanto indicato da Ziva, Gibbs non era solo.
"Gibbs... Mentirei se dicessi che è un piacere rivederti!" esclamò Malachi appena lo vide.
"Perché lo seguivate?"
"Chi?"
"Adam Eshel... Il Mossad lo seguiva, lui già lo sapeva!" fu sbrigativo Gibbs "Come faceva a saperlo?" continuò.
"Non c'erano cimici nel Mossad... Ho controllato, è il mio lavoro... È per questo che sono qui anch'io!" Un ragazzo alto, dalla carnagione chiara e gli occhi castani, prese a parlare. Sembrava molto giovane, per avere tutta quell'esperienza che dimostrava.
"Il Dipartimento della Difesa, crede che ci fosse una falla nel vostro piano... Una falla costituita da una spia che segretamente informava il fuggitivo"
"Lei è?" chiese Malachi tergiversando.
"Richard Parsons!" si rivelò il ragazzo.
"Un parassita che per tua sfortuna sa tutto di te!" puntualizzò il capo, ricordando i vecchi tempi.
Gibbs l'aveva chiamato perché conosceva il suo modo di investigare e si era reso conto che era ciò che serviva a far parlare un'agente del Mossad addestrato a tacere.
"Se sa tutto di me, a cosa serve la mia presenza?"
"Perché se parli, avrai qualche speranza di non avere contro la tua vecchia agenzia!"
Quelle parole colpirono Malachi, che alla fine, tra le minacce di Parsons, e i trabocchetti di Gibbs, cedette.
Tony e Ziva erano appena arrivati in Messico, e dopo quasi tre ore di viaggio, Tony aveva proprio bisogno di un cocktail del luogo.
"E per lei, guapa señorita?"
"Un bicchiere di tequila, muchas gracias"
Ziva non era un tipo che amava bere, ma quando aveva dei cattivi presentimenti, le sembrava l'unica via di scampo.
"Ci stai andando giù pesante... Guapita!" esclamò il ragazzo, al terzo bicchiere.
"Guapita? Te lo sei inventato?" rise, poi continuò "Ho una strana sensazione allo stomaco, Tony" disse in tono lievemente preoccupato.
"Sarà mica la tequila?"
"Ho come il presentimento che ci sia qualcos'altro sotto che non so..." rispose ignorando la sua battuta.
"Andrà tutto bene... Perché ora non sei più sola... Ci siamo noi con te" rispose il ragazzo capendo che non era il momento di scherzare.
"Se si è azzardato a torcere un solo capello alla mia bambina, io... Io" sentiva la rabbia salire, ed in un solo sorso bevve il quarto bicchiere, per calmarsi.
"Ehi basta bere! Vuoi forse che quando tua figlia ti rivedrà, sarai brilla? Vuoi sembrare forse lo zombie di Nicholas Hoult nel film Warm Bodies?" tentò a tirarle su il morale.
"Smettila" sorrise lei "parla il ragazzo che ha ordinato un cuba-libre" aggiunse tirandogli un leggero pugno sul petto.
"Richard Parsons, piacere di conoscerla" disse stringendole la mano.
"Eleanor Bishop" sorrise.
"So chi è lei..."
"Ha investigato anche su di me?" chiese, a metà tra ironia e realtà.
"Non mi permetterei mai... Non ce n'è stato bisogno. L'agente Gibbs mi ha parlato di lei..."
La ragazza stava per rispondere, ma non ne ebbe il tempo.
"Finito con i convenevoli?" Gibbs, entrò nello squadroom con il solito bicchiere di Caf-Pow, dirigendosi alla sua scrivania.
"Dov'è McGee?"
"Sono qui capo... Ero andato ad aggiornare Ducky... Ziva l'aveva detto a lei, ma era impegnato a..." arrivò impacciato.
"Sala videoconferenze, ora!"
Tony e Ziva erano in albergo, ad aspettare la chiamata dell'agente alla dogana, nel momento in cui Adam sarebbe arrivato.
"Secondo te si sarà divertito Gibbs, in Messico con Franks, quando lasciò l'NCIS? Voglio dire il mare, i cocktail, le ragazze..." iniziò il ragazzo.
Ziva provava, da fuori dell'inquadratura del computer, a fargli cenno che Gibbs era appena entrato in collegamento con loro via webcam...
"È dietro di me, vero?"
