Abby aveva già dato la notizia che Tony era un padre a Ducky, e lui era davvero contento di saperlo. Tutti lo erano. Ciò significava che Ariel aveva finalmente una figura paterna, ma soprattutto che Tony e Ziva, in passato, avevano aperto i loro cuori.
Aveva appena mandato Palmer in pausa, quando le porte dell'obitorio si spalancarono, e Ziva comparve in lacrime e tremante.
"Mia cara, che succede?" le chiese preoccupato, prendendola per le spalle e facendola sedere su uno dei tavoli da lavoro di Ducky.
Ziva non riusciva a parlare, e sopprimeva singhiozzi.
"Ziva... Perché piangi?" continuò a domandarle.
Ziva sentiva un dolore allo stomaco, causato dalla troppa agitazione, e ringraziava di non aver fatto colazione quella mattina, o avrebbe rimesso tutto.
Gibbs, insieme al resto della squadra, aveva visto Ziva correre verso la sala autopsie, e stava per correrle dietro, quando capì che probabilmente era il caso di aspettare.
Mandò McGee nel bagno degli uomini, per parlare con Tony.
"Pivello non si fanno di questi scherzi!" disse appena lo vide entrare dallo specchio.
"Non è uno scherzo, Tony. Ariel è tua figlia, ed ora devi assumerti le tue responsabilità" gli rispose serio.
"Credi che non lo sappia? E poi avevo già deciso di farle da padrino. È la stessa cosa no?" rispose.
"No che non lo è! Perché quella bambina, è sangue del tuo sangue, e so bene che è già diventata quanto di più importante tu abbia al mondo"
Tony tornò a guardare nello specchio.
"Non c'è motivo di agitarsi o arrabbiarsi per questo" continuò McGee.
"Sapevo cosa facevo quella sera, ma non avrei mai immaginato... Questo!"
"Ma è accaduto, e non puoi farci niente, se non prenderne atto, e affrontare tutto alla DiNozzo maniera" provò a rassicurarlo.
"Ma perché non me l'ha detto? Perché non mi ha detto che stava aspettando un bambino? Anche se non credeva fosse mio, me l'avrebbe dovuto dire"
"E come avrebbe fatto a dirti che stava per avere un bambino da un altro uomo, dopo che voi due... Vabbè hai capito... Se ti ha mandato via, se ti ha respinto, è stato per non farti soffrire di più"
Lo sguardo di Tony cambiò di punto in bianco, diventando più cupo, e quasi spaventando McGee.
"Lei lo sapeva!" sbraitò "L'ha sempre saputo!"
"No non lo sapeva!" lo fermò subito McGee.
"E tu cosa ne sai?"
"Perché quando sei salito qui, facendo il bambino, senza dirle che avreste superato insieme la cosa, come fa un uomo, Ziva è corsa giù, da Ducky tra le lacrime. È terrorizzata, e là fuori si sta scatenando il panico perché nessuno sa cosa le sia preso!" gli urlò in faccia, mentre Tony spalancava gli occhi e correva fuori.
Appena uscì fuori, vide tutti i suoi colleghi in ansia, non sapendo cosa stesse succedendo nell'obitorio. Avevano richiamato anche Palmer, per lasciarle un momento da sola con Ducky per sfogarsi. Anche se non era ben chiaro, ancora, di che cosa. Tony iniziò a correre verso l'obitorio, sentendo un bisogno naturale, l'emergenza di aiutare Ziva, ma venne fermato da Gibbs, che nonostante avrebbe voluto fargli vedere le stelline con uno dei suoi scappellotti per quanto accaduto a Berlino, capiva che probabilmente c'erano problemi più gravi.
"DiNozzo fermati! Ha bisogno di intimità con un medico, e di là c'è tua figlia che piange per tutta questa tensione. Inizia a fare il padre!"
Tony intravide Ariel che piangeva fra le braccia di Abby, e dopo uno sguardo confortante da parte del suo capo, andò a prenderla.
"Vieni qui sirenetta"
Ariel gli saltò subito al collo, stringendo forte, con quelle manine, la sua camicia. Era una strana sensazione quella che provava. Si sentiva finalmente l'ancora di qualcuno, e quel qualcuno era sua figlia, la sua bambina.
