TORNARE BAMBINA

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Non sapeva come, ma era riuscita a fuggire da Tony. Non ne era felice, non lo era per niente. Avrebbe voluto potersi voltare, dire che anche lei lo amava, e poter riassaporare quelle sue labbra. Ma non era tutto così semplice... Aveva fatto una promessa. L'aveva fatta a se stessa ed al suo angelo. Non poteva permettersi di rifare lo stesso errore di Berlino solo per dei sentimenti. Sarebbe andato di nuovo tutto storto, e avrebbe fatto soffrire ancora una volta Tony.

Ciò di cui non si stava rendendo conto, però, era che adesso il ragazzo stava ancora peggio. E non era il solo...
10 anni prima, quando faceva ancora parte del Mossad, celare tutti i suoi sentimenti le riusciva così facile... Ma dal primo momento in cui era entrata all'NCIS, quella destrezza era scomparsa.
Perché?!
Perché prima di allora, Ziva non si era mai sentita amata per davvero, né aveva mai amato a sua volta. Erano sentimenti del tutto nuovi, impossibili da nascondere, perché veri. E questo le faceva ancora più male.

La mattina dopo, Tony sarebbe tornato al lavoro, ma una sorpresa lo attendeva.
Quando arrivò, con i suoi occhiali neri alla James Bond, il lungo cappotto scamosciato, e le sue scarpe italiane, con la sua immancabile aria da Sherlock Holmes, rimase quasi stupito, vedendo quel radicale cambiamento.
Si sedette, alla sua scrivania, ancora incredulo, sotto lo sguardo divertito ma al contempo un po' nostalgico di McGee.
"Pivello... Manca qualcuno?"
"Sta al piano di sopra..."
"Non parlo di Gibbs..."
"Nemmeno io! Dobbiamo salire all'MTAC" concluse Tim.
Tony lo fissò confuso, lasciò tutta la sua roba, e salì per le scale accompagnato dal ragazzo.
La porta era aperta, e quando Tony entrò, aveva più o meno capito quello che era successo nel periodo in cui era andato in congedo.

"Le coordinate della nave, Bishop" esordì il capo in tono quasi più glaciale del colore dei suoi occhi.
"Capitano, ci serve il consenso ad attaccare fuoco. Se la nave raggiunge il porto, i terroristi prenderanno d'assalto la sede dei vostri soldati!" aggiunse, rivolgendosi poi alla Marine sullo schermo.
"No signore. Su quella nave ci sono anche i miei uomini! Non possiamo rischiare"
"Li perderebbe a terra. E poi stanno scendendo dalla nave con le scialuppe... Tempo restante, McGee" Gibbs era agitato, e Tony stava cercando di capire cosa stesse succedendo.
"58 secondi all'impatto capo"

Era una strana sensazione. Non capiva cosa stesse succedendo, e non sapeva cosa fare. Gli sembrava di essere al cinema, ad assistere passivamente.
Il capitano stava per dare conferma, quando Ellie saltò in piedi.
Mancavano 15 secondi all'impatto, ma un uomo era ancora sulla nave.
"Annulla tutto, annulla tutto Gibbs!"
Conosceva quell'uomo. Era stato mandato sulla nave nelle vesti di Marine, per poter aggiornare l'NCIS e la difesa nazionale. Era Parsons.
"Bishop!" la guardò sconvolto.
"Parsons è ancora sulla nave Gibbs"
"8 secondi"
"Fermate la missione! Gibbs prendi i tuoi uomini. Andate al porto e attendete il loro arrivo." Fu il direttore a prendere le redini della situazione.
Gibbs lo guardò contrariato, ma alla fine dovette cedere.
"DiNozzo. Con me."
"17 minuti allo sbarco capo" lo avvertì McGee.
"Prendi David, e raggiungetemi al porto"
"Capo... Ziva..." Tony lo guardò confuso.
Gibbs sapeva che Ziva aveva dato le dimissioni, ma ora era una questione di vita o di morte. Non poteva permettersi di finire in mano ad una cellula di Al Qaeda.
Prima però che i due potessero chiarirsi, qualcosa di inaspettato. La nave esplose.
Tuti saltarono in piedi. Pochi secondi prima avevano visto Parsons che si stava ancora calando giù...
Poi una chiamata.
"Tranquillo Gibbs... Non ti libererai così facilmente di me!"
"Il parassita è vivo... L'esplosione è opera sua"
"Il parassita?" chiese McGee.
"Parsons!" spiegarono in coro Gibbs e Tony.
Poi il capo guardò il suo primo negli occhi, e gli fece cenno di seguirlo in ascensore.
Le porte si chiusero, e bloccò l'ascensore.