"DiNozzo!" la sua voce uscì sonora dal computer, come se non fosse a kilometri di distanza.
"Capo!" esclamò il ragazzo girandosi
"Dov'è Ziva?"
"Sono qui Gibbs" disse sedendosi sulla sedia davanti al computer, coprendo Tony che si stava cambiando i pantaloni sul letto.
"C'è stato un furto di auto, e dalle telecamere pare che il ladro sia Adam. Deve averla rubata per arrivare in Messico"
"Targa?"
"BEE-6610"
"Tony avvisa alla l'agente alla dogana" disse Ziva voltandosi.
"Non ce ne sarà bisogno" rispose il ragazzo mostrando il cellulare che squillava.
Uscirono di corsa, e raggiunsero la dogana in men che non si dica. In auto Ziva era agitata. Avrebbe finalmente riabbracciato la sua bambina, ma si sarebbe anche confrontata con l'uomo che gliel'aveva portata via.
Quando arrivarono, videro gli agenti sotto copertura, nelle vesti di doganieri, intrattenere Adam fino al loro arrivo. L'avevano fatto scendere e lo stavano perquisendo per chissà quale ragione.
I due scesero dall'auto, e mentre Tony metteva una mano sulla spalla di Adam, Ziva corse ad aprire l'auto.
"Che ci fate voi qui?" si meravigliò, senza più prestare attenzione ai controlli cui era sottoposto.
"Cosa ci fai tu qui, con Ariel... Oh no, non disturbarti a rispondere... Avrai tutto il tempo nella sala interrogatori" rispose Tony, mentre con la coda dell'occhio guardava Ziva che finalmente riabbracciava la sua bambina.
"Ariel, amore della mamma"
"Mamma" urlò la bambina appena la vide.
Ziva le slacciò le cinture del seggiolino e la prese in braccio. Ariel la stringeva come non aveva mai fatto, e Ziva fece altrettanto. Aveva davvero avuto paura di perderla. Ariel affondò la testa nei morbidi ricci della madre, e lei si fece sfuggire una lacrima che nessuno notò.
"Ziva posso spiegare... Mi dispiace, non era mia intenzione..."
"Ti consiglio di riservarti le scuse per più tardi. Ti serviranno!" lo fermò Tony, non volendo che Adam interrompesse quel tenero momento di ricongiungimento che Ziva aveva tanto aspettato.
"Amore ti fa molto male il braccino?" chiese Ziva, notando una ferita sul braccio di sua figlia, certamente provocata dall'incidente.
La piccola fece cenno di no con la testa, mentre con una manina si strofinava l'occhio e con l'altra si aggrappava al collo della mamma.
Gli agenti alla dogana rivelarono il distintivo, e ammanettarono il latitante. Lo portarono in ambasciata per gli ultimi controlli, e poi lo avrebbero imbarcato sullo stesso aereo di Tony e Ziva.
"Tony dobbiamo andare in ospedale... Ariel ha una ferita al braccio" disse Ziva andando verso l'agente che la osservava da lontano, prendersi cura di sua figlia.
"No mamma, no" si spaventò la bambina.
"Tesoro mio, ma così guarirai presto..." provò a convincerla.
"No" insistette.
"Facciamo così, adesso andiamo in hotel e la mamma ti mette un bel cerottino tutto colorato sul braccino, e lo tieni finché non torniamo a casa... Va bene?" si intromise Tony notando le difficoltà della ragazza.
Ariel fece cenno di si con la testa, mentre guardava l'agente con uno sguardo interrogativo.
"Io sono Tony... Un amico della mamma" si presentò.
"Allora sei il principe delle storie che mi racconta mia mamma prima di fare la nanna" si illuminò la piccola che credeva di avere davanti a sé un principe.
Ziva impallidì, e intervenne subito.
"Adesso dobbiamo andare, così ti mettiamo un cerottino e poi andiamo a casa..." si precipitò a dire, imbarazzata.
Tony non disse nulla, ma anche lui sembrava confuso, e allo stesso tempo divertito.
Arrivati in stanza, mentre Tony parlava con Gibbs al computer in modo un po' misterioso, aggiornandolo, Ziva cambiava il pannetto alla sua piccola, notando che però qualcuno l'aveva già cambiata poc'anzi. Si rese conto, proprio in quel momento, che quello stesso qualcuno le aveva comprato dei vestitini, e anche il seggiolino per tenerla in auto. Voleva chiedere spiegazioni alla bambina, ma non aveva intenzione di metterle ansia, così non disse nulla.