"Perché la mamma stava piangendo? Voglio andare dalla mamma" continuava a piangere.
"Va tutto bene, sirenetta. È andata a parlare con Ducky, e quando finirà, tornerà ad abbracciarti" provò a tranquillizzarla.
L'intera squadra che si era quindi radunata nello squadroom, spostò l'attenzione da Ziva a Tony che per la prima volta si comportava da padre.
In obitorio, intanto, Ducky era riuscito a calmare Ziva, anche se con grandi difficoltà. Era la prima volta che la vedeva così, non l'aveva mai vista piangere in quel modo. Non era nel suo carattere. Iniziò a pensare che sotto ci fosse qualcosa di più del non aver capito subito che Ariel fosse figlia di Tony.
Erano entrambi seduti su una sedia, e si guardavano negli occhi.
"Ziva, mia cara... Ora vuoi dirmi cos'hai?" chiese il medico in tono dolce, quasi da nonno.
In realtà, non era corsa da Ducky solo per avere delle conferme di quanto sospettava, ma anche e soprattutto perché lui è sempre stato il nonno della situazione per lei, e ogni volta lui riusciva a capire le sue emozioni, e ad aiutarla come meglio poteva. Avevano un rapporto speciale, che nonostante gli anni trascorsi, era rimasto lo stesso.
"Ducky... Io... Ariel, non può essere figlia di Tony..." provò a dire fra varie pause.
"Perché no, mia cara?" la incoraggiò a parlare lui.
"Perché se così fosse, il test di gravidanza, avrebbe sbagliato il numero di settimane, e io avrei partorito al settimo mese"
Ducky rimase molto perplesso. I bambini potevano nascere prematuri, ma non di due mesi. Ma, ad ogni modo, non capiva tutta quell'agitazione.
"Hai qualche idea di come possa essere possibile?"
Fu quella domanda a scioglierla. Oh, si che aveva delle idee... Ne era quasi certa. E solo a pensarci le si gelava il sangue, e iniziava a tremare.
"Cosa c'è che non va, Ziva... Con me puoi parlare, lo sai" le infuse coraggio.
Alzò lo sguardo lentamente, e quasi con aria colpevole, disse in un sussurro
"Si tratta... Della Somalia"
Quelle parole furono un colpo dritto al cuore per Ducky. Sapeva che Ziva non aveva mai parlato di quello che era successo, e non l'aveva mai forzata a farlo. Ma non avrebbe mai immaginato che i demoni di quella prigionia avessero continuato a tormentarla in tutti questi anni.
Le prese le mani.
"Ziva, non so cosa sia successo laggiù, e non pretendo che tu me lo racconti, ma devi dirmi perché credi che c'entri la Somalia, o io non potrò aiutarti" disse con il tono più dolce che potesse avere.
"Quando ero lì, mi fecero subire tante torture, ma ogni volta, non volevo cedere... Poi però sono arrivati a quel cosiddetto punto di non ritorno... Mi hanno svuotata della mia essenza, e so che gli anni passano, ma io non sarò più la stessa, mai più" disse mentre cercava di scacciare le immagini di quel periodo che con voracità si insinuavano nella sua mente.
"Ziva... Ma stai dicendo che..." il dottore quasi non poté credere alle sue parole. Aveva immaginato quello che poteva essere successo, ma no fino a quel punto "Ziva ma... Tu sei stata violentata?" chiese con il cuore in pezzi pensando a quello che aveva subito. La sua piccola Ziva... Ora la vedeva così fragile e indifesa. Stringeva gli occhi, ed una lacrima cadde sul pavimento, mentre lei cercava di reprimere quei ricordi, e quel dolore che celava dentro di sé.
"Mia Ziva..." si alzò dalla sedia e le abbracciò il capo, mentre lei stringeva forte la camicia del medico.
Stava per chiedere perché non ne avesse mai parlato, ma capiva che era inutile.
Passò molto tempo a consolarla, farla piangere e sfogare, perché sapeva che le avrebbe fatto bene.
Erano trascorse quasi due ore da quando Ziva era corsa nell'obitorio. Tony aveva addormentato Ariel, e Gibbs preoccupato, non volendo interrompere un momento in cui magari Ziva si stava finalmente aprendo, provò a chiamare al telefono, ma la chiamata venne rifiutata.