"Dove sta ora Ziva?"
"Attualmente, si è stabilita a casa mia. Quando si stancherà, troverà una casa..."
Gibbs gli mollò uno scappellotto.
"Scusa capo... L'ho lasciata che dormiva"
Gibbs lo guardò serio.
"E va bene, non lo so. Stamattina era già uscita come tutte le mattine Penso vada a correre"
"C'è niente che devi dirmi, Tony?"
Quel tono non gli piaceva.
"Si! Sei un ottimo capo, Gibbs, ma ti arrendi troppo facilmente quando si tratta dei tuoi agenti. Perché la scrivania di Bishop è vuota?"
"È stata una sua decisone! Lei preferisce lavorare nella sezione terrorismo. È un'analista, non un'agente!"
"Non lo avresti mai detto se non fosse che speri che Ziva possa rientrare in squadra. Ma ti do un'informazione. Non lo farà."
Tony ripensava ancora alla sera prima. Le aveva urlato contro cose che non pensava, ma poi, senza accorgersene, le aveva detto di amarla. Perché con lei risultava tanto facile, mentre con gli altri mai?! Perché era in grado di rovinare tutto?

Tony aveva ragione. Gibbs sapeva che Ellie era una valida agente, ma doveva sostenerla nella sua scelta. Era testarda, e si era messo in testa di lasciare il posto alla persona che secondo lei più lo meritasse: Ziva.
Ellie capiva bene il disagio che la ragazza provava nel rivedere la sua scrivania occupata da qualcun altro, e sapeva che loro due avevano iniziato col piede sbagliato. Ma avrebbe fatto di tutto per farla ricredere, e voleva aiutarla.
Ziva stava passando da un dolore all'altro, che lentamente la stavano distruggendo, e l'NCIS era il suo unico appiglio.

La giornata era trascorsa in quello strano clima di ansia. Tony e McGee, seduti alle loro scrivanie, che fissavano quella vuota.
"Dai Pivello... Quando la vorrai rivedere, starà all'MTAC"
"Una... E l'altra?"
Tony ripensò per un attimo a Ziva, e poi decise di fare quello che era giusto. Aprì il cassetto della scrivania, e riprese con sé, qualcosa che aveva volutamente dimenticato in quegli anni. Rientrò a casa. Era tardi. Ma in casa non c'era nessuno.
Si sedette sul suo letto, e rivide la culletta accanto a sé.

"E poi come va a finire la storia tra Ziva e il principe Tony?"
"Non lo so... La mamma mi ha detto che non sa cosa decise di fare il principe... Non sa se il principe Tony decide di non fare niente e continuare a credere che Ziva è scappata senza un motivo, oppure cercarla, svelare il suo segreto, e vivere per sempre felici e contenti..."

Si era già arreso una volta all'evidenza. Non sarebbe accaduto ancora.
"Tranquilla mia sirenetta... Vedrai che il principe e la principessa, si ritroveranno!"
Aveva parlato ad alta voce, come se ad ascoltarlo ci fosse ancora quella bambina. Ma ormai poco gli importava. Doveva trovarla. A qualunque costo.

Uscì di casa, e la cercò ovunque fosse possibile. Sinagoghe, palestre, hotel, in tutti i bar nelle vicinanze. Sembrava sparita.
Ma non si sarebbe fermato lì. Aveva deciso di trovarla, e così sarebbe stato.
D'un tratto, rivide un flash.
Era così chiaro... Perché non ci aveva pensato prima?
Fece ripartire l'auto a tutta velocità.
Destinazione: L'Opera!

Quando arrivò, era completamente spenta, esattamente come successe la sera in cui Ziva era scomparsa, perché nessuno le credeva.
Non sapeva bene cosa fare, ma decise di addentrarsi.
La porta sembrava chiusa, infatti l'ultima volta, l'aveva vista uscire dal retro... Non ne era convinto, ma aveva una strana sensazione... Forse aveva capito cosa stesse succedendo.
La porta del retro era socchiusa... Entrò senza fare rumore, e si incamminò, incerto, nella sala prove.
Fu in quel momento che ogni suo dubbio divenne una certezza. Ora si spiegava tutto. Era stato uno stupido a dubitare di lei.
La guardava ammaliato...
Ziva David, stava perseguendo il sogno di tutta la sua infanzia: diventare una ballerina.