Le mise il cerotto che avevano comprato, e poco dopo erano diretti all'aeroporto.
Ariel era molto più silenziosa del solito. Era una bambina adorabile, e non aveva avuto problemi a conoscere Tony, forse perché sua mamma gliene aveva già parlato.
Ziva la teneva in braccio. Non se ne era separata neanche per un secondo da quando l'aveva ritrovata. La osservava dormire beata fra le sue braccia, mentre con una mano le accarezzava delicatamente la guancia.
Il ragazzo alla guida, continuava a osservare la mamma che Ziva era diventata. Premurosa, attenta, e soprattutto felice, anche se poteva ancora notare un velo di preoccupazione nei suoi occhi.
"Va tutto bene?" chiese sottovoce senza svegliare Ariel.
"Adesso si" rispose senza smettere di guardarla.
"È una bambina meravigliosa" introdusse la conversazione il ragazzo, rimuginando su come quell'uomo le avesse procurato tanta felicità, e allo stesso tempo tanta tristezza.
"Generalmente è anche molto loquace..."
"Ehi... Ha appena ritrovato la sua mamma dopo ben 2 notti! È normale che sia un po' giù... Ma vedrai che le passerà" la rassicurò "E per qualunque cosa... Puoi contare su di me" aggiunse.
I due si guardarono negli occhi. Una strana sensazione attraversò i cuori di entrambi. Un insieme di flashback si insinuò nelle loro menti. Ziva stava per dire qualcosa, quando il cellulare di Tony prese a squillare. Zoe... Si era dimenticato di avvisarla che non ci sarebbe stato nemmeno quella sera. Chiuse subito la chiamata, perché notò che Ariel si stava per svegliare. Ziva tornò alla realtà. Tony aveva una fidanzata, lei era mancata per molto tempo, e lui si era rifatto una vita. Era giusto così. Non si doveva intromettere.
Sull'aereo, Tony era seduto accanto ad Adam che guardava fuori dal finestrino. L'agente lo chiamò e lo distolse dai suoi pensieri.
"Non so perché tu l'abbia fatto..."
"Avevo delle valide ragioni, agente DiNozzo!" non lo fece finire.
"Non parlavo del rapimento" rispose il ragazzo ripensando a quello che Ziva aveva fatto quando era andata a seppellire suo padre "Non so se tu te ne fossi approfittato, o provassi davvero qualcosa per lei" continuò.
"Credi che io mi possa approfittare della persona che più ho amato?"
"Se l'avessi amata veramente, non le avresti creato tanto dolore! Lei ti aveva chiesto di comportarti da padre e tu le hai portato via la figlia, l'hai fatta vivere in un incubo." Si scaldò, senza rendersi conto che Ziva era poco lontana da lui.
"Era necessario!" si giustificò.
"Se l'avessi amata veramente, non avresti pensato alle crisi internazionali che una bambina appena nata potesse creare! Avresti fatto ciò di cui lei aveva bisogno! E se ti avesse chiesto di andartene, di sparire dalla sua vita, perché voleva ricominciare da capo, l'avresti fatto... Se l'avessi amata veramente, avresti patito di tutto, arrivando forse anche ad odiarla, purché la rendesse felice... Ma solo se l'avessi amata veramente" aveva alzato la voce, ripensando a quello che aveva fatto per Ziva e poi l'aveva riabbassata, rendendosi conto che a poca distanza da lui c'era la ragazza di cui parlava, ed una bambina che dormiva.
"Tu l'amavi! E non ti è mai andata giù che lei avesse scelto me! E che ti avesse chiesto di andare via" lo stuzzicò Adam.
"Lei non ti ha scelto! E mai lo farà" e così dicendo, si alzò dal sedile, ma voltandosi incontrò lo sguardo di Ziva che lo guardava esterrefatta, con la bambina in braccio, che tornava dal bagno e aveva sentito cose che non doveva sapere.
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My Reason To Go On
Fanfiction~Tratto dal 1º capitolo~ "Sentì dei rumori provenire dalla cucina, si alzò e senza pensarci estrasse la pistola da sotto il cuscino. Ma non fece in tempo a raggiungere la stanza che vide un uomo uscire dalla porta di casa, e lei non poteva sparare...