Erano ancora tutti nello squadroom, e Bishop non sapeva cosa fare per essere utile. Non conosceva Ziva, ma si sentiva in dovere di aiutarla... Solo, non sapeva come.
"Capo, io scendo a vedere che succede!"
"Fermo DiNozzo!" lo fulminò con lo sguardo "Salirà appena sarà pronta, o Ducky ci chiamerà".
Mentre Gibbs parlava con Tony, Ellie si alzò.
"Dove vai Bishop?"
"Devo parlare col direttore..." rispose senza ascoltare quello che le venne detto, e dirigendosi verso l'ufficio.
Abby e McGee, intanto, iniziavano a sentirsi in colpa. Qualunque cosa fosse successa, era dovuta al loro video.
"McGee, Abby... Non vi preoccupate..." mentre il capo tentava di rassicurarli, le porte dell'ascensore si aprirono. Tutti si alzarono, per vedere finalmente cosa fosse successo, ma dall'ascensore uscì solo Parsons.
"Da dove stai vendendo?" chiese Gibbs.
"Dall'obitorio..."
Tutti rimasero spiazzati.
"Ma era chiuso per delle analisi a rischio contaminazione, e sono tornato su" rispose tranquillo.
"Palmer perché non sei con il dottor Mallard?" chiese.
"L'obitorio è chiuso per delle analisi a rischio di contaminazione?" chiese Tony stupito e preoccupato, e cercando subito lo sguardo di McGee, che aveva capito di cosa stesse parlando.
"Gibbs e se..." Abby era terrorizzata per lo stesso motivo.
"No Abby... C'è Ziva lì dentro. Avrebbe trovato il modo di avvisarci..." Gibbs provò a tranquillizzare sia i suoi agenti, che se stesso.
"Ma che sta succedendo?" chiese Parsons confuso.
"L'agente David è lì dentro da due ore!" rispose Tony alterato e nervoso.
"E l'ultima volta che Ducky ha blindato la sala delle autopsie senza avvisare... Un terrorista era lì dentro!" concluse McGee.
"Se non ci avvisano entro un'ora, andremo a vedere cosa succede" disse alla fine Gibbs.
Era trascorso diverso tempo in cui Ducky aveva ottenuto delle informazioni su quello che era successo in Somalia circa 6 anni prima e sulla brutalità di come quelle bestie avevano abusato del corpo martoriato di Ziva. Si stava finalmente aprendo con lui, e Ducky sapeva che se qualcuno o qualcosa li avesse interrotti, non ne avrebbe parlato mai più. Così decise di blindare l'obitorio per il tempo necessario, anche se già immaginava la reazione che avrebbero avuto i colleghi. Non poté però avvisarli, perché certamente a Ziva non avrebbe fatto piacere sapere quello che tanti anni prima era accaduto per mano di suo fratello, e certamente anche quello l'avrebbe frenata nell'aprirsi su quegli argomenti.
Poi un lampo gli attraversò la mente, e giunse ad una conclusione che collegava quella vicenda con il precoce parto della ragazza.
"Ziva... Forse hai ragione... Ma devo farti un prelievo. Hai mangiato nulla?" Ziva fece cenno di no con la testa e Ducky procedette.
Dovettero aspettare un po' di tempo prima che le analisi furono pronte, e Ziva continuava a trattenere le lacrime e i singhiozzi. Ripensare a quei mesi la distruggeva letteralmente. Ogni volta.
Quando le analisi furono pronte, come Ducky immaginava, la presenza di enzimi nel suo sangue era molto superiore alla media.
Per confermare la sua teoria, però, aveva bisogno di controllare un ultimo particolare.
"Ziva, ascolta. So che non ti sentiresti a tuo agio, ma devo controllare tutte le ferite più profonde ad opera di Saleem... Perché se è quello che temo, potrebbero esserci dei... Pericoli" Non voleva spaventarla, non in quel momento, ma era necessario che lei mettesse da parte la vergogna di mostrare il suo corpo ancora marchiato di quella prigionia, per poter procedere con la diagnosi.