Si muoveva leggiadra come una farfalla in quella sala vuota e illuminata da un'unica flebile luce.
Quando danzava, sembrava circondata da un'aurea di purezza, qualcosa di sublime. Rimase incantato a guardarla, mentre sfogava ogni sua rabbia con quell'estrema delicatezza.
E chi l'avrebbe mai detto che Ziva, proprio Ziva, la killer, la ragazza attratta dai coltelli, era ora lì, che si muoveva sinuosamente ascoltando una musica così dolce?!

Come ogni sera, era uscita, aveva preso il borsone, e si era diretta all'Opera. Danzare calmava il suo animo. Quando ballava, le sembrava di tornare nel passato, di ridare vita a quella bambina che aveva cessato di esistere nel momento in cui era stata assoldata nel Mossad.
Danzava per quella bambina, ma anche per Tali, la persona che più aveva amato durante la sua infanzia, danzava per tutte le persone che aveva ucciso. Ora danzava per Ariel.

Ogni volta questi pensieri la assalivano.
Prese a volteggiare in una piroette di innumerevoli giri.
Tali era morta per causa sua. Aveva ucciso suo fratello Ari. Volteggiò più velocemente. Suo padre era morto dopo che lei le aveva detto di odiarlo. Sua madre era morta perché lei non era stata una brava figlia. Ancora più velocemente. Tanta gente era morta per mano sua. Kate era morta perché lei non era riuscita a fermare il suo fratellastro. Tanti altri giri, senza mai fermarsi. La bambina che sognava di diventare ballerina era morta perché lei aveva avuto paura di fronteggiare suo padre. Ancora più velocemente. Ma quello che le faceva più male... Un altro giro. Era che Ariel era morta perché si era lasciata sopraffare dai sentimenti. Un ultimo giro, prima di cadere a terra, in ginocchio.

Rimase ferma in quella posizione, con la testa bassa, e le mani per terra. Iniziò a singhiozzare. Da quando aveva assunto la sua aria gelida, quello era l'unico luogo in cui si sfogava, l'unico luogo in cui si sentiva al sicuro da sguardi indiscreti. Al sicuro dai suoi stessi sentimenti.

Tony era appoggiato allo stipite della porta, che la osservava ammaliato. Quando però la vide cadere, e non rialzarsi, ma rimanere ferma in ginocchio, a piangere, senza preoccuparsi delle conseguenze, corse dentro.
Silenziosamente si sedette accanto a lei, e con delicatezza le passò una mano sulla schiena.
Ziva si voltò di scatto, fissandolo negli occhi, quasi terrorizzata.
"Va tutto bene, occhioni belli"

La strinse a sé, ed insieme si sedettero per terra con la schiena appoggiata al muro, mentre Ziva si toglieva le punte dai piedi.
Uno strano silenzio calò tra loro.
"Diventare una ballerina... Stai perseguendo il tuo sogno?"
"Quello di una bambina costretta ad un destino che non voleva!"
"Se hai ucciso delle persone, è perché non avevi scelta"
Ci fu una breve pausa, poi Ziva riprese a parlare.
"Quando Ariel era piccola, spesso la prendevo in braccio e ballavo con lei... E lei rideva, e batteva le manine"

Tony si rendeva conto di quanto fosse stata forte Ziva a crescere una bambina da sola.
"Tali mi diceva che un giorno avrebbe voluto vedere me sul palco dell'opera... È per questo che... Ho dato le dimissioni dall'NCIS... Perché voglio fare le audizioni di domani per entrare a far parte della Compagnia Americana di danza"
Tony rimase quasi esterrefatto, ma comprese bene il vero significato che aveva la danza per Ziva... E decise che l'avrebbe appoggiata a qualunque costo.
"Passerai l'audizione... Ma... in questi anni, credo ti sia mancato uno scudo, il tuo scudo. Quello che ti proteggeva da tutto e tutti"
E così dicendo, le mise al collo la sua collana con la stella di David. Ziva si portò una mano al petto e al solo contatto con il suo ciondolo, venne pervasa da un'infinità di ricordi che le riportavano alla mente, la su bambina.
Tony vide che era sul punto di crollare, la strinse a sé, e Ziva appoggiò la testa al suo petto Rimasero così per ore, finché Tony non si accorse che si era fatto davvero molto tardi, e Ziva si era addormentata su di lui.

Senza svegliarla la prese in braccio. Le sembrava così fragile, e in quel body attillato, anche tanto sexy! Ecco perché era dimagrita tanto, ed ecco da dove veniva quella sua eleganza. Ducky non si sbagliava... Forse, lui aveva imparato a conoscerla più di tutti.

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