Solo tre uomini avevano visto il risultato di quel periodo: Ray, Adam e Tony. Due su tre l'avevano in qualche modo tradita. Eppure solo Tony si era veramente accorto di quelle ferite, ma non aveva mai fatto domande.
Non voleva che Ducky potesse vedere, non voleva che potesse sembrargli debole, ma ormai lui la conosceva bene, ed era l'unico al quale aveva raccontato quasi tutto della Somalia.
Così Ducky ebbe modo di analizzarle, ma non trovò quello che cercava.
"Ziva, sei sicura che non ce ne siano più?"
la ragazza aveva nascosto una ferita, della quale si vergognava più di tutte, e che non voleva dover vedere nemmeno lei. Quella ferita era il segno di tutta la violenza che le era stata inflitta, e non voleva che qualcuno la toccasse. Poi però vide la preoccupazione negli occhi del medico e si decise a mostrarla.
Era proprio quello che stava cercando. Una profonda ferita sulla parte più bassa del ventre, frutto di un insieme di coltellate sullo stesso punto. Non osò immaginare il dolore che provava la ragazza ogni volta che una nuova stilettata le riapriva quella ferita.
Poi con delicatezza le fece una domanda.
"Mia cara, devo farti una domanda molto personale... Tu sei sterile... Vero?" Ziva annuì, e stava per rispondere, quando udirono dei forti colpi alla porta.
Ducky chiese a Ziva di rimanere dov'era, e andò a controllare. Tony cercava di entrare con forza, ma ancora non era il momento.
"Anthony, ascolta... Va tutto bene... Dì agli altri di stare tranquilli, ma adesso ho bisogno di tempo..."
Tony era davvero preoccupato, ma capì che doveva andare via, per il bene di Ziva, e tornò dal resto della squadra a tranquillizzarli.
Ziva intanto, non si era resa conto del tempo che era passato, e sentendo il nome di Tony, volle subito tornare dalla sua bambina.
"Ziva aspetta... Se te ne vai ora, non tornerai più qui per parlarne, lo so, ti conosco"
"Ducky sono passate già tre ore, gli altri saranno in pensiero"
"No, Tony li sta avvisando. Adesso tu mi devi ascoltare bene. È una cosa che non ti piacerà, ma la devi sapere"
Fece sedere Ziva, e provò a spiegarle nel più dolce dei modi, quello che doveva sapere.
"Vedi Ziva, quando un terrorista ha a disposizione il corpo di una donna, uno degli scopi principali, è il piacere carnale... Spesso, però, così facendo, si va incontro ad una gravidanza..."
La ragazza si sentì improvvisamente priva di forze, e sentire quelle parole le faceva male allo stomaco. Ducky le stava confermando quello che lei temeva.
"Per questo, mia cara, sono convinto che ogni volta che Saleem... O chi per lui... Abusava di te, ti infliggeva delle profonde coltellate sempre nello stesso punto. Proprio dove mi hai mostrato la cicatrice"
Ed effettivamente era così, ma Ziva non disse nulla.
"Questo, procura la perdita degli ovuli, e rallenta sempre di più la meiosi dei gameti... Ciò significa che i tuoi ovuli si riproducono molto più lentamente del normale. In realtà, Ziva, tu non sei sterile, ma... Molto difficilmente andrai incontro a gravidanze, e Ariel, si può definire quasi un miracolo" le spiegò il dottore.
La ragazza non sapeva come reagire. Da un lato non poteva credere di non essere sterile, e di poter avere bambini, ma dall'altro si rendeva conto di quanto la Somalia avesse inciso sulla sua vita, e capiva che non si sarebbe mai sbarazzata di quei ricordi.
"Ducky... Ma..."
"So che però, c'è anche un'altra cosa che vorresti sapere... Ecco vedi, temo che i tuoi sospetti siano corretti... Tutti quei tagli, non sono una garanzia, nonostante diminuiscano di moltissimo le probabilità di una maternità, e agli uomini come Saleem... Non piace molto l'attesa..."
"Ducky, quindi ho ragione a credere che..." chiese spaventata.
"Purtroppo si mia cara Ziva... Ti fornivano un siero, probabilmente mischiato con l'acqua, che serve a velocizzare la gravidanza, e che se assunto in grandi quantità, può avere conseguenze... Permanenti..."
Il dottore era addolorato nel dover dare certe delusioni a Ziva, ma non avrebbe potuto aiutarla in altri modi.
"Ma perché nelle analisi che Gibbs mi ha fatto fare, non è uscito nulla?" chiese la ragazza con gli occhi gonfi e la voce tremante quando riprese lucidità.
"Ecco, quella sostanza, classificabile come un veleno, ha delle proprietà particolari. Si presenta sotto forma di enzima, e si confonde con l'emoglobina presente nel sangue. Pochi sono a conoscenza di questo veleno, ed è per questo che nelle tue analisi svolte al ritorno dalla Somalia, l'aumento delle proteine nel tuo sangue, non aveva preoccupato nessuno... Comunque, Abby potrebbe aiutarti maggiormente, in questo ambito..." suggerì, prima di venire bloccato.
"No!" Scatto in piedi Ziva. "Nessuno deve sapere nulla di tutto ciò... Né Abby, né Gibbs... Né Tony"
Ducky non capiva questo rifiuto così determinato, anche se con il suo carattere, era prevedibile che non volesse.
"Non è qualcosa che si può curare... Ormai fa parte di me... Hai detto che è permanente... È inutile che gli altri sappiano e provino...Pena... Per me!"
Il dottore era riuscito a entrare nella mente della ragazza, e tutto quello che vedeva era la paura del giudizio degli altri. Capiva che è sempre stato così. Ogni volta che qualcosa la frenava, era quel timore. Ma doveva ancora dirle la parte peggiore, quella che realmente spaventava sia Ziva che Ducky, perché non era un ricordo, non riguardava il passato, ma il futuro.
"Ziva, c'è un altro problema che mi preoccupa..."
"Lo so Ducky... Ma..." sentiva che la tristezza la attanagliava, e il medico non sapeva come aiutarla.
"Ariel ha ereditato quell'enzima, e ora scorre nel suo sangue... Ma si vive bene ugualmente..."
Ziva lo guardò con occhi imploranti e colmi di rabbia per quanto era accaduto in Somalia.
"Lei vivrà bene, perché non ha vissuto quello che hai vissuto tu. Per lei sarà solo... Un particolare. Per te, mia cara Ziva... È un marchio. Tutto ciò che ti raccomando, è che Ariel è molto piccola e le sue difese immunitarie sono basse... Ancora molto basse. Non si deve ammalare. Tutto qui... ma fa' molta attenzione!"
Ducky vedeva lo spaesamento nei suoi occhi, e capì che la sua mente era tornata a quello che aveva vissuto. Quattro mesi non sono niente nell'arco di una vita, ma possono essere un inferno per il resto dei giorni. D'un tratto la vide agitarsi e iniziare a piangere.
"Ziva, Ziva sono qui..." corse a calmarla, ma lei sembrava non sentirlo. Fece per metterle una mano sul volto e farle una carezza, ma la vide sussultare e arretrare spaventata. L'abbracciò con tutte le sue forze. Ziva lanciò un urlo, e lo respingeva, poi però lentamente tornò alla realtà e strinse il suo Ducky che le era sempre vicino. Continuò a piangere per diverso tempo, e il dottore riusciva a consolarla di tanto in tanto.
Ormai erano passate quasi cinque ore. Nessuno dei due aveva pranzato, e fuori iniziava già a fare buio. Quando riuscì a calmarsi, Ziva ringraziò il dottore, per quanto la voce rotta e tremante le permetteva, e fece per uscire, ma Ducky la fermò ancora una volta. Voleva che pensasse ad altro, e certamente tornare dai colleghi che avrebbero fatto domande, vedendola con gli occhi gonfi, non era il migliore dei modi.
"Mia cara. Stavo per iniziare l'autopsia del corpo dell'agente assassinato da Adam. È arrivato stamattina. Ti dispiacerebbe darmi una mano?" disse con sorriso rassicurante, vedendo Ziva sollevata da quella richiesta.
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My Reason To Go On
Fanfiction~Tratto dal 1º capitolo~ "Sentì dei rumori provenire dalla cucina, si alzò e senza pensarci estrasse la pistola da sotto il cuscino. Ma non fece in tempo a raggiungere la stanza che vide un uomo uscire dalla porta di casa, e lei non poteva sparare...